Blog di Krugman

Il “Facebook” della teoria economica (17 dicembre 2013)

 

December 17, 2013, 2:01 pm

The Facebooking of Economics

David Brooks has a funny piece today about the new profession of Thought Leaders. I think I know who he’s talking about. But I started thinking about my own neck of the woods — and while the rules of the game in economics are definitely changing, it’s nothing like what David describes.

What is true is that there has been a major erosion of the old norms. It used to be the case that to have a role in the economics discourse you had to have formal credentials and a position of authority; you had to be a tenured professor at a top school publishing in top journals, or a senior government official. Today the ongoing discourse, especially in macroeconomics, is much more free-form.

But you don’t get to play a major role in that discourse by publishing clever Slateish snark; you get there by saying smart things backed by data.

Obviously the web has changed a lot, although the process actually started even before the rise of blogs. Economics journals stopped being a way to communicate ideas at least 25 years ago, replaced by working papers; publication was more about certification for the purposes of tenure than anything else. Partly this was because of the long lags — by the time my most successful (though by no means best) academic paper was actually published, in 1991, there were around 150 derivative papers that I knew of, and the target zone literature was running into diminishing returns. Partly, also, it was because in some fields rigid ideologies blocked new ideas. Don’t take my word for it: It was Ken Rogoff, not me, who wrote about the impossibility of publishing realistic macro in the face of “new neoclassical repression.”

Anyway, at this point the real discussion in macro, and to a lesser extent in other fields, is taking place in the econoblogosphere. This is true even for research done at official institutions like the IMF and the Fed: people read their working papers online, and that’s how their work gets incorporated into the discourse.

How does the econoblogosphere work? It’s a lot like the 17th-century coffee shop culture Tom Standage describes in his lovely book Writing on the Wall. People with shared interests in effect meet in cyberspace (although many of them are, as it happens, also sitting in real coffee shops at the time, as I am now), exchange ideas, write them up, and make those writeups available to others when they think they’re especially interesting.

As Standage explains, this informal system gradually evolved into the modern structure of scientific journals, as the process of circulating research writing became formalized, with refereeing as a form of quality check. But the way it began, as Standage says, was in important ways more like social media than like centralized publication with clear lines of authority.

And now we’re back to something like that world.

So who are the players in this world? Well, look at any of the various rankings of economics blogs — say, the one at Onalytica. I don’t see any of Brooks’s Thought Leaders there. I see a lot of solid professional economists; a number of equally solid economic journalists; and a few people who don’t fall into standard categories, but are by no means the kind of shallow operator Brooks describes. Mike Konczal at Next New Deal, for example, doesn’t fit any of the old categories, but does utterly serious and important work.

Well, and there’s Zero Hedge, but it’s an imperfect world.

Does this new, amorphous system work? Yes! In just the past few years we’ve had what I’d consider three classic economic debates — on the effects of monetary expansion at the zero lower bound, on fiscal multipliers and austerity, on the effects of high debt ratios; the emergence of major new themes involving issues like private-sector leverage and the need for safe assets; and more, all strongly informed by data. Of course most of the people on the losing side of these debates refuse to admit having been wrong, but it was ever thus — science progresses funeral by funeral and all that.

So don’t feel nostalgic for the days of authority figures dominating the discourse. Intellectually, in economics at least, these are the good old days.

 

Il “Facebook” della teoria economica

 

David Brooks scrive oggi un buffo articolo sulla nuova professione dei “Leaders del pensiero”. Penso di sapere di chi sta parlando. Ma mi sono messo a pensare su come vanno le cose dalle mie parti – e se le regole del gioco stanno sicuramente cambiando in economia, non c’è niente del genere di quello che descrive David.

Quello che è vero è che c’è stata una importante erosione delle vecchie norme. Era consuetudine che per avere un ruolo nel dibattito economico si dovevano avere credenziali formali ed una posizione autorevole; si doveva essere professori di ruolo in una scuola di primo livello e pubblicare sulle riviste più importanti, o avere un incarico rilevante in un governo. Oggi il dibattito in corso, specialmente in macroeconomia, è molto più libero da condizionamenti.

Ma non ottenete un ruolo importante in quel dibattito pubblicando intelligenti commenti sarcastici più o meno come quelli su “Slate[1]; lo ottenete dicendo cose intelligenti seguite da dati.

Ovviamente il web ha effettivamente cambiato molte cose, sebbene il processo fosse partito anche prima dell’avvento dei blogs. Le riviste economiche hanno finito di essere un modo per comunicare le idee almeno 25 anni orsono, rimpiazzate dai ‘documenti di lavoro’; la pubblicazione era più un certificato ai fini della cattedra che altro. In parte questo dipese dai lunghi ritardi – all’epoca in cui fu pubblicato il mio lavoro accademico di maggiore successo (sebbene in nessun senso il migliore), nel 1991, c’erano circa 150 saggi di mia conoscenza che avevano preso spunto da esso, e la letteratura sull’area di quel tema faceva i conti con rendimenti calanti. In parte, anche, dipese dal fatto che in alcuni settori ideologie rigide ostacolavano le nuove idee. Se non volete credere a quello che dico, considerate che fu Ken Rogoff, non il sottoscritto, che scrisse della impossibilità di pubblicare una macroeconomia realistica di fronte alla “repressione neoclassica”.

In ogni modo, a questo punto il reale dibattito sulla macroeconomia, e in minor misura in altre discipline, ha luogo nella “econoblogosfera”. Questo è vero anche per la ricerca condotta presso le istituzioni ufficiali come il Fondo Monetario Internazionale e la Fed: la gente legge i propri documenti di lavoro online, e questo è il modo in cui il loro lavoro viene inserito nel dibattito.

Come funziona la “econoblogosfera”? E’ un po’ come nella cultura dei locali da caffè del diciassettesimo secolo che Tom Standage descrive nel suo bel libro “Scrivere sulla parete”. La gente con interessi comuni  si incontra in effetti nello cyberspazio (sebbene molti di loro, come accade, possono anche star seduti davvero in un caffè, come io in questo momento), si scambiano le idee, le mettono nero su bianco e poi rendono queste note disponibili agli altri quando pensano che esse siano particolarmente interessanti.

Come spiega Standage, questo sistema informale gradualmente si sviluppò nella struttura moderna delle riviste scientifiche, allorché venne formalizzato il processo dello scrivere le ricerche allo scopo di diffonderle, con i giudizi che diventavano una forma di controllo di qualità. Ma il modo in cui esso ebbe inizio, come dice Standage, fu per aspetti importanti più simile ai ‘social media’  che non alla pubblicazione centralizzata secondo chiari percorsi di autorità.

Ed oro siamo tornati a qualcosa di simile a quel  mondo.

Chi sono dunque gli attori, in questo mondo? Ebbene guardate a qualcuna delle varie classifiche dei blogs economici – ad esempio, quella su Onalytica[2] . Non trovo qua nessuno dei ‘leaders del pensiero’ di cui parla Brooks. Vedo un mucchio di solidi economisti di professione; un certo numero di giornalisti economici altrettanto solidi ed un po’ di persone che non ricadono nelle categorie usuali, ma che non sono in nessun senso del genere degli operatori superficiali che Brooks descrive. Mike Konczal col Next New Deal, ad esempio, non corrisponde ad alcuna delle solite categorie, ma fa un lavoro assolutamente serio ed importante.

Ed è vero, c’è anche Zero Hedge [3], ma viviamo in un mondo imperfetto.

Funziona, questo nuovo ed amorfo sistema? Sì! Solo negli ultimi tre anni abbiamo avuto quelli che io considero tre dibattiti economici classici – sugli effetti della espansione monetaria nelle condizioni del limite inferiore di zero dei tassi di interesse, sui moltiplicatori della finanza pubblica e sull’austerità, sugli effetti delle percentuali elevate di debito; l’emergere di importanti nuovi temi che includono problematiche come quelle del rapporto di indebitamento del settore privato e della necessità della sicurezza negli assets, ed altro ancora, il tutto fortemente corredato di dati. Come è naturale, gran parte delle persone, dal lato di coloro che sono stati sconfitti in queste discussioni, rifiutano di ammettere di aver avuto torto, ma così è sempre stato – la scienza progredisce di funerale in funerale, con tutto quanto ne consegue.

Dunque, io non provo nostalgia per i giorni nei quali le persone cosiddette autorevoli dominavano il dibattito. Intellettualmente, almeno in economia, i bei tempi andati sono quelli attuali.



[1] Non ne sono certo.  Ma “snark” sicuramente sta per “commento sarcastico” – una combinazione di “snide” (“beffardo”) e “remark” (“Commento, osservazione”). E “Slateish” dovrebbe essere riferito alla rivista liberal “Slate”, con l’aggiunta del suffisso “ish” che può significare “più o meno”, “all’incirca”, “simile a”.

[2] Si tratta di un blog che pubblica le classifiche dei blogs più significativi del mondo. Nell’ultima sono elencati 200 blogs, che ricevono punteggi sotto tre profili: Influenza, Popolarità e un terzo fattore definito “Sovrainfluenza”. L’indice di influenza rappresenta il “fattore di impatto”, che viene riferito al valore del blog più influente in assoluto. La Popolarità viene valutata in termini di conoscenza presso gli altri blogs economici. La Sovrainfluenza corrisponde alla influenza di un blog, rapportata alla influenza che ci si aspetterebbe che esso abbia per effetto della sua popolarità (si noti che in questo terzo caso il punteggio vada inteso in termini relativi, nel senso che la ‘sovrainfluenza’ indica un fattore di interesse verso un sito che è più che proporzionale alla sua notorietà, e dunque essa può avere un punteggio elevato per effetto di una popolarità ‘inferiore’ a quello che si potrebbe precedere data la sua influenza …).

Può essere interessante l’ultima graduatoria con i punteggi relativi (come prevedibile, al primo posto c’è Krugman).

 

1. The Conscience of a Liberal

100.0

100.0

1.2

New Entry ★ 2. Economix

61.7

64.9

1.1

New Entry ★ 3. FT Alphaville

60.8

52.0

1.4

New Entry ★ 4. Vox

57.4

56.5

1.2

2 ↓ 5. Marginal Revolution

53.1

63.4

1.0

2 ↓ 6. Brad Delong

50.8

61.3

1.0

5 ↓ 7. Economist’s View

50.6

62.8

1.0

9 ↑ 8. Zero Hedge

49.0

57.7

1.0

2 ↓ 9. Naked Capitalism

40.4

48.0

1.0

4 ↓ 10. Econbrowser

36.2

42.0

1.0

11. The Big Picture

35.9

42.6

1.0

2 ↓ 12. EconLog

35.9

45.3

0.9

4 ↓ 13. The Money Illusion

30.2

48.0

0.7

9 ↓ 14. Greg Mankiw’s Blog

30.1

36.6

1.0

5 ↑ 15. Economic Policy Institute

28.7

35.7

0.9

3 ↓ 16. Calculated Risk

28.6

25.5

1.3

 

[3] “Zero Hedge” è un blog nato nel 2009, abbastanza ‘chiacchierato’ – se ho ben capito – per la supposta presenza tra i fondatori di un tale Ivandjiiski, che si era procurato una condanna per ‘insider trading’. Ma, sempre se ho ben capito, il blog era anche stato protagonista di una serie di posts che avevano messo in evidenza la pratica discutibile se non truffaldina del “flash trading”, a carico di Goldman Sachs.

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