Blog di Krugman

Sull’importanza delle freccine (per esperti) (29 novembre 2013)

 

November 29, 2013, 2:18 pm

On the Importance of Little Arrows (Wonkish)

A new post by Stephen Williamson has both Nick Rowe and Brad DeLong fulminating — and rightly so. But my sense is that they are so shocked at the level of misconception on the part of a guy who imagines himself more sophisticated than crude neoKeynesians that they’re not managing to convey what’s really going on.

So let me take a stab at it.

Williamson has a lot of equations running around — fearful plumbing, as Rudi Dornbusch would have put it — but the essence of this story, whether he realizes it or not, involves movements in the Wicksellian natural rate of interest — the real interest rate that would match savings and investment at full employment.

Now, one way to think about how that natural rate interacts with monetary policy to determine the rate of inflation would be a figure like this:

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Here WNR is a 45-degree line representing all the combinations of inflation and the interest rate at which the real rate equals the Wicksellian natural rate, while MP is a monetary policy reaction function — basically a Taylor rule in which interest rates rise more than one-for-one with inflation, but with the downside constrained by the zero lower bound.

As you can see, I’ve drawn this so that there are two equilibria: one with a relatively high inflation rate and a positive nominal interest rate, the other with low inflation and a zero rate.

What Williamson does is observe that we’re at the zero lower bound, so he concludes that we’re at an equilibrium like B.

He then asks what happens if the liquidity premium on government debt rises — which in this setting amounts to asking what happens if the real natural rate of interest falls. And he gets a result like this:

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The WNR schedule shifts down, so the equilibrium B shifts to the right — and this, says Williamson, means that inflation rises.

This should sound crazy to you: people become less willing to invest, seek the safety of government bonds, and inflation goes up? But why, exactly, is it crazy? Well, as Brad says, you shouldn’t have an economist’s license unless you understand at some level that when you’re writing down equilibria you have to have in mind at least some rudimentary dynamic story about how you get to those equilibria. In this case, you surely should at least implicitly have little arrows on your diagram:

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Right? Inflation rises when the real rate is below the natural rate, falls when it’s above the natural rate.

Is it easy to write down a fully-specified, microfounded model of those little arrows? No. But surely something like this has to be going on — or at any rate, whatever model you do write down had better be robust to some simple dynamic story about how you get to equilibrium. Otherwise you’re going to end up doing what Williamson is doing: comparative statics on an unstable equilibrium. Of course he gets bizarre results, not to mention completely missing the point that the persistence of positive inflation despite high unemployment is a supply-side, not demand-side question.

And the thing is that this sort of thing is showing up a lot — again, typically in the writings of economists who imagine themselves to be deep thinkers. As Rowe says, something has gone deeply wrong in the way macroeconomics is done in some places.

 

Sull’importanza delle freccine (per esperti)

 

Un nuovo post da parte di Stephen Williamson sta facendo perdere la pazienza sia a Nick Rowe che a Brad DeLong, e comprensibilmente. Ma la mia impressione è che essi sono così colpiti dal livello di incapacità di intendere da parte di un individuo che si immagina d’essere più sofisticato dei rozzi neokeynesiani, che non riescono a rappresentare quello che sta davvero succedendo.

Consentitemi dunque di fare un tentativo in quella direzione.

Williamson ha una quantità di equazioni che corrono in tutte le direzioni – come un “idraulico timoroso” [1], avrebbe detto Rudi Dornbusch – ma la sostanza di questo racconto, la si capisca o meno, riguarda i movimenti del tasso naturale di interesse wickselliano – ovvero il tasso reale di interesse che metterebbe in equilibrio risparmi ed investimenti in condizioni di piena occupazione.

Ora, un modo per pensare a come quel tasso naturale di interesse interagisce con la politica monetaria nel determinare il tasso di inflazione sarebbe un diagramma come questo:

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Qua WNR [2] è una linea a 45 gradi che rappresenta le combinazioni della inflazione e del tasso di interesse al quale il tasso reale equivale al tasso wickselliano naturale, mentre MP è la funzione di reazione della politica monetaria – fondamentalmente una regola di Taylor nella quale i tassi di interesse crescono con l’inflazione in un rapporto maggiore che di uno ad uno, ma con la parte in basso limitata dal limite inferiore dello zero.

Come si può vedere, lo ho disegnato in modo tale che si configurano due equilibri: uno con un tasso di inflazione relativamente elevato e con un tasso di interesse nominale positivo, l’altro con una bassa inflazione e un tasso di interesse pari a zero.

Quello che Williamson osserva è che noi siamo al limite inferiore dello zero, dunque egli conclude che siamo ad un punto di equilibrio B.

Si chiede poi cosa accada se il premio di liquidità sul debito statale salga – che in questa impostazione equivale a chiedersi  cosa accada se il tasso di interesse naturale diminuisce. Ed ottiene un risultate simile a questo:

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Il percorso di WNR si sposta in basso, cosicché il punto di equilibrio B si sposta a destra – e questo, dice Williamson, significa che l’inflazione cresce.

Questo dovrebbe sembrarvi stravagante: le persone hanno meno voglia di investire, cercano la sicurezza nei bonds statali, e l’inflazione sale? Ebbene, come dice Brad, non si dovrebbe avere un diploma di economista se in qualche modo non si capisce che quando si prende nota degli equilibri si deve perlomeno avere in mente una qualche rudimentale spiegazione dinamica su come si ottengono tali equilibri. In questo caso, certamente dovreste almeno implicitamente includere delle freccine nel vostro diagramma:

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Giusto? L’inflazione cresce quando il tasso reale è al di sotto del tasso naturale, cala quando è sopra il tasso naturale.

E’ facile tirar giù un modello dettagliato di queste freccine, con un fondamento microeconomico? No. Ma sicuramente deve accadere qualcosa di questo genere – o in ogni modo, di qualsiasi modello prendiate nota, esso avrà dovuto essere più resistente di qualche semplice racconto dinamico su come si perviene all’equilibrio. Altrimenti siete destinati a finire col fare quello che Williamson sta facendo: una statica comparativa su un equilibrio instabile. Naturalmente egli trova bizzarro il risultato, per non dire che gli sfugge completamente il punto per il quale una inflazione positiva che persiste nonostante una elevata disoccupazione è un problema dal lato dell’offerta, non dal lato della domanda.

E il punto è che una cosa di questo genere mette in evidenza molto – ancora una volta, come al solito nel caso di economisti che si immaginano di essere profondi pensatori. Come dice Rowe, qualcosa è andato davvero storto nel modo in cui la teoria economica viene condotta in alcuni ambienti.


 

 


[1] L’espressione dovrebbe voler alludere alla situazione di un idraulico cervellotico, che non sa esattamente dove metter le mani. Se così fosse, sarebbe davvero bellina.

[2] Penso “tasso naturale wickselliano”, ovvero ideato dall’economista svedese Johan Gustaf Knut Wicksell (Stoccolma, 20 dicembre 1851Stocksund, 3 maggio 1926).

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