October 2, 2013, 2:11 pm
Lydia DePillis continues her informative series of blog posts on the political haplessness of big business, which with all its money and connections finds itself not only unable to stop the slide into chaos but unable even to exert any appreciable influence. But I still don’t think the businesspeople understand their problem.
DePillis gets at some of this in her post, but still, I think, doesn’t get to the root of the problem.
I tried to explain all of this last year, writing about the confusion of Howard Schultz of Starbucks, a genuinely good guy trying to make the political situation better — and helping not at all. Schultz, and I think many other business types was (and presumably still is) suffering from a triple misconception about our situation.
First, CEOs still talk as if debt and deficits were the central issue of economic policy. They never deserved that place; they certainly don’t deserve it now that the deficit has clearly been falling too fast and the debt outlook is stable for the next decade. Yet they can’t let go of the notion that a grand bargain on the budget — as opposed to an end to destructive austerity — is what we need.
Second, many CEOs are, I believe, genuinely naive about the people they deal with. They believe, for example, that Paul Ryan actually cares about deficits. They haven’t grasped, or refuse to grasp, the reality that the whole thing about deficits was really about using economic crisis as an excuse to tear down the social safety net.
Finally, they’re still trying to position themselves as the middle ground between extremists on both sides, when the reality is that we have a basically moderate Democratic party confronting a radical Republican party that doesn’t play by any of the normal rules. If you insist on thinking of Ted Cruz and Elizabeth Warren as somehow symmetrical figures, you’re already so out of touch with political reality that there’s no way you’re going to have useful influence.
I do sometimes wonder how these guys can be that naive, and some of them probably aren’t — they’re playing class warfare on the sly. But some of them really do seem clueless, probably because thinking about the reality of American politics today would make them uncomfortable — and who’s going to tell the guy in the big office things that make him uncomfortable?
It’s not just Fox News watchers who live in a bubble; sometimes, wealth and power can have the same effect.
Dirigenti di impresa, tutti al mare
Lydia DePillis prosegue la sua utile serie di posts sul blog a proposito della ‘sfiga’ [1] politica del mondo delle grandi imprese, che con tutti i suoi soldi e le sue amicizie si ritrova non solo incapace di fermare lo scivolone nel caos ma incapace persino di esercitare una influenza apprezzabile. Ma io non credo ancora che gli uomini d’affari capiscano il loro problema.
DePillis arriva nel suo post a qualcosa di simile, ma ancora, mi pare, non afferra la radice del problema.
Lo scorso anno provai a spiegare tale questione, scrivendo a proposito della confusione di Howard Schultz, un individuo fondamentalmente perbene che cerca di migliorare la situazione politica – e non aiuta per niente. Schultz, e penso molti altri soggetti del mondo degli affari stava (presumibilmente sta ancora) soffrendo per una triplice incomprensione sulla nostra situazione.
In primo luogo, gli amministratori delegati ancora parlano come se il debito ed i deficit fossero il tema centrale della nostra politica economica. Quei temi non hanno mai occupato un posto centrale; certamente non lo meritano oggi, quando chiaramente il deficit sta cadendo troppo rapidamente e la prospettiva del debito è stabile per il prossimo decennio. Tuttavia gli uomini del mondo degli affari non possono mollare l’idea che un grande accordo sul bilancio – piuttosto che una fine di una austerità distruttiva – sia quello di cui abbiamo bisogno.
In secondo luogo, molti dirigenti di impresa sono, io credo, genuinamente ingenui sulla gente con cui trattano. Essi credono, ad esempio, che Paul Ryan effettivamente si curi dei deficit. Non hanno afferrato, o si rifiutano di afferrare, la realtà per la quale tutta la faccenda dei deficit in realtà riguardava l’utilizzo della crisi economica come una scusa per demolire il sistema della sicurezza sociale.
Infine, stanno ancora cercando di posizionarsi su un terreno intermedio tra le ali estreme dei due schieramenti, quando la realtà è che abbiamo un partito democratico fondamentalmente moderato a fronte di un partito repubblicano radicale che non gioca secondo alcuna delle normali regole. Se voi insistite a pensare a Ted Cruz ed a Elizabeth Warren [2] come personaggi in qualche modo simmetrici, siete già talmente sconnessi con la realtà politica che non c’è modo che siate destinati ad avere nessuna utile influenza.
Qualche volta mi chiedo davvero come questi individui possano essere talmente ingenui, ed alcuni di loro probabilmente non lo sono – stanno solo giocando nascostamente la loro lotta di classe. Ma alcuni di loro davvero non sembrano avere idea, probabilmente perché pensare alla realtà della politica americana odierna sarebbe sconfortante – e chi va a dire al personaggio che occupa il grande ufficio cose che lo metterebbero nello sconforto?
Non sono soltanto gli spettatori di Fox News che vivono in una bolla; talvolta, la ricchezza ed il potere possono avere lo stesso effetto.
[1] “Haplessness” non è un errore (come farebbe pensare il fatto che non si trova facilmente sui dizionari e si confonde con “helplessness” o “hopelessness” , ovvero “inettitudine” e “disperazione”). E’ il sostantivo di “hapless” che sta per “sfortunato nero, sfigato”.
[2] Rafael Edward “Ted” Cruz (Calgary, 22 dicembre 1970) è un politico e avvocato statunitense, attualmente senatore per lo stato del Texas. Nato in Canada, Cruz è figlio di un immigrato cubano e di un’americana di origini italiane. Ha lavorato in passato come consulente legale con politici come John Boehner e George Bush jr. ed ha posizioni reazionarie.
Elizabeth Ann Warren, nata Herring (Oklahoma City, 22 giugno 1949), è un’economista, accademica e politica statunitense, attuale senatrice per lo stato del Massachusetts. Dal novembre 2008 al luglio 2011, nel corso della crisi finanziaria degli Stati Uniti, ha presieduto la commissione di supervisione economica istituita dal Congresso degli Stati Uniti d’America per disporre i programmi di stabilizzazione economica. Dal febbraio al luglio del 2011 ha lavorato come Consigliere Speciale presso il Dipartimento del Tesoro sotto la prima amministrazione Obama
By mm
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