Blog di Krugman

Il corto circuito sul collegamento (5 ottobre 2013)

 

October 5, 2013, 3:51 pm

Shorting Out The Wiring

For the moment, at least, the shutdown and the general scene of insanity in Congress is clearly hurting the Republican brand. And there’s a whole small industry of crunching numbers on the 1995-6 shutdown, etc., to estimate the likely impact on next year’s elections. For now the conventional wisdom is that the impact will be small, not nearly enough to restore Democratic control.

I have no idea whether that’s right. But as I was reading the various news reports, it occurred to me that there’s a subtler but possibly profound form of damage the GOP is doing to itself, one that will cast its shadow for a long time.

It goes back to something Josh Marshall of Talking Points Memo used to say — that Washington is, in effect, wired for Republicans. Ever since Reagan, the Beltway has treated Republicans as the natural party of government. Sunday talk shows would feature a preponderance of Republicans even if Democrats held the White House and one or both houses of Congress. John McCain was featured on those shows so often you would think he won in 2008.

And there was a general presumption of Republican competence. It’s hard to believe now, but Bush was treated as a highly effective leader who knew what he was doing right up to Katrina, while Clinton — now viewed with such respect — was treated as a bungling interloper for much of his presidency. Even in the last few years there was a rush to canonize Paul Ryan as a superwonk, when it was quite obvious if you looked that politics aside, he was just incompetent at number-crunching.

But I think the last two years have finally killed that presumption. It wasn’t just that Romney lost — his shock, the obvious degree to which his campaign was deluded, was an eye-opener. And now the antics of the Boehner bumblers.

Suddenly the old Will Rogers line — I’m not a member of any organized political party,I’m a Democrat — has lost its sting; the upper hand is on the other foot. And that’s going to color narratives and shape campaigns for a long time.

 

Il corto circuito sul collegamento

 

Almeno per il momento, il blocco e la rappresentazione di generale follia del Congresso sta chiaramente dando un colpo al marchio dei repubblicani. E c’è un intero piccolo apparato di dati da masticare sul blocco del 1996-6 etc., per stimare il probabile impatto sulle elezioni del prossimo anno. Per adesso il senso comune dice che l’impatto sarà modesto, neppure lontanamente sufficiente a ripristinare il controllo dei Democratici [1].

Non ho idea se questo sia giusto. Ma mentre stavo leggendo i vari resoconti, mi è venuto in mente che c’è un più sottile ma probabilmente più profondo tipo di danno che il Partito Repubblicano sta facendo a se stesso, qualcosa che getterà un’ombra nel lungo periodo.

Ciò rinvia a qualcosa che Josh Marshall  del Talking Memo Points [2]  era solito dire – che Washington è, in effetti, collegata con i repubblicani. A partire da Reagan, la Capitale ha trattato i repubblicani come il naturale partito di governo. I talk shows della domenica continuavano a mostrare una preponderanza dei repubblicani anche se i democratici detenevano la Casa Bianca e la maggioranza di uno o di entrambi i rami del Congresso. In quegli spettacoli John McCain veniva mostrato così spesso che si poteva pensare che nel 2008 vincesse.

E c’era una generale presunzione di competenza a favore dei repubblicani. Oggi è difficile crederlo, ma Bush era trattato come un leader di rara efficacia che seppe quello che stava facendo sino alla faccenda di Katrina, mentre Clinton – che oggi è considerato con il rispetto che si conosce – fu considerato come un intruso che faceva confusione per gran parte della sua presidenza. Persino nel corso degli ultimi anni c’è stata una corsa a canonizzare Paul Ryan come un superesperto, mentre era abbastanza evidente, se osservavate a prescindere dalla politica, che era soltanto un incompetente nella elaborazione dei dati.

Ma io penso che questi due ultimi anni abbiano finalmente fatto giustizia di questa presunzione. Non solo il fatto che Romney abbia perso – la sua sorpresa, la misura evidente nella quale la sua propaganda era ingannevole, sono cose che hanno aperto gli occhi. Ed ora le pagliacciate dei pasticcioni di Boehner.

All’improvviso la vecchia battuta di Will Rogers [3] – io non sono un membro di un partito politico organizzato, io sono un democratico – ha perso il suo mordente; il vantaggio è passato dall’altra parte. E questo è destinato a dare espressività a racconti ed a dar forma alle campagne elettorali per un lungo periodo.


 

 

 


[1] Sulla Camera dei Rappresentanti, alle elezioni di medio termine del 2014.

[2] Un giornalista liberal ed il titolo del suo famoso blog.

[3] Will Rogers, nato William Penn Adair Rogers (Oklahoma, 4 novembre 1879Barrow, 15 agosto 1935), è stato un attore, comico e giornalista statunitense di origini cherokee.

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