November 21, 2013, 8:30 am
Many years ago my colleague Alan Blinder wrote a very good book with, it seemed to me, a slightly unfortunate title. It was way too easy to slip from “Hard heads, soft hearts” to the reverse.
On the other hand, maybe that’s a book that needs to be written about today’s austerians, both on our side of the Atlantic and in Europe.
What set me off this morning was an interview by Jens Weidmann, head of the Bundesbank:
“We have lowered interest rates and are offering banks unlimited liquidity. But there are no easy and quick ways out of this crisis,” he told German weekly Die Zeit in an interview to be published on Thursday.
“The money printer is definitely not the way to solve it. It will still take years until the causes of the crisis are eliminated.”
What could possibly justify this remark, other than sheer faith in the redemptive power of (other peoples’) pain for its own sake?
Let’s think about the current problems of the euro are in terms of perfectly ordinary, textbook macroeconomics.
First, take the aggregate view. The euro area as a whole has record high unemployment and record low inflation. By any normal standards, this says that monetary policy is too tight. Yes, there’s a problem getting traction, because the ECB is close to the zero lower bound — but that’s a problem of implementation. On what possible grounds could you argue that printing money is not at least a partial solution to the crisis?
Next, look at the internal adjustment problem. The big capital flows from north to south during europhoria have left Spain etc. overvalued , and in need of “internal devaluation”. But there is now completely overwhelming evidence for downward nominal wage rigidity: it’s much easier to get Spanish wages relative to German wages in line through rising German wages than falling Spanish wages. Germany’s own internal devaluation from 2001 to 2007 was accomplished through inflation abroad, not deflation at home. But a too-low overall euro inflation rate pushes the burden onto deflation in debtor countries. Again, on what possible grounds could you argue that a somewhat higher inflation rate — remember, it’s now running at just 0.8 percent — would do nothing to help solve the crisis?
Finally, to the extent that debt levels are a problem, low inflation makes this problem much worse, for all the usual reasons.
Now maybe, maybe, there would still be a euro crisis even if Europe had strong internal demand and 2-plus percent inflation. But we don’t know that — and it’s bizarre to dismiss any effort to move in that direction presumptively.
What it comes down to is that Weidmann — like, I’m afraid, much conventional opinion in Europe — has thrown analysis out the window in favor of a peculiar form of wishful thinking. What’s peculiar about this wishful thinking is that it doesn’t consist of fantasies about the existence of easy, painless solutions; it consists of fantasies about the absence of easy solutions, even when the evidence says very clearly that such solutions exist. Instead of a weak-minded search for pleasure without pain, it’s a search for reasons to inflict pain regardless of the actual economic situation.
Yes, it fits the definition of sadomonetarism.
What’s awesome is that this grim fantasy passes for wisdom, and dictates policy.
Cuori duri, cervelli rammolliti
Molti anni fa il mio collega Alan Blinder scrisse un libro molto bello con un titolo che mi parve leggermente sfortunato. Era troppo facile confondere “Teste dure, cuori teneri” con il suo inverso.
D’altra parte, quello è un libro che forse si dovrebbe scrivere sui patiti dell’austerità odierni, sulla nostra sponda dell’Atlantico come in Europa.
Quello che stamani mi ha fatto partire per la tangente è stata un’intervista di Jens Weidmann, presidente della Bundesbank:
“Abbiamo abbassato i tassi di interesse e stiamo offrendo alle banche liquidità illimitata. Ma non ci sono modi facili e rapidi per uscire dalla crisi”, ha detto al settimanale tedesco ‘Die Zeit’ in una intervista che sarà pubblicata giovedì.
“Stampar denaro non è certamente il modo per risolverla. Ci vorranno anni finché le cause non saranno eliminate.”
Cosa potrebbe giustificare una osservazione del genere, se non la pura e semplice fede nel potere di redenzione delle sofferenze (degli altri popoli) a favore del proprio interesse?
Ragioniamo dei problemi attuali dell’euro come fossero nei termini di un libro di testo di economia, perfettamente ordinario.
In primo luogo, il punto di vista aggregato. L’area euro nel suo complesso ha un record di elevata disoccupazione ed un record di bassa inflazione. Secondo ogni normale criterio, questo ci dice che la politica monetaria è troppo rigida. Sì, c’è un problema di guadagnare potenza motrice, perché la BCE è vicina al limite inferiore di zero – ma quello è un problema di implementazione. Su quali possibili terreni si può sostenere che stampare moneta non sia almeno una soluzione parziale alla crisi?
Successivamente, si guardi al problema delle correzioni interne. I grandi flussi di capitale dal nord al sud durante l’euro euforia hanno lasciato la Spagna e le altre economie sopravvalutate, e bisognose di una “svalutazione interna”. Ma adesso c’è una prova del tutto schiacciante sulla rigidità dei salari verso il basso: è molto più facile allineare i salari spagnoli a quelli tedeschi elevando questi ultimi, piuttosto che abbassando i primi. La svalutazione interna della Germania dal 2001 al 2007 fu compiuta tramite la svalutazione all’estero, non la deflazione in casa. Ma un tasso di inflazione generale nell’area euro troppo basso spinge il peso sulla deflazione nei paesi debitori. Ancora, su quali possibili terreni si potrebbe sostenere che un tasso di inflazione un po’ più alto – si ricordi che ora sta viaggiando appena allo 0,8 per cento – non sarebbe di nessun aiuto nel risolvere la crisi?
Infine, nella misura in cui i livelli del debito sono un problema. Una bassa inflazione rende questo problema peggiore, per tutte le note ragioni.
Ora forse, dico forse, continuerebbe ad esserci una crisi dell’euro anche se l’Europa avesse una forte domanda interna ed una inflazione del 2 o più per cento. Ma non lo sappiamo – ed è bizzarro liquidare ogni sforzo in quella direzione in via presuntiva.
Quello a cui tutto ciò si riduce è che Weidmann – come, ho timore, gran parte del senso comune in Europa – ha sacrificato la analisi a favore di una ragionamento basato sul desiderio. Quello che è peculiare in questo modo di ragionare è che esso non consiste di fantasie su soluzioni facili ed indolori; consiste di fantasie sulla assenza di soluzioni facili, anche quando i fatti dicono molto chiaramente che tali soluzioni esistono. Invece di una ricerca semplicistica di una soddisfazione senza sforzo, è una ricerca di motivi per infliggere sofferenze a prescindere dalla situazione economica reale.
Sì, si adatta alla definizione di sadomonetarismo.
Quello che fa impressione è che questa lugubre fantasia passa per saggezza, e detta la politica.
By mm
E' possibile commentare l'articolo nell'area "Commenti del Mese"