November 11, 2013, 3:05 am
So, laying over in a lounge with wifi, so time for a post.
Simon Wren-Lewis has a thoughtful post on European macroeconomics, and the real nature of the problem with Germany’s failure to adjust, and how this relates to Europe’s dangerously low inflation rate. I’m in full agreement, but I found myself wanting a bit of explicit modeling. So here we go, using the IS-MP framework I’ve been finding so useful lately.
What you want to do is think of Europe (or actually the eurozone) in the aggregate, but bear in mind that this aggregate reflects separate shocks and fiscal policies affecting Germany on the one hand and the periphery on the other.
Let’s think of the relevant shock as being a forced sharp fiscal contraction in southern Europe; leave on one side whether this contraction could have been milder. What “should” the overall macro implications of this shock have been?
Well, normally we would think of aggregate monetary policy as moving to offset much or all of the contractionary effect of austerity. In terms of IS-MP it would look like this:
The fiscal shock moves the IS curve left; the ECB offsets this by cutting interest rates, so that there isn’t much effect on overall EZ GDP.
But wait: Germany hasn’t matched the harsh austerity of the south, so the interest rate cut pushed Germany above potential output, and leads over time to inflation, which in turn erodes Germany’s competitive advantage. Problem?
No — that’s how things are supposed to work. We expect the Fed to make monetary policy for the US as a whole, not any one region, and if this means that, say, California experiences inflation above the Fed’s aggregate target, that’s just part of how the system is supposed to work.
But as Wren-Lewis says, that’s not what has happened in Europe — the ECB has in fact been very reluctant to pursue expansionary policies despite all that fiscal austerity, and now — having waited too long — it finds itself close to the zero lower bound. So the picture looks like this:
Fiscal contraction is not offset by monetary expansion. This has several implications, none of them good. The slump in the south is deeper than it should be, because of the absence of any offset. Meanwhile, there is no expansionary effect in Germany, and hence no upward pressure on inflation there (and downward pressure on inflation in the EZ as a whole.) With little or no inflationary pressure in Germany, the whole burden of adjustment within Europe falls on deflation in the periphery, which is hugely costly and worsens the debt problem.
The point, which I guess we should all have been making more clearly, is that all the various things we talk about here — the extreme slump in Southern Europe, Germany’s failure to narrow its current account surplus, and the slide of the eurozone as a whole toward deflation — are really aspects of the same story. We have huge forced fiscal contraction in part of Europe, not at all offset by either overall monetary policy or fiscal expansion elsewhere.
One last point: the Germans are very proud of their own adjustment between the late 1990s and 2007, during which they emerged from economic doldrums and became very competitive. But that adjustment, from a European point of view, looked like my first figure: German belt-tightening was accompanied by what amounted to a highly expansionary monetary policy, which led to fairly high inflation in Southern Europe. So when Germany asks why other countries can’t do what it did, it isn’t just forgetting that we can’t all run trade surpluses; it’s also insisting that other countries replicate its success while denying them the kind of external environment that made its success possible.
Il pasticcio macroeconomico dell’Europa (per esperti)
Dunque, facendo una sosta in un sala d’aspetto con Wi-Fi, ho tempo per un post.
Simon Wren-Lewis ha scritto un denso articolo sulla macroeconomia europea e sulla reale natura del problema della mancata correzione da parte della Germania, e su come questo stia in relazione con il pericolosamente basso tasso di interesse dell’Europa. Sono pienamente d’accordo, ma avrei voglia di un modello un po’ chiarificatore. Dunque partiamo, utilizzando lo schema IS-MP che di recente sto trovando così utile.
Quello che si intende fare è pensare all’Europa (o effettivamente all’eurozona) come un aggregato, ma si tenga a mente che questo aggregato riflette diverse sollecitazioni e politiche della finanza pubblica che interessano la Germania da una parte e la periferia dall’altra.
Ragioniamo come se lo shock importante sia stato una brusca contrazione della finanza pubblica nell’Europa meridionale; lasciamo da parte se questa contrazione avrebbe potuto essere più leggera. Quali implicazioni macroeconomiche generali questo shock avrebbe dovuto avere?
Ebbene, normalmente noi pensiamo alla politica monetaria aggregata come se si muovesse per bilanciare gli effetti restrittivi dell’austerità. In termini di modello IS-MP apparirebbe in questo modo:
Lo shock della finanza pubblica sposta a sinistra la curva IS; la BCE bilancia questo spostamento con il taglio dei tassi di interesse, in modo tale che non ci sia un grande effetto sul PIL dell’eurozona.
Ma aspettate: la Germania non ha bilanciato la brusca austerità del meridione, cosicché il taglio del tasso di interesse ha spinto la Germania sopra la sua produzione potenziale, il che col tempo conduce all’inflazione e a sua volta erode il vantaggio competitivo tedesco. C’è qualche problema?
No – le cose si suppone vadano in questo modo. Ci aspettiamo che la Fed adotti una politica monetaria per gli Stati Uniti nel loro complesso, non per una qualche regione, e se questo significa, diciamo, che la California sperimenterà una inflazione al di sopra dell’obbiettivo aggregato della Fed, quello è solo un aspetto di come il sistema si suppone che funzioni.
Ma, come dice Wren-Lewis, non è questo quello che sta accadendo in Europa – la BCE di fatto è stata molto riluttante ad adottare politiche espansive nonostante tutta quella austerità della finanza pubblica, ed ora – avendo atteso troppo a lungo – si ritrova vicina al limite inferiore di zero. Dunque, il diagramma appare in questo modo:
La contrazione della finanza pubblica non è bilanciata dalla espansione monetaria. Questo ha varie implicazioni, nessuna delle quali positiva. La caduta nel meridione è più profonda di quello che dovrebbe essere, per l’assenza di ogni bilanciamento. Nel frattempo, non c’è alcun effetto espansivo in Germania, e di conseguenza nessuna spinta verso l’alto dell’inflazione in quel caso (e c’è una spinta verso il basso dell’inflazione nell’eurozona nel suo complesso). Con una piccola spinta inflazionistica in Germania, o con nessuna spinta, l’intero peso della correzione all’interno dell’Europa ricade sulla deflazione della periferia, il che è ampiamente costoso e peggiora il problema del debito.
Il punto che penso dovremmo riuscire tutti a rendere più chiaro, è che le varie cose delle quali stiamo qua discutendo – la caduta molto grave dell’Europa del sud, la mancata correzione del proprio avanzo di conto corrente da parte della Germania e lo scivolamento dell’eurozona nel suo complesso verso la deflazione – siano in realtà aspetti della stessa storia. Una parte dell’Europa è stata costretta ad una ampia contrazione della finanza pubblica, per niente bilanciata sia in generale dalla politica monetaria che da una espansione della finanza pubblica altrove.
Un ultimo punto: i tedeschi sono molto orgogliosi per la loro correzione tra la fine degli anni ’90 ed il 2007, durante la quale vennero fuori dalla loro depressione economica e divennero molto competitivi. Ma quella correzione, da un punto di vista europeo, assomigliava al mio primo diagramma: lo stringere le cinghie della Germania era accompagnato da quello che corrispondeva ad una politica monetaria fortemente espansiva, che portò ad una inflazione piuttosto elevata nell’Europa meridionale. Dunque, quando la Germania chiede perché gli altri paesi non possono fare quello che essa fece, essa semplicemente sta dimenticando che non tutti possono gestire surplus commerciali; inoltre esige che gli altri paesi replichino i suoi successi nel mentre nega loro quel genere di contesto esterno che rese possibile il suo successo.
By mm
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