Articoli sul NYT

Espandere la Previdenza Sociale (New York Times 21 novembre 2013)

 

Expanding Social Security

By PAUL KRUGMAN
Published: November 21, 2013

For many years there has been one overwhelming rule for people who wanted to be considered serious inside the Beltway. It was this: You must declare your willingness to cut Social Security in the name of “entitlement reform.” It wasn’t really about the numbers, which never supported the notion that Social Security faced an acute crisis. It was instead a sort of declaration of identity, a way to show that you were an establishment guy, willing to impose pain (on other people, as usual) in the name of fiscal responsibility.

 

But a funny thing has happened in the past year or so. Suddenly, we’re hearing open discussion of the idea that Social Security should be expanded, not cut. Talk of Social Security expansion has even reached the Senate, with Tom Harkin introducing legislation that would increase benefits. A few days ago Senator Elizabeth Warren gave a stirring floor speech making the case for expanded benefits.

Where is this coming from? One answer is that the fiscal scolds driving the cut-Social-Security orthodoxy have, deservedly, lost a lot of credibility over the past few years. (Giving the ludicrous Paul Ryan an award for fiscal responsibility? And where’s my debt crisis?) Beyond that, America’s overall retirement system is in big trouble. There’s just one part of that system that’s working well: Social Security. And this suggests that we should make that program stronger, not weaker.

 

Before I get there, however, let me briefly take on two bad arguments for cutting Social Security that you still hear a lot.

 

One is that we should raise the retirement age — currently 66, and scheduled to rise to 67 — because people are living longer. This sounds plausible until you look at exactly who is living longer. The rise in life expectancy, it turns out, is overwhelmingly a story about affluent, well-educated Americans. Those with lower incomes and less education have, at best, seen hardly any rise in life expectancy at age 65; in fact, those with less education have seen their life expectancy decline.

So this common argument amounts, in effect, to the notion that we can’t let janitors retire because lawyers are living longer. And lower-income Americans, in case you haven’t noticed, are the people who need Social Security most.

The other argument is that seniors are doing just fine. Hey, their poverty rate is only 9 percent.

There are two big problems here. First, there are well-known flaws with the official poverty measure, and these flaws almost surely lead to serious understatement of elderly poverty. In an attempt to provide a more realistic picture, the Census Bureau now regularly releases a supplemental measure that most experts consider superior — and this measure puts senior poverty at 14.8 percent, close to the rate for younger adults.

Furthermore, the elderly poverty rate is highly likely to rise sharply in the future, as the failure of America’s private pension system takes its toll.

When you look at today’s older Americans, you are in large part looking at the legacy of an economy that is no more. Many workers used to have defined-benefit retirement plans, plans in which their employers guaranteed a steady income after retirement. And a fair number of seniors (like my father, until he passed away a few months ago) are still collecting benefits from such plans.

Today, however, workers who have any retirement plan at all generally have defined-contribution plans — basically, 401(k)’s — in which employers put money into a tax-sheltered account that’s supposed to end up big enough to retire on. The trouble is that at this point it’s clear that the shift to 401(k)’s was a gigantic failure. Employers took advantage of the switch to surreptitiously cut benefits; investment returns have been far lower than workers were told to expect; and, to be fair, many people haven’t managed their money wisely.

 

 

As a result, we’re looking at a looming retirement crisis, with tens of millions of Americans facing a sharp decline in living standards at the end of their working lives. For many, the only thing protecting them from abject penury will be Social Security. Aren’t you glad we didn’t privatize the program?

So there’s a strong case for expanding, not contracting, Social Security. Yes, this would cost money, and it would require additional taxes — a suggestion that will horrify the fiscal scolds, who have been insisting that if we raise taxes at all, the proceeds must go to deficit reduction, not to making our lives better. But the fiscal scolds have been wrong about everything, and it’s time to start thinking outside their box.

 

Realistically, Social Security expansion won’t happen anytime soon. But it’s an idea that deserves to be on the table — and it’s a very good sign that it finally is.

 

Espandere la Previdenza Sociale, di Paul Krugman

New York Times 21 novembre 2013

 

Per molti anni c’è stata una regola assoluta per chiunque volesse essere preso sul serio a Washington. Era questa: si deve dichiarare la propria volontà di tagliare i programmi previdenziali in nome della “riforma dei diritti sociali”. Non era un problema di cifre, l’idea che la Previdenza Sociale [1] fosse dinanzi ad una grave crisi non ha mai avuto un fondamento nei numeri. Era piuttosto una specie di dichiarazione di identità, il modo per mostrare di essere una persona dell’establishment, disposto a imporre patimenti (come di regola, agli altri) in nome della responsabilità verso la finanza pubblica.

Ma nell’ultimo anno o giù di lì è successa una cosa curiosa. All’improvviso, abbiamo assistito ad un dibattito aperto sull’idea che la Previdenza Sociale avrebbe dovuto essere ampliata, non tagliata. Discorsi sulla espansione della Previdenza Sociale  hanno persino lambito il Senato, con Tom Harkin che ha presentato una proposta di legge che aumenterebbe i sussidi. Pochi giorni la Senatrice Elizabeth Warren ha tenuto un entusiasmante discorso in aula sostenendo la tesi di una espansione dei sussidi.

Qual è l’origine di tutto questo? Una risposta è che il sostenere da parte delle Cassandre della finanza pubblica l’ortodossia del tagli alla Previdenza Sociale, nel corso degli anni recenti, ha perso meritatamente molta credibilità (dare un premio al risibile Paul Ryan per la responsabilità della finanza pubblica? E dov’è la crisi da debito che ci aveva promesso?). Oltre a ciò, il sistema generale dei pensionamenti in America è in un gran guaio. C’è solo una parte di quel sistema che sta funzionando bene: il programma della Previdenza Sociale. E questo suggerisce che dovremmo rafforzare quel programma, non indebolirlo.

Prima di arrivare a quel punto, tuttavia, consentitemi brevemente di toccare due pessimi argomenti per il taglio alla Previdenza Sociale dei quali si sente ancora molto parlare.

Uno è che dovremmo innalzare l’età di pensionamento – attualmente a 66 anni, si prevede di innalzarla a 67 – perché la gente campa più a lungo. Questo pare plausibile, finché non andate e vedere chi esattamente vive più a lungo. La crescita nell’aspettativa di vita, si scopre, è quasi per intero un racconto che riguarda gli americani benestanti e bene istruiti. Chi ha i redditi più bassi e una minore istruzione, nel migliore dei casi, a fatica ha una qualche crescita nella aspettativa di vita quando arriva ai 65 anni [2]; di fatto, chi è senza istruzione ha conosciuto un declino della aspettativa di vita.

Dunque, questa tesi frequente in realtà equivale all’idea che non dovremmo consentire ai guardiani dei palazzi di andare in pensione perché gli avvocati vivono più a lungo. E gli americani con redditi più bassi, se non l’avete notato, sono le persone che hanno il maggiore bisogno del programma della Previdenza Sociale.

L’altro argomento è che gli anziani se la passano proprio bene. Sapete, il loro tasso di povertà è appena al 9 per cento.

Ci sono due grandi problemi, a questo proposito. Il primo sono i ben noti difetti dei dati ufficiali della povertà, e questi difetti quasi sicuramente portano ad una seria sottovalutazione della povertà degli anziani. Nel tentativo di fornire una rappresentazione più realistica, l’Ufficio del Censimento adesso rilascia una valutazione supplementare che gran parte degli esperti considera migliore – e questa stima colloca al 14,8 per cento la povertà degli anziani, simile alla percentuale degli adulti più giovani.

Inoltre, è altamente probabile che il tasso di povertà degli anziani cresca bruscamente nel futuro, allorché si potrà fare un bilancio del fallimento del sistema delle pensioni private.

Quando guardate gli americani più vecchi dei nostri giorni, in gran parte siete dinanzi all’eredità di una economia che non esiste più. Molti lavoratori erano abituati ad avere programmi pensionistici con sussidi definiti, programmi con i quali i loro datori di lavoro garantivano un reddito costante dopo l’età di pensionamento. Ed un discreto numero di anziani (come mio fratello, finché non è venuto a mancare pochi mesi orsono) stanno ancora raccogliendo sussidi sulla base di tali programmi.

Oggi, tuttavia, i lavoratori che hanno un qualche programma pensionistico generalmente hanno programmi a contribuzione definita – fondamentalmente quelli che con il linguaggio burocratico si chiamano 401(k)s – nei quali i datori di lavoro mettono soldi in quantità esenti da tributi che si suppone finiscano con l’essere grandi a sufficienza per andare in pensione. Il problema è che a questo punto è chiaro che il passaggio al 491(k)s è stato un fallimento gigantesco.  I datori di lavoro si sono avvantaggiati del cambiamento per tagliare i sussidi in modo surrettizio; i rendimenti dell’investimento sono stati molto più bassi di quello che si era raccontato ai lavoratori e, ad essere onesti, molta gente non ha gestito il proprio denaro con saggezza.

Il risultato è che stiamo assistendo ad una incombente crisi del sistema delle pensioni, con decine di milioni di americani che fanno i conti con un brusco declino nel loro standards di vita alla fine delle loro vita lavorativa. Per molti, l’unica protezione da tale penosa miseria sarà la Previdenza Sociale. Non siete contenti che quel programma non venne privatizzato?

C’è dunque una grande opportunità per espandere, non per ridurre, la Previdenza Sociale [3]. E’ vero, questo costerebbe soldi e richiederebbe tasse aggiuntive – una indicazione che terrorizza le Cassandre della finanza pubblica, che hanno insistito che se procediamo con veri e propri incrementi fiscali, il ricavato deve andare alla riduzione del deficit, non a migliorare le nostre esistenze. Ma le Cassandre della finanza pubblica hanno avuto torto su tutto, ed è il momento di cominciare a ragionare fuori dai loro schemi.

Realisticamente, una espansione della Previdenza Sociale non avverrà in tempi brevi. Ma è una idea che merita di stare sul tavolo – ed è un ottimo segno che alla fine ciò stia avvenendo.



[1] Traduco con Previdenza per evidente analogia con l’analogo istituto italiano. Alcune maggiori informazioni su programma americano della Social Security sulle Note della traduzione.

[2] La traduzione è precisa e non ci si deve sorprendere, perché nasconde un concetto statisticamente rilevante, che Krugman ha chiarito varie volte. Si può calcolare l’aspettativa di vita scegliendo come punto di partenza la nascita delle persone, oppure si può ragionare della “ulteriore” aspettativa di vita quando si arriva ad una certa età, ad esempio a 65 anni. Siccome di frequente questi calcoli si fanno nei lunghi periodi – ad esempio molti decenni – accade che nel primo caso può influire notevolmente la grande riduzione della mortalità infantile (ed anche l’effetto degli eventi bellici). In questo modo, in realtà, se si calcola la aspettativa di vita residua a partire dai 65 anni in poi di alcune categorie di persone più povere, si può scoprire che essa non è mutata di molto, quando non è diminuita.

[3] Probabilmente si parla di espansione perché una semplice misura di una forma di protezione supplementare del programma pubblico per coloro che dispongono di sistemi previdenziali privatistici – possibile ampliando, ad esempio, il tetto massimo dell’intervento pubblico per chi ha le pensioni peggiori, o anche includendo nuove categorie di assistiti – risolverebbe il problema che si sta delineando.

By


Commenti dei Lettori (0)


E' possibile commentare l'articolo nell'area "Commenti del Mese"