November 1, 2013, 11:41 am
The Germans are outraged, outraged at the U.S. Treasury department, whose Semiannual Report On International Economic And Exchange Rate Policies says some negative things about how German macroeconomic policy is affecting the world economy. German officials say that the report’s conclusions are “incomprehensible” — which is just bizarre, because they’re absolutely straightforward.
Oh, and yes, the US inexcusably spied on Angela Merkel — but that has nothing to do with this, and anyone bringing it into this conversation thereby demonstrates his or her intellectual bankruptcy. Also, frank talk about German economic policies doesn’t make you anti-German or anti-European; again, anyone trying to evade the substance by bringing that kind of accusation in has in effect conceded the argument.
So, about the argument. Here’s a brief history of the euro zone, told through one number for two countries, Germany and Spain:
The creation of the euro was followed by the emergence of huge imbalances, with vast amounts of capital flowing from the core to the periphery. Then came a “sudden stop” of private capital flows, forcing the peripheral nations to eliminate their current account deficits, albeit with the process slowed by the provision of official loans, mainly through loans among central banks. The really bad news for the periphery is that so far the adjustment has taken place mainly through depressed economies rather than regained competitiveness; so the counterpart of that “improvement” for Spain is 25 percent unemployment.
Normally you would and should expect the adjustment to be more or less symmetrical, with surplus countries reducing their surpluses as deficit countries reduced their deficits. But that hasn’t happened. Germany hasn’t adjusted at all; all of the rise in peripheral European current accounts has taken place at the expense of the rest of the world.
And that’s a very bad thing. We are still in a world ruled by inadequate demand, and very much subject to the paradox of thrift. By running inappropriate large surpluses, Germany is hurting growth and employment in the world at large. Germans may find this incomprehensible, but it’s just macroeconomics 101.
You might argue that it’s not the German government’s fault that it runs surpluses — but you’d be wrong. (I’ve fallen into this trap, but acknowledged the error.) For one thing, Germany has pursued fiscal austerity despite its creditor status, contributing to an overall tightening of policy in the eurozone. And one way to think about Germany’s role within the euro is that it is in effect engaging in huge foreign exchange intervention via Target 2, which holds down the “shadow Deutche Mark”:
Of course, I don’t expect German officials to admit that there’s anything to what Treasury says. They’re not big on macroeconomics as we understand it; actually, they’re not big on accounting identities, since their view seems to be that everyone should be like Germany, and run huge trade surpluses.
But Treasury just stated the obvious and true.
Il danno che fa la Germania
I tedeschi si sentono insultati, proprio insultati, dal Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti, il cui Rapporto semestrale sulle politiche economiche internazionali ed i tassi di cambio dice alcune cose negative su come la politica macroeconomica tedesca sta influenzando l’economia mondiale. Dirigenti tedeschi affermano che le conclusioni del rapporto sono “incomprensibili” – il che è proprio strano, considerato che sono completamente lineari.
E poi, proprio così, gli Stati Uniti hanno spiato senza alcuna scusa Angela Merkel – ma questo non c’entra nulla, e chiunque voglia inserirlo nel dibattito mostra con ciò stesso il proprio sbandamento intellettuale. Inoltre, parlare con franchezza delle politiche economiche della Germania non significa essere anti-tedeschi o antieuropei; e ancora, chiunque cerchi di eludere la sostanza avanzando quel genere di accusa di fatto è come se ammettesse la fondatezza degli argomenti altrui.
Dunque, a proposito di tali argomenti. Ecco una breve storia dell’eurozona, raccontata attraverso i dati di due paesi, Germania e Spagna:
La creazione dell’euro fu seguita dall’emergere di gravi squilibri, con ampi flussi di capitali che scorrevano dal centro alla periferia. Poi venne il “blocco improvviso” dei flussi dei capitali privati, costringendo i paesi periferici ad eliminare i loro deficit di conto corrente [1], anche se entro un processo rallentato dalla fornitura di prestiti ufficiali, principalmente attraverso le banche centrali. La notizia davvero negativa per la periferia è che sinora la correzione si è manifestata attraverso la depressione delle economie e non una recuperata competitività; cosicché per la Spagna la conseguenza di quel “miglioramento” è il 25 per cento di disoccupazione.
Normalmente ci si dovrebbe aspettare che la correzione sia più o meno simmetrica, con i paesi in avanzo che riducono i loro surplus e quelli in deficit che riducono le loro perdite. Ma non è quello che è accaduto. La Germania non ha corretto un bel niente; tutta la crescita di conto corrente nella periferia europea è avvenuta a spese del resto del mondo.
E questo è davvero negativo. Siamo ancora in un mondo dominato dall’inadeguatezza della domanda, e soggetto moltissimo al cosiddetto paradosso del risparmio. Realizzando ampi surplus inappropriati , la Germania danneggia la crescita e l’occupazione in generale nel mondo. I tedeschi lo possono trovare incomprensibile, ma è solo macroeconomia da libri di testo universitari.
Si potrebbe sostenere che non è del Governo tedesco la responsabilità se realizza avanzi – ma si sbaglierebbe (io sono cascato in questo trabocchetto, ma ho riconosciuto l’errore). Innanzi tutto, la Germania ha perseguito una austerità della finanza pubblica nonostante il suo status di paese creditore, contribuendo ad una stretta generale nell’eurozona. E un modo per rappresentare il ruolo della Germania all’interno dell’euro è che essa si stia in sostanza impegnando in un vasto intervento sui cambi attraverso il cosiddetto “Target 2” [2]; attraverso il quale si conserva un “Marco Tedesco ombra”.
Naturalmente, non mi aspetto che i dirigenti tedeschi ammettano che c’è del vero in quello che dice il Tesoro americano. Non sono così forti in macroeconomia per come noi la conosciamo; per la verità, non sono forti nelle identità contabili [3], considerato che la loro opinione pare essere quella per cui tutto dovrebbero essere come la Germania, e gestire ampi surplus commerciali.
Ma il Tesoro ha semplicemente detto quello che è vero ed ovvio.
[1] Vedi note sulla traduzione.
[2] L’avvio dell’Unione monetaria europea nel 1999 ha richiesto la realizzazione del sistema TARGET (Trans-European Automated Real-Time Gross Settlement Express Transfer System) composto dai sistemi di regolamento lordo dei 17 Stati membri dell’UE e della Banca Centrale Europea, tra loro collegati. La disponibilità di TARGET in grado di dare esecuzione ai pagamenti interbancari nell’area dell’euro in condizioni di sicurezza, affidabilità ed efficienza ha reso possibile la conduzione efficace della politica monetaria unica all’interno dell’area e, al tempo stesso, ha dato rilevante impulso al processo di intergrazione finanziaria e commerciale tra i paesi partecipanti.
Il 19 novembre 2007 è stato avviato con gradualità il sistema Target 2 che sostituisce il precedente sistema TARGET e si avvale di una piattaforma unica condivisa (Single Shared Platform, SSP) realizzata e gestita dalla Banca d’Italia, dalla Deutsche Bundesbank e dalla Banque de France a beneficio dei sistemi finanziari europei, che peraltro, sul piano operativo e giuridico, fanno riferimento alle rispettive banche centrali, sulla base di norme armonizzate. (Banca d’Italia)
[3] In contabilità, nella finanza e nell’economia una identità contabile è una eguaglianza che deve essere vera a prescindere dal valore delle sue variabili. In questo caso l’identità contabile che i tedeschi vorrebbero negare, è data dalla obbligatoria corrispondenza di surplus e di deficit di conto corrente: è impossibile che tutti gestiscano vasti surplus commerciali.
By mm
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