December 7, 2013, 2:32 pm
Still playing around with the question of secular stagnation. Based on some recent conversations, it seems to me that it’s useful to put some numbers to the issue – to quantify, at least roughly, the hole that seems to have developed in sustainable demand.
In doing all this, the key point is NOT to focus on events since crisis struck; this is not a case of taking a business-cycle slump and imagining that it will last forever. Instead, the argument is that the sources of demand during the good years – the Great Moderation from 1985-2007 – are not going to be available even when the aftereffects of crisis have faded away.
Start with the point I’ve raised several times, and others have raised as well: underneath the apparent stability of the Great Moderation lurked a rapid rise in debt that is now being unwound:
Ratio of household debt to GDP
Debt was rising by around 2 percent of GDP annually; that’s not going to happen in future, which a naïve calculation suggests means a reduction in demand, other things equal, of around 2 percent of GDP.
That’s not the only factor. We also seem to have a slowdown in the rate of growth of potential output, mainly because of demography – the baby boomers are now exiting the work force, all the women are in, etc. – but also perhaps because of slowing productivity. Just to put a number to it, here’s the CBO projection of the rate of potential growth:
CBO thinks that we’re looking at potential growth around 1 percentage point slower than it was during the Great Moderation. To think about how this affects demand, consider the simple “accelerator”, in which producers, other things equal, invest enough to keep the ratio of capital to output constant as the economy grows. Here’s the ratio of fixed assets to GDP:
Ratio of fixed assets to GDP
It’s somewhat above 2. This says that other things equal, a 1 percentage point drop in potential growth would reduce investment spending by 2 percent of GDP.
So between the end of rising leverage and slowing potential growth, we seem to be depressing aggregate demand by 4 percentage points. That’s a lot!
Now, this effect can be offset to some degree by reducing interest rates. But can this be enough? Here’s the real short-term interest rate over the Great Moderation era, calculated as the difference between the 3-month T-bill rate and one-year inflation expectations in the Survey of Professional Forecasters:
The average real rate during the GM years was 1.9 percent. Given the factors I’ve described, it seems hard to avoid the conclusion that the average real rate looking forward will have to be negative. If inflation stays relatively low, e.g. 2 percent, this would mean an economy that often, perhaps usually, finds itself in a liquidity trap.
What might change this scenario? One key point could be trade. Before the 1980s, the US had more or less balanced trade. During the Great Moderation era, it ran an average current account deficit of 3 percent of GDP. Eliminating that deficit somehow would reverse most of my shortfalls. I would say, however, that the most likely way to reduce the deficit would be via a weaker dollar, achieved through low real interest rates, achieved in turn with a higher inflation target.
Aritmetica della stagnazione secolare
Ancora giocando attorno alla domanda della stagnazione secolare. Sulla base di qualche recente conversazione, mi sembra che sia utile aggiungere qualche dato a quel tema – per quantificare, almeno grosso modo, il buco che pare si sia sviluppato nella domanda sostenibile.
Nel fare tutto questo, il punto chiave NON è concentrarsi sugli eventi dal momento che è scoppiata la crisi; questo non è un caso nel quale considerare una caduta del ciclo economico ed immaginare quanto potrà durare. Piuttosto, il tema è che le fonti della domanda durante gli anni buoni – la Grande Moderazione dal 1985 al 2007 – non sono destinate ad essere disponibili anche quando le conseguenze della crisi siano svanite.
Cominciamo col punto che ho avanzato varie volte, assieme ad altri: sotto l’apparente stabilità della Grande Moderazione si nascondeva una rapida crescita del debito che oggi si sta attenuando:
Rapporto tra il debito delle famiglie ed il PIL
Il debito stava crescendo di circa il 2 per cento del PIL all’anno; ciò non è destinato ad avvenire in futuro, la qualcosa un calcolo superficiale indica comporti una riduzione nella domanda, a parità degli altri fattori, di circa un 2 per cento di PIL.
Questo non è l’unico fattore. Quello che anche sembra aver rallentato è il tasso di crescita della produzione potenziale, principalmente a causa della demografia – la generazione dei baby boomers sta ora lasciando le forze di lavoro, tutte le donne sono presenti [1] etc. – ma anche forse a causa di un rallentamento della produttività. Solo per dare a ciò una dimensione statistica, ecco le previsioni del CBO sul tasso della crescita potenziale:
Il CBO pensa che stiamo assistendo ad una crescita potenziale attorno ad un punto in percentuale inferiore di quella che si ebbe durante la Grande Moderazione. Pe ragionare su quanto questo influenzi la domanda, si consideri il semplice “acceleratore”, per il quale i produttori, a parità della altre condizioni, investono abbastanza da tenere in rapporto tra capitale e prodotto costante mentre l’economia cresce. Ecco il rapporto delle immobilizzazioni sul PIL:
Rapporto delle immobilizzazioni sul PIL
E’ qualcosa sopra 2. Questo dice che, a parità delle altre condizioni, una caduta di un punto in percentuale nella crescita potenziale ridurrebbe la spesa di investimenti per un 2 per cento del PIL.
Dunque, tra la fine della crescita del rapporto di indebitamento e il rallentamento della crescita potenziale, sembra che la domanda aggregata si riduca di circa 4 punti percentuali. E’ molto!
Ora, questi effetti possono in qualche misura essere compensati da una riduzione dei tassi di interesse. Ma può bastare? Ecco il tasso di interesse reale a breve termine nel corso dell’epoca della Grande Moderazione, calcolato come la differenza tra il tasso di interesse dei buoni del Tesoro a tre mesi e le aspettative di inflazione in un anno secondo il Survey of Professional Forecasters [2]:
Il tasso medio reale durante gli anni della Grande Moderazione fu l’1,9 per cento. Dati i fattori che ho descritto, appare difficile evitare la conclusione che il tasso medio reale guardando avanti sarà negativo. Se l’inflazione starà relativamente bassa, diciamo al 2 per cento, questo significherebbe un’economia che spesso, forse normalmente, si ritroverebbe in una trappola di liquidità.
Cosa potrebbe modificare questo scenario? Un punto chiave potrebbe essere il commercio. Prima degli anni ’80, gli Stati Uniti avevano un commercio più o meno in equilibrio. Durante l’epoca della Grande Moderazione, esso realizzava un deficit di conto corrente del 3 per cento del PIL. Eliminando in qualche modo quel deficit si rovescerebbero in gran parte i miei deficit. Direi, tuttavia, che il modo più probabile per ridurre il deficit sarebbe attraverso un dollaro più debole, ottenuto attraverso tassi di interesse reale bassi, a loro volta ottenuti attraverso un obbiettivo di inflazione più alto.
[1] “To be in” significa anche “essere in casa”; ma in questo caso penso significhi l’opposto, ovvero essere sul lavoro. Quello che infatti ‘gonfiò’ il ciclo economico, e specificamente la crescita potenziale che qua interessa, fu il pieno accesso delle donne alla attività lavorativa, che oggi non può ripetersi.
[2] Il “Sondaggio dei Previsori professionali” è un rapporto sull’economia degli Stati Uniti diffuso trimestralmente dalla Federal Bank Reserve di Filadelfia.
By mm
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