October 19, 2013, 10:38 am
Antonio Fatas, citing new work by Andy Rose (pdf), suggests that currency regimes don’t really matter — in particular that membership in the euro has not really been a special problem for peripheral countries.
Challenging preconceptions is always good, and this is a serious debate. I am still, however, very much on the other side. I’d argue two points.
First, nominal wage stickiness — the key argument for the virtues of floating exchange rates — is an overwhelmingly demonstrated fact. Rose doesn’t offer reasons why this doesn’t matter; he just offers a reduced-form relationship between currency regimes and economic performance, and fails to find a significant effect. Is this because there really is no effect, or because his tests lack power?
Second, there is the very striking empirical observation that debt levels matter much less for countries with their own currency than for those without. Here’s one view of the relationship between debt levels and borrowing costs (data from Greenlaw et al):
And here’s another view of the same data, with euro members identified:
It sure looks as if debt matters only for those on the euro, doesn’t it? For what it’s worth, here’s a regression of interest rates on debt that uses a dummy for euro membership, and allows an interaction between that dummy and debt:
Indeed: debt only seems to matter for euro nations.
So I don’t buy the notion that the currency regime is irrelevant. But clearly the Rose results need to be taken seriously, and we have to figure out why he finds what he does.
I regimi valutari sono importanti?
Antonio Fatas, citando il nuovo lavoro di Andy Rose (disponibile in pdf), suggerisce che i regimi monetari in realtà non contino – in particolare che la partecipazione all’euro non sia stata un problema speciale per i paesi della periferia europea.
Sfidare i preconcetti è sempre bene, e questo è un dibattito serio. Tuttavia, io sono ancora in gran parte di una opinione diversa. Sosterrei due punti.
In primo luogo la rigidità dei salari nominali – l’argomento chiave sulle virtù dei tassi di cambio fluttuanti – è un fatto dimostrato in modo schiacciante. Rose non avanza ragioni per le quali questo non avrebbe importanza; offre soltanto una relazione in forma ridotta tra i regimi valutari e le prestazioni economiche, e non riesce a trovare un effetto significativo. Perché in realtà non c’è alcun effetto, o perché le sue prove difettano di forza persuasiva?
In secondo luogo, c’è una osservazione empirica assai impressionante per la quale i livelli del debito contano molto meno per i paesi che dispongono di valuta propria rispetto a quelli che ne sono privi. Ecco un punto di vista sulla relazione tra livelli del debito e costi dell’indebitamento (dati provenienti da Greenlaw ed altri):
Ed ecco un’altra versione degli stessi dati, nella quale i paesi membri dell’euro sono identificabili (pallini arancioni) [1]:
A quanto pare il debito è importante soltanto per coloro che sono nell’euro, non è così? Per quello che vale, c’è come una regressione dei tassi di interesse sul debito che utilizza una simulazione per la partecipazione all’euro, e consente una interazione tra quella simulazione e il debito [2]:
In effetti, il debito sembra conti esclusivamente per i paesi dell’euro.
Dunque, non accetto su due piedi che il regime valutario sia irrilevante. Ma chiaramente i risultati di Rose devono essere presi sul serio, e dobbiamo provare a immaginare perché egli trovi quello che dice.
[1] Sull’asse verticale i tassi di interesse sui bonds decennali; sull’asse orizzontale il rapporto tra debito e PIL.
[2] Forse vuol dire che appare un valore di riferimento per i paesi dell’euro, cui però si aggiunge una variazione che è determinata dalla distanza tra quel valore ed i livelli del debito effettivi dei vari paesi. “Dummy” sta anche per “facsimile”, “fantoccio”.
By mm
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