Blog di Krugman

Tobin e la stretta (per esperti) (13 settembre 2013)

 

September 13, 2013, 9:36 am

Tobin and the Taper (Wonkish)

An interesting article by Matthew Klein in Bizweek about why Mike Woodford is in favor of a Fed taper, even as he calls for much more aggressive forward guidance to the effect that short-term rates will stay low for a long time. What’s that about?

In part, it’s part of a continuing debate, going back to the 90s, over what to do in the face of the zero lower bound. On one side were me, Woodford, Lars Svensson, and others, arguing that the central bank should try to gain leverage by promising to keep rates low — by credibly promising to be irresponsible, as I said in 1998. (Self-promoting memo: I do think this literature started with my 1998 paper, not the excellent Eggertsson and Woodford 2003 piece.) On the other side were Bernanke and the Fed staff, who argued that the job could be done simply by having the Fed change the composition and maybe size of its balance sheet, the strategy we’ve come to know as quantitative easing.

 

Woodford has been arguing for some time that the balance-sheet approach is inadequate, and I agree. But why does he think QE, or at any rate expansion of the Fed’s balance sheet, is positively harmful? I’m not sure. But the discussion has led me to do something I should have done some time ago, and recast the QE debate in terms of a Tobin-style framework (pdf).

What Tobin suggested was that we think of financial market in terms of a sort of ultra-short-term equilibrium, before changing asset prices have time to have any effect on the real economy. In that case, asset prices must adjust to make people willing to hold the asset stocks currently out there; so it’s a sort of restricted general equilibrium.

To think of Fed policy in our current situation, you can imagine a financial equilibrium in which there are three assets: short-term Treasuries/monetary base — which are equivalent and yield an approximately zero rate of interest; long-term Treasuries; and mortgage-backed securities. There are two interest rates that clear the markets — the rates on Treasuries and MBS (the third rate is fixed at zero). And Walras’s Law tells us that if the markets for Treasuries and MBS clear, so does the market for short-term assets.

The normal assumption is that the three assets are gross substitutes. This implies a picture like this:

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Short-term financial equilibrium

Other things equal, a rise in the interest rate on Treasuries reduces the demand for MBS, requiring a compensating — but smaller — rise in the rate on MBS, and vice versa. Hence the two equilibrium schedules.

Now, suppose the Fed wants to boost the economy. To do that, it must reduce private-sector borrowing rates — here, the rate on MBS. And it can do that directly, by buying MBS. This is a swap of short-term assets for MBS, and shifts the MBS equilibrium schedule left:

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Fed purchases of MBS

What the Fed has been doing recently, however, is something else: buying long-term Treasuries. This looks like this:

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Fed purchases of Treasuries

This should indirectly reduce the interest rate on MBS, but maybe not by much. If MBS and Treasuries are poor substitutes, the MBS curve may be very steep; and if Treasuries and short-term assets are close substitutes, the Treasury curve may not move much. I’m pretty sure Woodford believes in the second point, as do I; Krishnamurthy and Vissing-Jorgenson (pdf) have been strongly arguing for the first. (Incidentally, KV seem to have backed off an earlier claim that Fed purchases of Treasuries may actually drive up rates on MBS. This is possible, but it requires that the two asset classes aren’t just poor substitutes, they’re complements, which is possible but is awfully strong.)

 

So you can see why Woodford is skeptical about QE, although I still don’t see where the size of the Fed’s balance sheet becomes an actual negative. KV argue that safe assets provide useful services, so that the Fed hurts the economy by taking them off the public’s hands. OK, I guess, but not the kind of effect the safe-asset-shortage crowd is talking about.

On the whole, I’m sympathetic to skepticism about the effectiveness of QE, predictably. After all, I’ve been arguing for forward guidance instead for 15 years. On the other hand, right now investors are not making a clear distinction between QE and forward guidance; taper talk has been accompanied by a clear shift in expectations toward the notion that the Fed will raise short-term rates sooner rather than later. So I wouldn’t be tapering now — it sends a bad signal at a time when recovery remains very weak and fragile.

 

But interesting stuff, anyway — and I do love the chance to roll out my old Tobin lore.

 

Tobin e la stretta (per esperti) [1]

 

Un interessante articolo di Matthew Klein sul blog Bizweek sul perché Mike Woodford è a favore di una stretta da parte della Fed, anche se chiede un molto più aggressivo annuncio dell’orientamento per il futuro, per fare in modo che i tassi di interesse a breve termine restino bassi per un tempo lungo. Cosa riguarda questo tema?

In parte, siamo nell’ambito di una discussione che prosegue, tornando agli anni ’90, su cosa fare a fronte del limite inferiore di zero. Da una parte c’era il sottoscritto, Woodford, Lars Svensson ed altri, che sostenevamo che la banca centrale doveva cercare di ottenere influenza promettendo di tenere bassi i tassi di interesse – promettendo in modo credibile di essere irresponsabile, come io dissi nel 1998 (un appunto di autopromozione personale: penso proprio che questa letteratura ebbe inizio con il mio saggio del 1998, piuttosto che con l’eccellente articolo di Eggertsson e Woodford del 2003). Dall’altra parte c’era Bernanke e lo staff della Fed, che sostenevano che si doveva fare semplicemente il lavoro  di ottenere un mutamento nella composizione e forse della dimensione del bilancio patrimoniale della Fed, la strategia che abbiamo poi conosciuto come Facilitazione Quantitativa [2].

Woodford ha sostenuto per un certo periodo che l’approccio del bilancio patrimoniale era inadeguato, ed io concordo. Ma perché egli pensa che la Facilitazione Quantitativa, o comunque una espansione  del bilancio patrimoniale della Fed, sia sicuramente dannosa? Non ne sono sicuro. Ma il dibattito mi ha spinto a fare qualcosa che avrei dovuto fare tempo fa, e reimpostare il dibattito sulla Facilitazione Quantitativa nei termini di uno schema del genere di quelli di Tobin (disponibile in pdf).

Quello che Tobin mi aveva suggerito era che noi pensiamo al mercato finanziario nei termini di una specie di equilibrio a brevissimo termine, prima che il mutamento nei prezzi degli assets abbia tempo per provocare un qualche effetto sull’economia reale. In quel caso, i prezzi degli assets devono adattarsi a rendere le persone desiderose di detenere i quantitativi di assets che sul momento non hanno; cosicché è una specie di equilibrio generale ristretto.

Per pensare alla politica della Fed nella situazione attuale, si può immaginare un equilibrio finanziario nel quale ci siano tre assets: i buoni del Tesoro a breve termine o la base monetaria – che sono equivalenti e rendono approssimativamente un tasso di interesse pari a zero; buoni del tesoro a lungo termine [3]; titoli garantiti da mutui ipotecari. Ci sono due tassi di interesse che mettono in equilibrio i mercati – i tassi (a lungo termine) del Tesoro ed i titoli garantiti da ipoteche (il terzo tasso è stabilito a zero). E la legge di Walras [4] ci dice che se i mercati per i buoni del Tesoro e per i titoli garantiti da ipoteche sono in equilibrio, lo stesso deve essere per il mercato degli assets a breve termine.

Il normale assunto è che questi tre assets sono in generale dei sostituti. Questo implica un quadro come questo:

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Equilibrio finanziario a breve termine

 

A parità degli altri fattori, una crescita nei tassi di interesse nei buoni del Tesoro riduce la domanda per i titoli, chiedendo come compensazione – ma più piccola – una crescita nei tassi dei titoli, e viceversa. Di conseguenza i due piani dell’equilibrio.

Ora, supponiamo che la Fed voglia dare un spinta all’economia. Per farlo, deve ridurre i tassi di indebitamento del settore privato – in questo caso, i tassi sui titoli (MBS). E può farlo direttamente, acquistando titoli (MBS). Questo è uno scambio tra assets a breve termine e titoli, e sposta verso sinistra il piano di equilibrio dei titoli:

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Acquisti da parte della Fed di titoli garantiti da ipoteche

 

Quello che la Fed ha fatto di recente, tuttavia, è stato qualcosa di ancora diverso: acquistare i buoni del Tesoro a lungo termine. Il che appare in questo modo:

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Acquisti di buoni del Tesoro (a lungo termine) da parte della Fed

 

Questo potrebbe ridurre i tassi di interesse sui titoli, ma non di molto. Se i titoli (MBS) ed i Buoni del Tesoro valgono l’uno per l’altro [5], la curva dei titoli (MBS) può essere molto ripida; se i buoni del Tesoro a lungo termine e quelli a breve sono dei quasi-sostituti, la curva dei buoni a lungo termine può non spostarsi di molto. Sono quasi certo che Woodford creda nella seconda possibilità, come me; Krishnamurthy e Vissing-Jorgenson (disponibili in pdf) hanno fortemente sostenuto la prima possibilità.  (Per inciso, Krishnamurthy e Vissing-Jorgenson sembrano aver fatto una passo indietro da una precedente tesi secondo la quale gli acquisti di Buoni del Tesoro a lungo termine da parte della Fed poteva effettivamente spingere in alto i tassi sui titoli (MBS). E’ una cosa possibile, ma richiede che le due classi di assets non siano meri sostituti, ma complementi, il che è possibile ma dannatamente forte).

Si può dunque vedere per quale ragione Woodford sia scettico sulla Facilitazione Quantitativa, sebbene io ancora non veda dove la dimensione del bilancio patrimoniale della Fed diventi effettivamente un fattore negativo. Krishnamurthy e Vissing-Jorgenson sostengono che assets sicuri forniscano un servizio utile, cosicché la Fed farebbe un danno all’economia tenendoli fuori dalle mani del pubblico. Suppongo sia vero, ma non quel genere di effetto di cui  la gente della ‘mancanza di assets sicuri’  sta parlando.

Complessivamente, sono in sintonia con lo scetticismo sulla prevedibile efficacia della Facilitazione Quantitativa. Dopo tutto, mi sono piuttosto pronunciato da 15 anni per un indirizzo ardito. D’altra parte, in questo momento gli investitori non stanno facendo molta differenza tra la Facilitazione Quantitativa ed un indirizzo più ardito; i discorsi sulla restrizione sono stati accompagnati da un chiaro spostamento nelle aspettative, verso un’idea per la quale la Fed eleverà i tassi a breve termine rapidamente, piuttosto che tardivamente. Dunque non farei alcuna restrizione in questo momento – essa manda un cattivo segnale in un periodo nel quale la ripresa resta molto debole e fragile.

Ma si tratta in ogni modo di cose interessanti – e mi fa piacere la possibilità di presentare per la prima volta la mia antica ispirazione sul modello di Tobin.



[1] La traduzione di questo post è forse frutto di mera ostinazione da parte del traduttore. Può darsi che qualcuno, correggendo i miei errori e le mie imprecisioni, riesca a comprenderlo …. Direi per “molto esperti”.

[2] Per “quantitative easing” vedi note sulla traduzione.

[3] Traduciamo con Buoni del Tesoro quelli che negli Stati Uniti sono i vari strumenti di finanziamento del debito. Se ben capisco, essi si distinguono a secondo della durata della loro maturazione in questo modo: i Treasury bills, che maturano in un anno o due e i cui interessi sono pagati alla maturazione; i Treasury notes, che maturano in un periodo da due a dieci anni, che danno diritto al un coupon ogni semestre; i Treasury bonds che maturano in un periodo più lungo, dai venti ai trenta anni, normalmente trenta, ed anch’essi danno diritto ad un coupon ogni semestre; ed, infine, i Treasury inflation-protected bills, che sono corretti sulla base dell’andamento dell’inflazione e danno diritto a coupons che variano in relazione all’inflazione.  Spesso sono genericamente definiti Treasuries, da quanto comprendo a prescindere dalle loro caratteristiche specifiche. Mi pare, invece, che i Titoli garantiti da ipoteche siano obbligazioni di tipo privato, che non sono emesse dal Tesoro del Governo Federale.

Per cui, quello cui Krugman si riferisce scrivendo di tre categorie di assets dovrebbe essere interpretato in questo modo: i primi Treasuries di cui parla dovrebbero essere i “bills”, gli altri a lungo termine dovrebbero essere i “Treasury bonds” di solito trentennali; i terzi sono i MBS.

Interpreterei i tre diagrammi in questo modo: sulle ordinate ci sono i possibili valori crescenti dei Treasuries bonds e sulla linea delle ascisse i valori possibili del Titoli garantiti da ipoteche. L’andamento delle ‘curve’ interne (MBS e Treasury) dovrebbe essere indicativo sempre dei Treasuries bonds, oltre che naturalmente dei Titoli o MBS. In tutti e tre i diagrammi non dovrebbero comparire quelli che abbiamo riportato come “bills”, ovvero obbligazioni a breve termine, in quanto si è assunto che il loro tasso di interesse sia ‘stabilito’ pari a zero, equiparato alla base monetaria.

[4] A fronte di bilanci limitati non può esservi nei mercati domanda od offerta in eccesso per beni specifici, ovvero se c’è un equilibrio complessivo di bilancio ci devono essere equilibri anche nei vari mercati dei beni.

[5] “poor substitute” significa “controfigura”. Che mi pare indichi una equivalenza; mentre i “close substitutes”  di cui si parla subito dopo dovrebbe essere una “quasi-equivalenza” o una “forte sostituibilità” (tra i beni, ad esempio, pane e pasta sono considerati “close substitutes”).

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