Blog di Krugman

L’agglomerarsi di una rivoluzione (22 ottobre 2013)

 

October 22, 2013, 8:00 am

Agglomerating A Revolution

The two Nicks, Crafts and Wolf, have a piece right up my alley: they argue that the cutting edge of Britain’s Industrial Revolution, the cotton textile industry, benefited hugely from agglomeration. Indeed, it was very concentrated in a small area:

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What’s great about this, aside from the fact that I heart economic geography, is that the classic story of comparative advantage in trade is Ricardo’s example of English cloth being traded for Portuguese wine; now Crafts and Wolf suggest, in effect, that at least some of England’s comparative advantage in cloth came from external economies, not underlying national characteristics.

I think you would probably want to argue that increasing returns played only a limited role here in shaping the pattern of international trade, as opposed to the location of industry within Britain. That is, it’s a case of what I call increasing returns in a comparative advantage world. But it’s interesting to at least contemplate the possibility that but for the accidents of history, cotton cloth might have been made by the banks of the Tagus rather than in the region of the Mersey.

 

L’agglomerarsi di una rivoluzione

 

I due Nicks, Crafts e Wolf [1], scrivono un articolo su un tema che è nelle mie corde [2]: sostengono che il crinale divisorio della Rivoluzione Industriale britannica, l’industria tessile cotoniera, beneficiò largamente dai fenomeni di agglomerazione. In effetti essa fu concentrata in un’area piccola:

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Ciò che è rilevante in questo, a parte il fatto che io ho a cuore la geografia economica, è che il classico racconto del vantaggio comparativo nel commercio è l’esempio di Ricardo dei tessuti inglesi che vengono scambiati con vino del Portogallo; ed ora Crafts e Wolf indicano che, in effetti, almeno qualche vantaggio comparativo nei tessuti venne da economie esterne, non da sottostanti caratteristiche nazionali.

Penso che si dovrebbe probabilmente sostenere che i rendimenti crescenti giocarono in questo caso soltanto un ruolo limitato nel dare forma allo schema del commercio internazionale, diversamente dalla localizzazione delle industrie in Gran Bretagna. Ovvero, questo è un caso di ciò che io definisco rendimenti crescenti in un mondo di vantaggi comparativi [3].  Ma è interessante per prendere almeno in considerazione la possibilità che non fosse stato per i casi della storia, i tessuti di cotone avrebbero potuto essere realizzati sulle sponde del Tago anziché nella regione del Mersey.


 

 

 


[1] Si tratta di due economisti, Nicholas Crafts (docente di economia e di storia economica all’Università di Warwick) e Nikolaus Wolf della Humboldt University di Berlino.

[2] “Right up may alley” può avere il significato di qualcosa che è alla propria altezza, che si è capaci di fare, o anche che è di mio gradimento. In questo caso, considerato che Krugman ha ricevuto il Premio Nobel per ricerche anche attinenti alla geografia economica, scelgo la soluzione che mi pare più adatta.

[3] Sia il vantaggio comparativo (o comparato) che i rendimenti crescenti sono due concetti economici particolarmente utilizzati nell’economia del commercio internazionale.

Iniziamo dal secondo, utilizzando la spiegazione di Krugman nel libro di testo di macroeconomia suo e di Robin Wells (che, per inciso, è anche sua moglie). Immaginiamo due individui naufragati in una stessa isola deserta, ed immaginiamo che uno dei due abbia una discreta abilità sia nel pescare che nel raccogliere noci di cocco – per combinazione, nella sua vita precedente era un agricoltore-pescatore; mentre l’altro non abbia alcuna abilità in nessuna delle due funzioni –  nella sua vita precedente era, diciamo, un funzionario di partito. Se fossero stati entrambi abili in una delle due diverse attività – se uno fosse stato un ottimo pescatore e l’altro un ottimo raccoglitore – avrebbe potuto accordarsi in modo molto semplice: ognuno avrebbe fatto la attività nella quale eccelleva ed avrebbero potuto scambiarsi i prodotti in eccesso con evidente reciproca convenienza. Ma, come si è detto, il nostro caso è diverso: uno è abile in entrambe le cose, l’altro è poco adatto per entrambe. C’è qualche possibilità di un accordo conveniente per tutti e due?

La risposta è affermativa. Per comprenderlo, occorre avere in testa uno schema delle loro possibilità, considerando che ognuno di loro, a prescindere dalla sua abilità, avrà bisogno di tempo per fare entrambi i lavori, ed il tempo che dedica ad una lavoro non può dedicarlo all’altro. In altri termini: se mi dedico alle noci di cocco, in quel tempo rinuncio a dedicarmi ai pesci (ogni attività, cioè, ha quello che si definisce un suo “costo-opportunità”).

Ecco lo schema che spiega perché può intervenire tra i due soggetti un accordo soddisfacente per entrambi.

 

In assenza di scambio In presenza di scambio
produzione consumo produzione consumo Benefici dello scambio
Naufrago 1 Pesce 28 28 40 30 + 2
Cocco  9  9  0 10 + 1
Naufrago 2 Pesce  6  6  0 10 + 4
cocco  8  8 20 10 + 2

 

Come si vede, in condizioni di assenza di scambio, si ipotizza che entrambi i naufraghi consumino quello che sono in grado di produrre; il naufrago 1, per effetto della sua maggiore abilità, produce di più e consuma di più. Ora, anche se il naufrago 2 è meno abile in entrambe le attività, come si vede sotto la voce “In presenza di scambio” è possibile una soluzione conveniente per entrambi. Il secondo naufrago spenderà tutto il suo tempo a raccogliere noci di cocco, passando da una produzione di 8 ad una produzione di 20. Il primo, invece, si dedicherà soltanto ai pesci, passando da una produzione di 28 ad una produzione di 40. Nell’ultima tabella si vede che ci sono benefici per entrambi. E questo è quello che si chiama vantaggio comparativo.

L’economista David Ricardo aveva introdotto questi concetti facendo gli esempi della produzione di cotone e di vino tra due paesi, la Gran Bretagna e il Portogallo. In quel caso, un ragionamento analogo doveva fare i conti con più fattori che nel caso precedente sono stati tutti riassunti nella abilità dei due soggetti: ad esempio, il clima, la produttività del lavoro e le tecnologie etc.

I rendimenti crescenti sono una altra causa che la teoria economica ha scoperto alla base del commercio internazionale. In questo caso citiamo per intero la spiegazione di Krugman-Wells: “La produzione di un bene è caratterizzata da rendimenti crescenti se la produttività del lavoro e di altre risorse aumenta all’aumentare della produzione. Per esempio, in un settore nel quale sono presenti rendimenti crescenti, un aumento della produzione del 10%  potrebbe richiedere soltanto un 9% in più di lavoro ed un 9% in più di materie prime …. I rendimenti crescenti possono stimolare anche gli scambi internazionali. Se la produzione di un bene è soggetta a rendimenti crescenti, è ragionevole concentrare la produzione in pochi siti, ciascuno dei quali  possa produrre in volumi elevati. Ma questo comporta anche che il bene sia prodotto solo in un piccolo numero di paesi, che poi esportano ad altri …”

E’ chiaro in che senso  la concentrazione delle industrie in alcuni territori è un fattore fondamentale di rendimenti crescenti: tale concentrazione – o ‘agglomerazione’ – può consentire varie facilitazioni (nella logistica delle scorte e dei trasporti, nella formazione del lavoro, nella presenza di lavoro specializzato, nella consorziazione delle imprese, addirittura nella ideazione e sperimentazione di nuove soluzioni produttive derivante dalla concentrazione di attività etc).

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