Blog di Krugman

Forse l’economia è una scienza, ma molti economisti non sono scienziati (21 ottobre 2013)

 

October 21, 2013, 2:02 pm

Maybe Economics Is A Science, But Many Economists Are Not Scientists

Raj Chetty stands up valiantly for the honor of his and my profession, arguing that economics is too a science in which careful research is used to falsify some hypotheses and lend credibility to others. And in many ways I agree: there is a lot of good research in economics, maybe more than ever as the focus has shifted somewhat from theoretical models loosely inspired by observation — which, as he suggests, was my forte — to nitty-gritty empirical work.

But while there are clearly scientific elements in economics, a lot of economists aren’t behaving like scientists. Look at Chetty’s examples of scientific work that informs current policy debates:

Consider the politically charged question of whether extending unemployment benefits increases unemployment rates by reducing workers’ incentives to return to work. Nearly a dozen economic studies have analyzed this question by comparing unemployment rates in states that have extended unemployment benefits with those in states that do not. These studies approximate medical experiments in which some groups receive a treatment — in this case, extended unemployment benefits — while “control” groups don’t.

These studies have uniformly found that a 10-week extension in unemployment benefits raises the average amount of time people spend out of work by at most one week. This simple, unassailable finding implies that policy makers can extend unemployment benefits to provide assistance to those out of work without substantially increasing unemployment rates.

Other economic studies have taken advantage of the constraints inherent in a particular policy to obtain scientific evidence. An excellent recent example concerned health insurance in Oregon. In 2008, the state of Oregon decided to expand its state health insurance program to cover additional low-income individuals, but it had funding to cover only a small fraction of the eligible families. In collaboration with economics researchers, the state designed a lottery procedure by which individuals who received the insurance could be compared with those who did not, creating in effect a first-rate randomized experiment.

The study found that getting insurance coverage increased the use of health care, reduced financial strain and improved well-being — results that now provide invaluable guidance in understanding what we should expect from the Affordable Care Act.

OK, he’s right that these two examples show how evidence could be used to inform policy debate (although understanding the effects of unemployment insurance, I would argue, requires embedding it in a macro story about how the number of jobs is determined.) But are such results actually being used to inform policy debate? Have conservative economists like Casey Mulligan said “OK, we were wrong to argue that extended unemployment benefits are the cause of high unemployment”? Have economists who oppose Obamacare said, “OK, we were wrong to say that Medicaid hurts its recipients?”

You know the answer.

And it’s not just policy debates. Whole subfields of economics, notably but not only business-cycle macro, have spent decades chasing their own tails because too many economists refuse to accept empirical evidence that rejects their approach.

The point is that while Chetty is right that economics can be and sometimes is a scientific field in the sense that theories are testable and there are researchers doing the testing, all too many economists treat their field as a form of theology instead.

 

Forse l’economia è una scienza, ma molti economisti non sono scienziati

 

Ray Chetty prende posizione con vigore a favore della sua e della mia disciplina, sostenendo che anche l’economia  è una scienza nella quale si può utilizzare una ricerca scrupolosa per smascherare alcune ipotesi e dare credibilità ad altre. Sono d’accordo in molti sensi: in economia ci sono una quantità di buone ricerche, forse più che mai in precedenza, dal momento in cui l’attenzione si è spostata dai modelli teorici genericamente ispirati dall’osservazione – che, come lui dice, era il mio cavallo di battaglia – alla sostanza del lavoro empirico.

Ma se ci sono chiaramente elementi scientifici in economia, un buon numero di economisti non si stanno comportando come scienziati. Si vedano gli esempi di Chetty sul lavoro scientifico che orienta gli attuali dibattiti politici:

“Si consideri la domanda politicamente rilevante se estendere i sussidi di disoccupazione accresca i tassi di disoccupazione riducendo gli incentivi a tornare al lavoro. Pressoché una dozzina di studi hanno analizzato questa domanda confrontando i tassi di disoccupazione negli Stati che hanno esteso i sussidi di disoccupazione con quelli che non l’hanno fatto. Questi studi assomigliano agli esperimenti sanitari nei quali alcuni gruppi ricevono un trattamento – in questo caso la prosecuzione dei sussidi di disoccupazione – mentre i gruppi “di controllo” non li ricevono.

Questi studi hanno uniformemente scoperto che una proroga di dieci settimane nei sussidi di disoccupazione accresce la quantità media di tempo che le persone passano fuori dal lavoro al massimo di una settimana. Questa scoperta, semplice ed incontestabile, comporta che gli operatori politici possono prorogare i sussidi di disoccupazione per fornire assistenza a coloro che sono fuori dal lavoro senza accrescere sostanzialmente i tassi di disoccupazione.

Altri studi economici hanno fatto uso delle limitazioni derivanti da una particolare politica per ottenere prove scientifiche. Un recente eccellente esempio riguarda la assicurazione sanitaria in Oregon. Nel 2008 lo Stato dell’Oregon decise di ampliare il suo programma statale di assicurazione sanitaria per coprire un numero maggiore di persone a basso reddito, ma aveva finanziamenti sufficienti a coprire solo una piccola frazione delle famiglie che ne avevano diritto. In collaborazione con ricercatori economici, lo Stato stabilì una procedura del genere di una lotteria, secondo la quale coloro che ricevevano l’assicurazione potevano essere confrontati con quelli che non la ricevevano, determinando in effetti un esperimento random di prima qualità.

Lo studio scoprì che l’ottenimento della copertura assicurativa incrementava l’uso della assistenza sanitaria, riduceva lo sforzo finanziario e migliorava il benessere – risultati che ora forniscono una guida di valore inestimabile nel comprendere quello che ci si dovrebbe attendere dalla ‘Legge sulla Assistenza Sostenibile’.

E’ vero, Chetty ha ragione nel dire che questi due esempi mostrano come le prove potrebbero essere utilizzate per orientare il dibattito politico (sebbene riterrei che la comprensione degli effetti della assicurazione di disoccupazione richieda di essere inserita entro una macro storia su come viene determinato il numero dei posti di lavoro). Ma tali risultati sono effettivamente utilizzati per orientare il dibattito politico?  Economisti conservatori come Casey Mulligan hanno detto “Va bene, abbiamo sbagliato a sostenere che la proroga dei sussidi di disoccupazione è causa delle elevata disoccupazione”? Gli economisti che si oppongono alla riforma sanitaria di Obama hanno detto “E’ vero, abbiamo sbagliato a dire che Medicaid danneggia i beneficiari del programma?”

Sapete la risposta.

E non si tratta soltanto dei dibattiti politici. Interi sottosettori dell’economia, in particolare ma non soltanto la macroeconomia dei cicli economici, hanno speso decenni nel girare su se stessi perché troppi economisti rifiutano di accettare le prove empiriche che contestano il loro approccio.

Il punto è che mentre Chetty ha ragione nel dire che l’economia può essere e talvolta è una disciplina scientifica, nel senso che le teorie sono verificabili ed esistono ricercatori che fanno quelle verifiche, anche troppi economisti trattano piuttosto la loro disciplina come una sorta di teologia.

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