October 17, 2013, 7:59 am
As many people have been pointing out, the economic costs of GOP attempts to rule by extortion didn’t begin with the shutdown/debt crisis, and haven’t ended with the (temporary?) resolution of that crisis. The now widely-cited Macroeconomic Advisers report estimated the cost of crisis-driven fiscal policy at 1 percentage point off the growth rate for three years, or roughly 3 percent now. More than half of this estimated cost comes from the “fiscal drag” of falling discretionary spending, with the rest coming from a (shaky) estimate of the impacts of fiscal uncertainty on borrowing costs.
I’ve been looking a bit harder at that report, and while I am in broad agreement with its conclusion, I think it’s missing quite a lot. On balance, I’d argue that the negative effect of the crazies has been even worse than MA says.
OK, first thing: I’m not too happy with the report’s reliance on the Bloom et al uncertainty index to measure costs. As Mike Konczal pointed out a while back, that index is a strange creature, driven to an important extent by the number of times politicians talk about uncertainty. It’s really not something you want to lean on, and if you take it out, MA’s estimates of the Republican drag fall.
But we shouldn’t stop there, because there are two important aspects of the story that MA leaves out.
First, part of the fiscal cliff deal involved letting the Obama payroll tax cut — a significant, useful form of economic stimulus — expire. (Republicans only like tax cuts that go to people with high incomes.) This led to a surprisingly large tax hike in 2013, focused on workers:
Second, GOP opposition to unemployment insurance has been the biggest factor in a very rapid decline in unemployment benefits despite continuing weak job markets:
This hurts the unemployed a lot, but it also hurts the economy, because the unemployed are already living on the edge, and surely must have been forced into spending cuts as benefits expired.
The combination of the payroll take hike and the benefit cuts amounts to about $200 billion of fiscal contraction at an annual rate, or 1.25 percent of GDP, probably with a significant multiplier effect. Add this to the effects of sharp cuts in discretionary spending and the effects of economic uncertainty, however measured, and I don’t think it’s unreasonable to suggest that extortion tactics may have shaved as much as 4 percent off GDP and added 2 points to the unemployment rate.
In other words, we’d be looking at a vastly healthier economy if it weren’t for the GOP takeover of the House in 2010.
Che drenaggio
Come molte persone hanno messo in evidenza, i costi economici dei tentativi del Partito Repubblicano di governare con i ricatti non sono cominciati con la crisi del blocco di governo e del debito, né sono finiti con la temporanea risoluzione di quella crisi. Il rapporto, di questi tempi ampiamente citato, di Macroeconomic Advisers ha stimato il costo di una politica della finanza pubblica provocata dalla crisi [1] in un punto percentuale da togliere al tasso di crescita per tre anni, ovvero ad oggi all’incirca del 3 per cento. Più della metà di questo costo stimato deriva dal “drenaggio finanziario” [2] derivante dalla caduta della spesa pubblica discrezionale, con il resto che deriva da una (precaria) stima degli impatti dell’incertezza della finanza pubblica sui costi dell’indebitamento.
Ho dato un’occhiata più attenta a quel rapporto, e mentre in generale sono d’accordo con le sue conclusioni, penso che ad esso sfugga qualcosa. A conti fatti, direi che l’effetto negativo delle follie in corso ha avuto effetti persino più negativi di quelli che il rapporto di Macroeconomic Advisers sostiene.
Ebbene, il primo aspetto: non sono così contento che il rapporto si fondi, per misurare i costi, sull’indice dell’incertezza analizzato da Bloom ed altri. Come mise in evidenza tempo fa Mike Konczal, quell’indice è una creatura strana, in notevole misura determinato dal numero di volte in cui gli uomini politici ricorrono all’espressione ‘incertezza’. Davvero non è qualcosa su cui si possa fare affidamento, e se lo fate vostro, le stime di Macroeconomic Advisers sul drenaggio repubblicano crollano.
Ma non dovremmo fermarci qua, perché ci sono due importanti aspetti della storia che Macroeconomic Advisers lasciano fuori.
Il primo, parte dell’accordo sul ‘precipizio fiscale’ fu relativa al permettere che gli sgravi fiscali sugli stipendi di Obama – una forma di stimolo dell’economia significativa ed utile – si interrompessero (ai repubblicani piacciono soltanto gli sgravi fiscali che interessano la gente con alti redditi). Questo ha portato ad un ampio picco fiscale nel 2013, concentrato sui lavoratori:
In secondo luogo, l’opposizione del Partito Repubblicano alla assicurazione di disoccupazione è stato il fattore principale di un rapido declino dei sussidi di disoccupazione nonostante il perdurare di mercati del lavoro deboli:
Questo fatto è un gran danno per i disoccupati, ma danneggia anche l’economia, perché i disoccupati già vivono al limite, e di certo sono stati costretti a tagli nelle loro spese al momento in cui i sussidi sono terminati.
L’effetto congiunto dell’aumento della pressione fiscale sugli stipendi e dei tagli ai sussidi ammonta a 200 miliardi di dollari di contrazione della finanza pubblica su base annua, ovvero all’ 1,25 per cento del PIL, probabilmente con un effetto significativo di moltiplicatore [3]. Si aggiunga questo agli effetti dei bruschi tagli alla spesa discrezionale ed agli effetti dell’incertezza economica, comunque si misurino, ed io non penso sia irragionevole supporre che le tattiche ricattatorie possano aver raschiato l’equivalente di un 4 per cento di PIL ed aggiunto 2 punti al tasso di disoccupazione.
In altre parole, avremmo un’economia considerevolmente più ricca se non fosse per il grande successo elettorale del Partito Repubblicano nel 2010 [4].
[1] Cioè, dalla crisi politica di queste settimane.
[2] Vorrei insistere su una mia ‘fissazione’ linguistica, già spiegata nelle Note sulla Traduzione.
In termini generali “fiscal drag” è il termine economico che si riferisce ad “una situazione nella quale la posizione finanziaria netta di uno Stato (che equivale alla sua spesa al netto di ogni tassazione) non incontra gli obbiettivi di risparmio netto dell’economia privata. Questo può risultare da una pressione deflazionistica dovuta sia ad una mancanza di spesa pubblica che ad un eccesso di tassazione” (Investopedia). In altri termini: il drenaggio può riferirsi ad aspetti della condizione finanziaria pubblica generale e non necessariamente a meccanismi connessi con le tasse.
In effetti, in inglese il termine “fiscal” ha due possibili significati diversi: può riferirsi in generale alla “finanza pubblica” oppure può riferirsi specialmente alla parte di finanza pubblica connessa con le tasse. Ma nella maggioranza dei casi, mi sembra, ha soprattutto il primo significato, e il riferimento alle entrate da fisco si risolve più frequentemente con l’uso aggettivato del sostantivo “tax”. In lingua italiana, invece, il termine “fiscale” ha soltanto il secondo significato e si riferisce a quella parte della finanza pubblica che consiste nella imposizione, o esazione o evasione, della tasse. Si veda, a proposito, la definizione che viene data dal dizionario del Devoto-Olli. Per noi sarebbe improprio – se non come importazione di un neologismo, la qualcosa talora non è indenne da complicazioni – dire ‘fiscale’ per riferirsi in generale alle condizioni della finanza pubblica.
Ora, noi siamo abituati nel linguaggio economico alla espressione “drenaggio fiscale”, che era molto in uso nel recente passato, con riferimento a quella situazione nella quale l’espansione economica, in regimi di tassazione progressiva, può comportare che gli individui siano costretti ad entrare in fasce fiscali superiori, ovvero a pagare aliquote fiscali più elevate per effetto dell’incremento dei loro redditi. Si ha drenaggio fiscale allorché l’aumento del carico fiscale derivante dalle nuove aliquote è più che proporzionale all’aumento del reddito.
Se però, per tornare all’articolo che stiamo traducendo, si usasse il termine “drenaggio fiscale” nel senso di cui sopra, si sbaglierebbe, perché in questo caso il “drenaggio” è riferito alla condizione generale della finanza pubblica (impoverita da un calo troppo forte di spesa) e non a meccanismi fiscali.
Dunque, questo esempio dimostra – se non dico un sciocchezza – che in lingua italiana è abbastanza improprio dare al termine “fiscale” il significato più generale di qualcosa che attiene alla “finanza pubblica”. Questa è la ragione per la quale traduco sempre con “attinente alla finanza pubblica”, come già spiegato nelle Note sulla traduzione.
[3] Per “multiplier” vedi Note sulla Traduzione.
[4] Ovvero nelle passate elezioni di medio termine, che diedero ai repubblicani la maggioranza della Camera dei Rappresentanti, e dunque la forza numerica per politiche di tipo ricattatorio.
By mm
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