Blog di Krugman

Il potere dei due (per extraesperti) (18 novembre 2013)

 

November 18, 2013, 12:36 pm

The Power of Two (Extra Wonkish)

This seems to be wonk Monday. But anyway, one commenter raised what may have been a complaint about my tendency to do New Keynesian models that say they have infinite horizons, but whose analysis always seems to boil down to just two periods, “now” and “forever after”.

Just in case you’re wondering, that’s not because I can’t do fancier dynamics. At the beginning of my Mundell-Fleming lecture, Olivier Blanchard fondly reminisced about how the two of us, back in grad school, figured out how to do anticipated shocks in saddle-path diagrams; I think we may have been the first, and we were certainly inventing the technique for what was for us the first time.

But when you’re using models to think through the fundamental logic of something, you always want the simplest model possible, with as few moving parts as you can manage,so that the essence of the story comes through. On intertemporal dynamics, that simplest possible model is often one in which everything is in a steady state from period 2 onward, so that all the action takes place in period 1. And in that case all the intertemporal optimization boils down to first-order conditions relating period-1 values to the steady-state values prevailing from period 2 onwards.

If this strikes you as too easy, and you think that real economics should involve harder math, well, I feel sorry for you — you just don’t get what it’s all about. (You’re what Rudi Dornbusch used to call a “fearful plumber”). And by the way, coming up with a really simple formulation of what seems at first like a very hard problem can take a lot of work. It sure did in the case of the MF lecture, where I actually did start with a really ugly saddle-path thingie until I realized that formulating the sudden stop the right way would make all of that go away.

Simple doesn’t mean stupid. Thinking that it does, does.

 

Il potere dei due [1](per extraesperti)

 

Questo sembra un lunedì di intelligentoni.  Ma in ogni modo, un commentatore ha avanzato quella che parrebbe una lamentela sulla mia tendenza a procedere con modelli neokeynesiani che dicono di avere infiniti orizzonti, ma la cui analisi sembra sempre ridursi a due periodi, l’“ora” ed il “per sempre”.

Proprio nel caso ve lo stiate chiedendo, non è che io non possa realizzare dinamiche più fantasiose. All’inizio della mia relazione in onore di Mundell-Fleming [2], Olivier Blanchard [3] affettuosamente si è ricordato di come noi due, ai tempi degli studi universitari, ci immaginavamo come prevedere gli shocks in diagrammi a forma di sella [4]; penso che fossimo i primi, e stavamo certamente inventando la tecnica per quella che era per noi la prima volta.

Ma quando state utilizzando modelli per riflettere bene sulla logica fondamentale di qualcosa, dovete sempre usare il più semplice modello possibile, con parti in movimento ridotte al minimo di modo che possiate agevolmente gestirle, così da fare emergere la sostanza della storia. A proposito delle dinamiche intertemporali, il modello più semplice possibile è di solito quello nel quale ogni cosa sia in uno stato stazionario dal secondo periodo in avanti, in modo tale che tutta la azione si svolga nel primo periodo. E in quel caso tutta la ottimizzazione intertemporale si riduce alle condizioni principali relative ai valori del primo periodo nei confronti dei valori di stato stazionario prevalenti dal secondo periodo in avanti.

Se questo vi colpisce per la sua semplicità, e pensate che l’economia reale dovrebbe riguardare una matematica più complessa, sono dispiaciuto per voi – semplicemente non capite di cosa si tratta (voi siete come quelli che Dornbusch era solito chiamare gli “idraulici timorosi”). E, per inciso, venirsene fuori con una formulazione davvero semplice di quello che a prima vista sembra un problema molto arduo, può richiedere una grande quantità di lavoro. E’ stato sicuramente il caso della mia conferenza alla Mundell-Fleming, dove per la verità ero partito  da un dispositivo davvero sgradevole “a forma di sella”, sinché non ho compreso che formulare il “blocco improvviso” [5] nel giusto modo avrebbe reso superfluo il tutto.

Semplice non significa stupido. Pensarlo, invece, lo significa.



[1] Non capisco bene a che cosa si riferisce il “due” che, nel titolo, ha potere. Probabilmente si riferisce alla forza di un modello semplificato in soli due passaggi temporali ….

[2] Se ho ben capito, la conferenza di studi era dedicata ai due economisti. Robert Mundell, nato nel 1934, è un economista canadese che vinse il Nobel nel 1999 «per la sua analisi della politica fiscale e monetaria in presenza di diversi regimi di cambio e per la sua analisi delle aree valutarie ottimali». Marcus Fleming era un economista scozzese, che per anni fu direttore del Dipartimento di ricerche del FMI. Praticamente nello stesso periodo nel quale Mundell presentava i suoi principali lavori, lo stesso faceva Fleming, cosicché i loro risultati vennero in seguito presentati come il “modello Mundell-Fleming”, anche se il contributo del primo fu considerato quello principale.

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[3] Il Direttore del FMI che ha ‘ospitato’ Krugman alla recente conferenza di ricerca del Fondo. Economista di orientamento keynesiano e figura piuttosto importante, se si considera che verosimilmente gli orientamenti e lo stile nuovo che il Fondo ha espresso negli ultimi mesi (dalle ammissioni sugli errori sul valore del ‘moltiplicatore’, alle ammissioni sugli errori nella conduzione della vicenda greca da parte della ‘troika’, allo stesso invito a Krugman  al recente convegno per la ‘lecture’ principale) dipendono soprattutto dal suo ruolo.

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[4] Credo che siano qualcosa del genere:

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[5] Per “blocco improvviso” si intende una situazione nella quale flussi elevati di capitali in un determinato paese, o gruppo di paesi, si interrompono improvvisamente, facendo passare quei paesi da una situazione di forte deficit nel conto corrente ad una situazione di improvviso surplus. L’espressione venne coniata dall’economista Guillermo Calvo a proposito della crisi dei paesi asiatici sulla fine degli anni ’90, ed era un tema della recente conferenza di Krugman al FMI.

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