Blog di Krugman

Classificazioni ideologiche (8 novembre 2013)

 

November 8, 2013, 10:29 am

Ideological Ratings

So S&P has downgraded France. What does this tell us?

The answer is, not much about France. It can’t be overemphasized that the rating agencies have no, repeat no, special information about national solvency — especially for big countries like France. Does S&P have inside knowledge of the state of French finances? No. Does it have a better macroeconomic model than, say, the IMF — or for that matter just about any one of the men and women sitting in this IMF conference room with me? You have to be kidding.

So what’s this about? I think it’s useful to compare IMF projections for France with those for another country that has been getting nice words from the raters lately, the UK. The charts below are from the WEO database — real numbers through 2012, IMF projections up to 2018.

First, real GDP per capita:

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So France has done better than the UK so far, and the IMF expects that advantage to persist.

Next, debt relative to GDP:

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France is slightly less indebted, and the IMF expects this difference to widen a bit.

So why is France getting downgraded? Because, S&P says, it hasn’t carried out the reforms that will enhance its medium-term growth prospects. What does that mean?

OK, another dirty little secret. What do we know — really know — about which economic reforms will generate growth, and how much growth they’ll generate? The answer is, not much! People at places like the European Commission talk with great confidence about structural reform and the wonderful things it does, but there’s very little clear evidence to support that confidence. Does anyone really know that Hollande’s policies will mean growth that is x.x percent — or more likely, 0.x percent — slower than it would be if Olli Rehn were put in control? No.

So, again, where is this coming from?

I’m sorry, but I think that when S&P complains about lack of reform, it’s actually complaining that Hollande is raising, not cutting taxes on the wealthy, and in general isn’t free-market enough to satisfy the Davos set. Remember that a couple of months ago Olli Rehn dismissed France’s fiscal restraint — which has actually been exemplary — because the French, unacceptably, are raising taxes rather than slashing the safety net.

So just as the austerity drive isn’t really about fiscal responsibility, the push for “structural reform” isn’t really about growth; in both cases, it’s mainly about dismantling the welfare state.

S&P may not be participating in this game in a fully conscious way; when you move in those circles, things that in fact nobody knows become part of what everyone knows. But don’t take this downgrade as a demonstration that something is really rotten in the state of France. It’s much more about ideology than about defensible economic analysis.

 

Classificazioni ideologiche

 

Dunque S&P ha retrocesso la Francia. Questo cosa ci dice?

La risposta è che non ci dice granché sulla Francia. Non si smetterà di sottolineare che le agenzie di rating non hanno, ripeto non hanno, alcuna particolare informazione sulla solvibilità nazionale – specialmente per i grandi paesi come la Francia. Ha al suo interno S&P la competenza per comprendere lo stato della finanza francese? No. Possiede un migliore modello macroeconomico rispetto a quello, ad esempio, del FMI – o per quel vale anche solo relativamente ad un qualsiasi uomo o donna che sono seduti accanto a me in questa sala di conferenze del FMI? Mi state prendendo in giro?

Dunque, cosa riguarda? Penso sia utile confrontare le proiezioni della Francia con quelle di un altro paese che di recente ha avuto parole cortesi da parte delle agenzie, il Regno Unito. I grafici sotto vengono dal database di World Economic Outlook [1] – dati reali sono a tutto il 2012, previsioni del FMI sino al 2018.

In primo luogo, il PIL procapite:

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Dunque, sinora la Francia ha fatto meglio del Regno Unito e il FMI si aspetta che questo vantaggio prosegua.

In seguito, il debito in relazione al PIL:

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La Francia è leggermente meno indebitata e il FMI si aspetta che questa differenza si allarghi un po’.

Perché dunque la Francia ha ottenuto la retrocessione? Perché, dice S&P, essa non ha attuato le riforme che migliorerebbero le sue prospettive di crescita di medio termine. Che cosa significa?

Ebbene, aggiungiamo un altro piccolo segreto sporco. Che cosa sappiamo – che cosa sappiamo sul serio – delle riforme economiche che produrranno crescita, e di quanta crescita  produrranno? La risposta è, non molto! Persone in posti come la Commissione Europea parlano con grande fiducia di riforme strutturali e delle cose meravigliose che ne possono derivare, ma ci sono davvero poche chiare testimonianze che sostengono quella fiducia. Qualcuno davvero sa che le politiche di Hollande comporteranno una crescita più lenta dello xx per cento – o più probabilmente, dello 0,x per cento – di quella che ci sarebbe se Olli Rehn fosse al comando? No.

Dunque, ancora, da dove deriva tutto questo?

Mi dispiace, ma penso che quando S&P si lamenta della mancanza di riforme, in verità si stia lamentando del fatto che Hollande stia alzando e non tagliando le tasse sui ricchi, e in generale non sia abbastanza liberista da soddisfare la congrega di Davos. Si ricordi che un paio di mesi fa Olli Rehn liquidò la moderazione della finanza pubblica francese – che in effetti è stata esemplare – perché la Francia, inaccettabilmente, stava alzando le tasse piuttosto che abbattere i sistemi della sicurezza sociale.

Dunque, così come la guida dell’austerità non riguarda realmente la responsabilità nella finanza pubblica, la spinta per le “riforme strutturali” non ha realmente a che fare con la crescita; in entrambi i casi principalmente è relativa allo smantellamento dello stato assistenziale. S&P può non essere partecipe di questi gioco in modo pienamente consapevole; quando ti muovi in questi ambienti, le cose che di fatto nessuno conosce diventano parte di quello che tutti conoscono. Ma non si intenda questa retrocessione come una dimostrazione che qualcosa è marcio per davvero nella condizione della Francia. Ha molto di più a che fare con l’ideologia che con una difendibile analisi economica.



[1] WEO è fondamentalmente uno studio (pubblicato due volte all’anno e aggiornato tre volte all’anno) sulla economia mondiale nel breve e medio periodo (quattro anni), a cura del Fondo Monetario Internazionale.

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