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La cura punitiva (New York Times 8 dicembre 2013)

 

The Punishment Cure

By PAUL KRUGMAN
Published: December 8, 2013

Six years have passed since the United States economy entered the Great Recession, four and a half since it officially began to recover, but long-term unemployment remains disastrously high. And Republicans have a theory about why this is happening. Their theory is, as it happens, completely wrong. But they’re sticking to it — and as a result, 1.3 million American workers, many of them in desperate financial straits, are set to lose unemployment benefits at the end of December.

Merry Christmas.

Now, the G.O.P.’s desire to punish the unemployed doesn’t arise solely from bad economics; it’s part of a general pattern of afflicting the afflicted while comforting the comfortable (no to food stamps, yes to farm subsidies). But ideas do matter — as John Maynard Keynes famously wrote, they are “dangerous for good or evil.” And the case of unemployment benefits is an especially clear example of superficially plausible but wrong economic ideas being dangerous for evil.

Here’s the world as many Republicans see it: Unemployment insurance, which generally pays eligible workers between 40 and 50 percent of their previous pay, reduces the incentive to search for a new job. As a result, the story goes, workers stay unemployed longer. In particular, it’s claimed that the Emergency Unemployment Compensation program, which lets workers collect benefits beyond the usual limit of 26 weeks, explains why there are four million long-term unemployed workers in America today, up from just one million in 2007.

Correspondingly, the G.O.P. answer to the problem of long-term unemployment is to increase the pain of the long-term unemployed: Cut off their benefits, and they’ll go out and find jobs. How, exactly, will they find jobs when there are three times as many job-seekers as job vacancies? Details, details.

 

Proponents of this story like to cite academic research — some of it from Democratic-leaning economists — that seemingly confirms the idea that unemployment insurance causes unemployment. They’re not equally fond of pointing out that this research is two or more decades old, has not stood the test of time, and is irrelevant in any case given our current economic situation.

 

The view of most labor economists now is that unemployment benefits have only a modest negative effect on job search — and in today’s economy have no negative effect at all on overall employment. On the contrary, unemployment benefits help create jobs, and cutting those benefits would depress the economy as a whole.

Ask yourself how, exactly, ending unemployment benefits would create more jobs. It’s true that some of the currently unemployed, finding themselves even more desperate than before, might manage to snatch jobs away from those who currently have them. But what would give businesses a reason to employ more workers as opposed to replacing existing workers?

You might be tempted to argue that more intense competition among workers would lead to lower wages, and that cheap labor would encourage hiring. But that argument involves a fallacy of composition. Cut the wages of some workers relative to those of other workers, and those accepting the wage cuts may gain a competitive edge. Cut everyone’s wages, however, and nobody gains an edge. All that happens is a general fall in income — which, among other things, increases the burden of household debt, and is therefore a net negative for overall employment.

The point is that employment in today’s American economy is limited by demand, not supply. Businesses aren’t failing to hire because they can’t find willing workers; they’re failing to hire because they can’t find enough customers. And slashing unemployment benefits — which would have the side effect of reducing incomes and hence consumer spending — would just make the situation worse.

Still, don’t expect prominent Republicans to change their views, except maybe to come up with additional reasons to punish the unemployed. For example, Senator Rand Paul recently cited research suggesting that the long-term unemployed have a hard time re-entering the work force as a reason to, you guessed it, cut off long-term unemployment benefits. You see, those benefits are actually a “disservice” to the unemployed.

 

The good news, such as it is, is that the White House and Senate Democrats are trying to make an issue of expiring unemployment benefits. The bad news is that they don’t sound willing to make extending benefits a precondition for a budget deal, which means that they aren’t really willing to make a stand.

So the odds, I’m sorry to say, are that the long-term unemployed will be cut off, thanks to a perfect marriage of callousness — a complete lack of empathy for the unfortunate — with bad economics. But then, hasn’t that been the story of just about everything lately?

 

La cura punitiva, di Paul Krugman

New York Times 8 dicembre 2013

 

Sono passati sei anni da quando gli Stati Uniti entrarono nella Grande recessione, quattro anni e mezzo da quando ufficialmente cominciarono a riprendersi, ma la disoccupazione di lungo periodo resta disastrosamente alta. Ed i repubblicani hanno una teoria sul perché tutto questo sta succedendo. La loro teoria è, guarda caso, completamente sbagliata. Ma essi si attengono ad essa – ed il risultato è che un milione e trecentomila lavoratori, molti dei quali in disperate difficoltà finanziarie, sono vicini a perdere i sussidi di disoccupazione alla fine di dicembre.

Buon Natale.

Ora, il desiderio del Partito Repubblicano di punire i disoccupati non deriva unicamente da una cattiva economia; è parte della impostazione generale del rendere la vita peggiore a chi sta male e più confortevole a chi sta bene (no agli aiuti alimentari, sì ai contributi alle aziende agricole). Ma le idee non contano – come notoriamente scrisse John Maynard Keynes, sono “rischiose, nel bene o nel male”. E il caso dei sussidi di disoccupazione è un esempio particolarmente chiaro di come idee economiche apparentemente plausibili ma sbagliate siano rischiose, in senso negativo.  

Ecco il mondo come lo capiscono molti americani: l’assicurazione di disoccupazione, che generalmente paga i lavoratori che ne hanno diritto tra il 40 ed il 50 per cento del loro stipendio precedente, riduce gli incentivi a cercare nuovi lavori. In particolare si pretende che il programma dei ‘compensi di emergenza alla disoccupazione’, che consente ai lavoratori di ottenere il sussidio oltre i limite solito delle 26 settimane, spieghi perché ci sono quattro milioni di lavoratori disoccupati di lungo corso nell’America odierna,  da solo un milione che erano nel 2007.

Di conseguenza, la risposta del Partito Repubblicano alla disoccupazione di lungo termine è accrescere i patimenti dei disoccupati di lungo termine: tagliate i loro sussidi e andranno in giro a cercarsi lavoro. Come lo troveranno, esattamente, se ci sono tre volte persone che cercano lavoro rispetto ai posti di lavoro disponibili? Dettagli, dettagli.

A coloro che propongono questo racconto piace citare ricerche accademiche – alcune delle quali di economisti di orientamento democratico – che apparentemente confermano l’idea che la assicurazione di disoccupazione provochi la disoccupazione stessa. Non piace loro nello stesso modo mettere in evidenza che tali ricerche sono vecchie di vent’anni e più, non hanno retto alla prova del tempo e in ogni caso sono irrilevanti, data la situazione economica attuale.

Il punto di vista di gran parte degli economisti del lavoro è che i sussidi di disoccupazione hanno solo un modesto effetto negativo sulla ricerca del posto di lavoro – e nell’economia odierna non hanno alcun effetto negativo sulla occupazione complessiva. Al contrario, i sussidi di disoccupazione aiutano a creare posti di lavoro, e tagliare quei sussidi deprimerebbe l’intera economia.

Domandatevi come, con precisione, interrompere i sussidi di disoccupazione creerebbe posti di lavoro. E’ vero che alcuni degli attuali disoccupati, ritrovandosi ancora più disperati che in precedenza, potrebbero cercare di sottrarre posti di lavoro a quelli che attualmente li hanno. Ma per quale ragione le imprese dovrebbero occupare più lavoratori, anziché rimpiazzare i lavoratori esistenti?

Potreste essere tentati di sostenere che una più intensa competizione tra i lavoratori potrebbe portare a salari più bassi, e che un costo del lavoro conveniente incoraggerebbe le assunzioni. Ma un tale argomento dipende da un errore di impostazione. Tagliate i salari di alcuni lavoratori in rapporto a quelli di altri lavoratori, e coloro che accettano i tagli possono ottenere un vantaggio competitivo. Tagliate i salari di tutti, però, e nessuno otterrà un vantaggio. Tutto quello che accadrà sarà un generale caduta dei redditi – il che, tra le altre cose, accrescerà il peso dei debiti delle famiglie, e di conseguenza costituirà  un dato negativo netto per l’occupazione complessiva.

Il punto è che nell’economia americana odierna l’occupazione è limitata dalla domanda, non dall’offerta. Le imprese non assumono non perché non possano trovare lavoratori volenterosi; non assumono perché non trovano clienti. E tagliare i sussidi di disoccupazione – che avrebbe l’effetto collaterale di ridurre i redditi e di conseguenza le spese di consumo – renderebbe la situazione soltanto peggiore.

Eppure, non vi aspettate che eminenti repubblicani modifichino il loro punto di vista, se non magari per venir fuori con argomenti aggiuntivi per la punizione dei disoccupati. Ad esempio, il Senatore Rand Paul di recente ha citato una ricerca che suggerisce che il fatto che i disoccupati di lungo corso abbiano le loro difficoltà nel rientrare nelle forze di lavoro sarebbe una ragione, indovinate un po’, per tagliare i sussidi di disoccupazione di lungo periodo. Vedete, quei sussidi sono effettivamente un “disservizio” per i disoccupati.

La buona notizia, per quel che vale, è che la Casa Bianca ed i senatori democratici stanno cercando di fare diventare un caso l’esaurimento dei sussidi di disoccupazione. La cattiva notizia è che non sembrano aver voglia di far diventare la proroga dei sussidi una precondizione per l’accordo sul bilancio, il che significa che non sono realmente intenzionati a resistere.

Dunque è probabile, mi dispiace dirlo, che i disoccupati di lungo termine saranno tagliati fuori, grazie ad un matrimonio perfetto di insensibilità – una completa mancanza di empatia con chi ha disgrazie – e di cattiva economia. Ma non è poi stata questa la storia di quasi ogni cosa, nei tempi recenti?

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