Ken Rogoff’s article in the FT today is a welcome return to sanity in the austerity debate. None of the nonsense about opponents of austerity believing growth would never return, or that austerity would have no impact on output. Instead Rogoff focuses on what was always the critical debate: was austerity necessary because financial markets might have stopped buying government debt.
As critical pieces go, you couldn’t have a friendlier one than this. First, Rogoff agrees that it was a mistake to cut back on public sector investment. He writes “Such projects, if done at a reasonable cost, pay for themselves. Governments should have done more …”. He says that austerity critics “have some very solid points on their side”. When discussing key arguments, his comment after putting the austerity critics’ case is “perhaps” or “maybe”. In that sense this is a reasoned argument rather than a piece of advocacy.
The argument here is all about insurance. The financial markets are unpredictable beasts, and who knows what they might have done if – in particular – the Euro had collapsed. As Rogoff acknowledges, they might have run for cover into UK government debt, but I also agree that they might have done the opposite. His article is all about saying the UK is not immune from the possibility of a debt crisis, so we needed to take out insurance against that possibility, and that insurance was austerity.
In spirit of Rogoff’s article, I want to acknowledge a couple of points. First, it is clearly too easy to argue that the Euro did not collapse, or that the UK had no problem funding its debt (quite the opposite), and so precautionary austerity was unnecessary. You have to look at the risks ex ante, and not at what happened ex post. Second, it would also be dangerous to argue that somehow UK history meant we were immune from these risks. Others more knowledgeable can argue over the extent to which the UK government has defaulted in the past, but they should never lead us to assume that the UK is immune from a market panic.
So let us agree that it was possible to imagine, particularly in 2010, that the markets might stop buying UK government debt. What does not follow is that austerity was an appropriate insurance policy. No one sensible disagrees that the government needed to have a credible long term plan for debt sustainability, and I personally have argued that a good plan should involve reducing net debt very gradually to levels below those observed before the recession. I hope Rogoff would agree that in the absence of any risk coming from the financial markets, it is optimal to delay fiscal tightening until the recovery is almost complete. The academic literature is clear that, in the absence of default risk, debt adjustment should be very gradual, and that fiscal policy should not be pro-cyclical. So the insurance policy involves departing from this wisdom. This has a clear cost in terms of lost output, but an alleged potential benefit in reducing the chances of a debt crisis.
Seen in this light, the first point to note is that – unlike most insurance – the benefits are partial and ill-defined. Austerity might make the markets less likely to turn on you, but it clearly does not guarantee that they will not. It is also quite reasonable to suggest that – to the extent austerity delays the recovery – it might make markets more rather than less worried about long term debt sustainability. So this is an insurance policy with a large cost, and a very unclear benefit.
What the Rogoff piece does not address at all is that the UK already has an insurance policy, and it is called Quantitative Easing (QE). QE means that the monetary authority is committed to keeping long term interest rates low, so they will buy any government debt that cannot be sold to the financial markets. Rogoff says that, if the markets suddenly forsook UK government debt “UK leaders would have been forced to close massive budget deficits almost overnight.” With your own central bank this is not the case – you can print money instead.
Now pretty well everyone agrees that printing money to cover unsustainable budget deficits is inflationary. But that is not what we are talking about here. We are talking about a government with a long term feasible plan for debt sustainability, faced with an irrational market panic. In those circumstances, printing money will be purely temporary, for as long as the panic lasts. As it is taking place in the depth of a recession, it will not be inflationary. So, as I argued long ago, Quantitative Easing is our insurance policy against a debt crisis. We never needed the much more costly, far inferior and potentially dubious additional insurance policy of austerity.
Ken Rogoff sull’austerità inglese
di Simon Wren-Lewis
3 ottobre 2013
L’articolo di Ken Rogoff sul Financial Times di oggi è un benvenuto ritorno al buonsenso nel dibattito sull’austerità. Nessuna sciocchezza sugli oppositori dell’austerità che sono convinti che la crescita potrebbe non tornare mai o che l’austerità potrebbe non avere impatto sulla produzione. Rogoff si concentra invece su quello che è sempre stato il punto critico della discussione: l’austerità era necessaria perché i mercati finanziari potevano smettere di acquistare il debito dei governi.
Quando arrivano contributi critici, non potreste avere un interlocutore più amichevole [1]. In primo luogo Rogoff concorda che è stato un errore tagliare gli investimenti nel settore pubblico. Egli scrive: “Tali progetti, se fatti a costi ragionevoli, si ripagano da soli. I Governi avrebbero dovuto fare di più …”. Egli dice che i critici dell’austerità “hanno argomenti molto solidi dalla loro parte”. Quando dibatte argomenti chiave, il suo commento, dopo aver avanzata la tesi dei critici dell’austerità è un “forse” o un “chissà”. E’ in questo senso che il suo è un argomentare ragionato, piuttosto che un articolo ‘schierato’.
Qua la tesi è tutta sulla sicurezza. I mercati finanziari sono bestie imprevedibili, e chissà cosa potrebbero aver fatto se – in particolare – l’euro si fosse spinto al collasso. Come Rogoff riconosce, essi avrebbero potuto precipitarsi a cercare copertura nel debito inglese, ma sostiene anche che avrebbero potuto fare l’opposto. Il suo articolo riguarda interamente l’affermazione che l’Inghilterra non è immune dalla possibilità di una crisi di debito, dunque abbiamo bisogno di assicurarci contro quella possibilità, e quella assicurazione è stata l’austerità.
Nello spirito dell’articolo di Rogoff, voglio riconoscere una paio di punti. Il primo, è chiaramente troppo semplice sostenere che l’Europa non è arrivata al collasso, o che l’Inghilterra non aveva alcun problema nel finanziare il suo debito (esattamente l’opposto), e di conseguenza che una austerità precauzionale non era necessaria. In secondo luogo, sarebbe anche pericoloso sostenere che in qualche modo la storia dell’Inghilterra ha mostrato che siamo immuni da questi rischi. Altri meglio informati possono usare l’argomento del modo in cui il Governo inglese sia ricorso al default nel passato, ma non dovrebbero spingerci a considerare che l’Inghilterra sia immune dal panico del mercato.
Dunque siamo d’accordo che era possibile immaginare, in particolare nel 2010, che i mercati smettessero di acquistare obbligazioni sul debito inglese. Quello che non ne consegue è che l’austerità fosse una politica appropriata di assicurazione. Nessuna persona ragionevole non concorda sul fatto che il Governo avesse bisogno di avere un piano credibile a lungo termine di sostenibilità del debito, ed io ho personalmente sostenuto che un buon piano avrebbe dovuto riguardare una riduzione molto graduale del debito netto a livelli al di sotto di quelli che si osservavano prima della recessione. Io spero che Rogoff voglia concordare che in assenza di qualsiasi rischio da parte dei mercati finanziari, sia ottimale rinviare la restrizione della finanza pubblica sino a che la ripresa non sia quasi completa. La letteratura accademica è chiara sul fatto che, in assenza di un rischio di default, la correzione del debito dovrebbe essere molto graduale, e che la politica della finanza pubblica non dovrebbe essere prociclica [2].
Visto in questa luce, il primo punto da notare è che – diversamente dalla maggior parte delle assicurazioni – i benefici sono parziali e indefiniti. L’austerità dovrebbe rendere meno probabile che i mercati si rivoltino contro di voi, ma chiaramente non garantisce che lo faranno. E’ anche abbastanza ragionevole indicare che – nella misura in cui l’austerità rinvia la ripresa – essa potrebbe rendere i mercati più preoccupati, anziché meno, sulla sostenibilità del debito a lungo termine. Così questa è una politica di assicurazione con un ampio costo, ma con un beneficio molto oscuro.
Quello di cui l’articolo di Rogoff non parla affatto è che la Gran Bretagna ha già una politica di assicurazione, e si chiama Facilitazione Quantitativa [3] (FQ). FQ significa che l’autorità monetaria è impegnata a tenere bassi i tassi di interesse a lungo termine, in modo tale da acquistare tutto il debito governativo che non possa essere venduto ai mercati finanziari. Rogoff afferma che, se i mercati all’improvviso avessero abbandonato le obbligazioni sul debito inglese “i leaders della Gran Bretagna sarebbe stati costretti a coprire massicci debiti di bilancio con operazioni overnight.” Attraverso la propria banca centrale questo può non accadere – si può piuttosto stampare moneta.
Ora, tutti concordano pacificamente che stampare moneta per coprire insostenibili deficit di bilancio è inflazionistico. Ma non è di quello che stiamo parlando in questo caso. Noi stiamo parlando di un governo con un coerente piano a lungo termine per la sostenibilità del debito, che fronteggia un panico irrazionale del mercato. In quelle circostanze, stampare moneta sarebbe del tutto temporaneo, per il tempo della durata della reazione di panico. Avendo luogo nel punto basso di una recessione, esso non sarebbe inflazionistico. Dunque, come ho sostenuto molto tempo fa, la Facilitazione Quantitativa è la nostra politica assicurativa contro una crisi del debito. Noi non abbiamo mai avuto bisogno di una assicurazione aggiuntiva nella forma di una politica di austerità molto più costosa, assai meno efficace e potenzialmente dubbia.
[1] Non capisco bene se si riferisce a Rogoff o a sè stesso, nel senso di indicare la sua buona accoglienza a quello stile. Ma, dalle parole successive, sembra si riferisca a Rogoff.
[2] Ovvero, non dovrebbe avere lo stesso segno della fase del ciclo economico nella quale si opera.
[3] Vedi note sulla traduzione a Quantitative Easing.
By mm
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