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Bolle nel brodo di Nouriel Roubini (Project Syndicate, 31 ottobre 2013)

 

Nouriel Roubini

Bubbles in the Broth

Oct. 31, 2013

 

 

 

NEW YORK – As below-trend GDP growth and high unemployment continue to afflict most advanced economies, their central banks have resorted to increasingly unconventional monetary policy. An alphabet soup of measures has been served up: ZIRP (zero-interest-rate policy); QE (quantitative easing, or purchases of government bonds to reduce long-term rates when short-term policy rates are zero); CE (credit easing, or purchases of private assets aimed at lowering the private sector’s cost of capital); and FG (forward guidance, or the commitment to maintain QE or ZIRP until, say, the unemployment rate reaches a certain target). Some have gone as far as proposing NIPR (negative-interest-rate policy).

 

And yet, through it all, growth rates have remained stubbornly low and unemployment rates unacceptably high, partly because the increase in money supply following QE has not led to credit creation to finance private consumption or investment. Instead, banks have hoarded the increase in the monetary base in the form of idle excess reserves. There is a credit crunch, as banks with insufficient capital do not want to lend to risky borrowers, while slow growth and high levels of household debt have also depressed credit demand.

 

As a result, all of this excess liquidity is flowing to the financial sector rather than the real economy. Near-zero policy rates encourage “carry trades” – debt-financed investment in higher-yielding risky assets such as longer-term government and private bonds, equities, commodities and currencies of countries with high interest rates. The result has been frothy financial markets that could eventually turn bubbly.

Indeed, the US stock market and many others have rebounded more than 100% since the lows of 2009; issuance of high-yield “junk bonds” is back to its 2007 level; and interest rates on such bonds are falling. Moreover, low interest rates are leading to high and rising home prices – possibly real-estate bubbles – in advanced economies and emerging markets alike, including Switzerland, Sweden, Norway, Germany, France, Hong Kong, Singapore, Brazil, China, Australia, New Zealand, and Canada.

The collapse from 2007 to 2009 of equity, credit, and housing bubbles in the United States, the United Kingdom, Spain, Ireland, Iceland, and Dubai led to severe financial crises and economic damage. So, are we at risk of another cycle of financial boom and bust?

Some policymakers – like Janet Yellen, who is likely to be confirmed as the next Chair of the US Federal Reserve – argue that we should not worry too much. Central banks, they argue, now have two goals: restoring robust growth and low unemployment with low inflation, and maintaining financial stability without bubbles. Moreover, they have two instruments to achieve these goals: the policy interest rate, which will be kept low for long and raised only gradually to boost growth; and macro-prudential regulation and supervision of the financial system (macro-pru for short), which will be used to control credit and prevent bubbles.

 

But some critics, like Fed Governor Jeremy Stein, argue that macro-pru policies to control credit and leverage – such as limits on loan-to-value ratios for mortgages, bigger capital buffers for banks that extend risky loans, and tighter underwriting standards – may not work. Not only are they untested, but restricting leverage in some parts of the banking system would merely cause the liquidity from zero rates to flow to other parts of it, while trying to restrict leverage entirely would simply drive the liquidity into the less-regulated shadow banking system. According to Stein, only monetary policy (higher policy interest rates) “gets in all of the cracks” of the financial system and prevents asset bubbles.

 

 

The trouble is that if macro-pru does not work, the interest rate would have to serve two opposing goals: economic recovery and financial stability. If policymakers go slow on raising rates to encourage faster economic recovery, they risk causing the mother of all asset bubbles, eventually leading to a bust, another massive financial crisis, and a rapid slide into recession. But if they try to prick bubbles early on with higher interest rates, they will crash bond markets and kill the recovery, causing much economic and financial damage. So, unless macro-pru works as planned, policymakers are damned if they do and damned if they don’t.

 

For now, policymakers in countries with frothy credit, equity, and housing markets have avoided raising policy rates, given slow economic growth. But it is still too early to tell whether the macro-pru policies on which they are relying will ensure financial stability. If not, policymakers will eventually face an ugly tradeoff: kill the recovery to avoid risky bubbles, or go for growth at the risk of fueling the next financial crisis. For now, with asset prices continuing to rise, many economies may have had as much soup as they can stand.

 

Bolle nel brodo

di Nouriel Roubini

 

31 ottobre 2013

 

NEW YORK – Una crescita del PIL al di sotto del normale ed una disoccupazione elevata continuano ad affliggere gran parte delle economie avanzate, le loro banche centrali ricorrono sempre di più a politiche monetarie non convenzionali. Viene servita una zuppa alfabetica di misure: ZIRP (politica del tasso di interesse zero); QE (facilitazione quantitativa, ovvero acquisti di bonds governativi per ridurre i tassi di interesse a lungo termine quando i tassi di interesse a breve sono a zero); CE (facilitazioni creditizie, ovvero acquisti di assets privati rivolti ad abbassare i costi di capitale del settore privato); e FG (indirizzo avanzato, ovvero l’impegno a mantenere le politiche della QE o dello ZIRP finché, diciamo, il tasso di disoccupazione non raggiunge un certo obbiettivo). Alcuni si sono spinti a proporre il NIPR (una politica dei tassi di interesse negativi).

E tuttavia, attraverso tutto ciò, i tassi di crescita sono rimasti ostinatamente bassi ed i tassi di disoccupazione inaccettabilmente elevati, in parte perché l’incremento dell’offerta di moneta a seguito della Facilitazione Quantitativa non ha portato alla creazione di credito per finanziare i consumi privati o gli investimenti. Piuttosto, le banche hanno accumulato l’incremento della base monetaria nella forma di inattive riserve in eccesso. C’è stata una stretta creditizia, dal momento che le banche con capitali insufficienti non vogliono concedere prestiti a creditori rischiosi, mentre una crescita lenta ed alti livelli di debito delle famiglie hanno anch’essi depresso la domanda di credito.

Il risultato è che tutto questo eccesso di liquidità sta rifluendo verso il settore finanziario, piuttosto che verso l’economia reale. Tassi ufficiali vicini allo zero incoraggiano i “carry trades[1] – investimenti finanziati a debito in rischiosi assets a più alti rendimenti quali i bonds governativi e privati a più lungo termine, le azioni, i beni indifferenziati [2] e le valute di paesi con elevati tassi di interesse.  Il risultato è stato quello di mercati finanziari vaporosi che alla fine potrebbero diventare pieni di bolle.

In effetti, il mercato finanziario statunitense e vari altri sono risaliti rapidamente dai bassi livelli del 2009; l’emissione di “bonds di scarto” ad elevato rendimento è tornata al livello del 2007 ed i tassi di interesse su tali bonds stanno calando. Inoltre, i bassi tassi di interesse stanno portando a prezzi crescenti degli alloggi – probabilmente bolle immobiliari – nelle economie avanzate come nei mercati emergenti, compresi la Svizzera, la Svezia, la Norvegia, la Germania, la Francia, Hong Kong, Singapore, il Brasile, la Cina, l’Australia, la Nuova Zelanda ed il Canada.

Il collasso dal 2007 al 2009 delle azioni, del credito e le bolle immobiliari negli Stati Uniti, nel Regno Unito, in Spagna, in Irlanda, in Islanda e nel Dubai hanno portato a gravi crisi finanziarie e al danno all’economia. Siamo dunque a rischio di un altro ciclo di boom finanziario e di scoppio della bolla?

Alcuni operatori politici – come Janet Yellen, che è probabile sia confermata come prossima Presidentessa della Federal Reserve degli Stati Uniti [3] – sostengono che non dovremmo preoccuparci molto. Le banche centrali, argomentano, hanno ora due obbiettivi: ripristinare una crescita robusta ed una bassa disoccupazione e mantenere la stabilità finanziaria senza bolle. Inoltre, hanno due strumenti per realizzare questi obbiettivi: la politica dei tassi di interesse, che li terrà bassi a lungo e li alzerà solo gradualmente per sostenere la crescita; regolamenti cautelativi macroeconomici ed una supervisione del sistema finanziario (ispirata alla prudenza a breve) che sarà utilizzata per controllare il credito e prevenire le bolle.

Ma alcuni critici, come il Governatore della Fed Jeremy Stein, sostengono che politiche macro prudenziali per controllare il credito ed il rapporto di indebitamento – quali i limiti dei rapporti dei prestiti in relazione ai valori per i mutui, riserve di capitali più elevate per le banche che prolungano prestiti rischiosi e standards più restrittivi nelle coperture – possono non funzionare. Non solo esse non sono sperimentate, ma la restrizione del credito in alcune parti del sistema finanziario farebbe in modo che la liquidità semplicemente si sposti verso altre parti del sistema stesso, nel mentre cercare di restringere il rapporto di indebitamento sposterebbe la liquidità verso il meno regolamentato sistema bancario ombra. Secondo Stein, solo la politica monetaria (tassi di interesse di riferimento più elevati) “pervade tutti gli aspetti dei fallimenti [4]” del sistema finanziario e previene bolle degli assets.

Il guaio è che se la politica macro cautelativa non funziona, i tassi di interesse dovrebbero essere funzionali a due obbiettivi opposti: la ripresa economica e la stabilità finanziaria. Se gli operatori politici sono lenti nell’elevare i tassi per incoraggiare una ripresa economica più rapida, rischiano di provocare la madre di tutte le bolle degli assets, alla fine portando ad uno scoppio, ad un’altra crisi finanziaria imponente ed ad un rapido scivolamento nella recessione. Ma se cercano di bucare prematuramente le bolle con tassi di interesse più elevati, daranno un colpo ai mercati dei bonds e strangoleranno la ripresa, provocando un gran danno economico e finanziario. Se dunque la politica cautelativa non funziona come previsto, gli operatori politici sono condannati, qualsiasi cosa facciano.

Per il momento, gli operatori politici nei paesi con un credito, azioni e mercati immobiliari spumeggianti hanno evitato di accrescere i tassi di interesse, data la lenta crescita dell’economia. Ma è ancora troppo presto per dire se le politiche macroeconomiche cautelative alle quali fanno riferimento assicureranno la stabilità finanziaria. Se non accadrà, alla fine quei dirigenti politici si troveranno di fronte ad una scelta sgradevole: o strangolare la ripresa per evitare bolle rischiose, o scegliere la crescita al rischio di alimentare la prossima crisi finanziaria. Per adesso, con i prezzi degli assets che continuano a salire, molte economie possono avere tutta la zuppa che sono nelle condizioni di sostenere.



[1] Nell’ambito della finanza internazionale il carry trade è la pratica speculativa consistente nel prendere a prestito del denaro in paesi con tassi di interesse più bassi, per cambiarlo in valuta di paesi con un rendimento degli investimenti maggiore, in modo sia da ripagare il debito contratto sia da ottenere un guadagno con la medesima operazione finanziaria. (Wikipedia)

[2] Commodity è un termine inglese che indica un bene per cui c’è domanda ma che è offerto senza differenze qualitative sul mercato ed è fungibile, cioè il prodotto è lo stesso indipendentemente da chi lo produce, come per esempio il petrolio o i metalli. Entrato oramai nel gergo commerciale ed economico, l’equivalente in italiano è bene indifferenziato. Deriva dal francese commodité, col significato di ottenibile comodamente, pratico. Una commodity deve essere facilmente stoccabile e conservabile nel tempo, cioè non perdere le caratteristiche originarie. (Wikipedia)

[3] Nel senso che è stata scelta dal Presidente Obama, ma la procedura congressuale di conferma non è ancora terminata.

[4] Suppongo il senso di “gets in all of the cracks” sia questo, nel significato quasi letterale di “entrare”.

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