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Osborne e i Marmittoni (New York Times 19 dicembre 2013)

 

Osborne and the Stooges

By PAUL KRUGMAN
Published: December 19, 2013

There was, I’m pretty sure, an episode of “The Three Stooges” in which Curly kept banging his head against a wall. When Moe asked him why, he replied, “Because it feels so good when I stop.”

Well, I thought it was funny. But I never imagined that Curly’s logic would one day become the main rationale that senior finance officials use to defend their disastrous policies.

Some background: In 2010, most of the world’s wealthy nations, although still deeply depressed in the wake of the financial crisis, turned to fiscal austerity: slashing spending and, in some cases, raising taxes in an effort to reduce budget deficits that had surged as their economies collapsed. Basic economics said that austerity in an already depressed economy would deepen the depression. But the “austerians,” as many of us began calling them, insisted that spending cuts would lead to economic expansion, because they would improve business confidence.

The result came as close to a controlled experiment as one ever gets in macroeconomics. Three years went by, and the confidence fairy never made an appearance. In Europe, where the austerian ideology took hold most firmly, the nascent economic recovery soon turned into a double-dip recession. In fact, at this point key measures of economic performance in both the euro area and Britain are lagging behind where they were at this stage of the Great Depression.

It’s true that the human cost has been nothing like what happened in the 1930s. But that’s thanks to government policies like employment protection and a strong social safety net — the very policies austerians insisted must be dismantled in the name of “structural reform.”

 

Was it really austerity that did the damage? Well, the correlation is very clear: the harsher the austerity, the worse the growth performance. Consider the case of Ireland, one of the first nations to impose extreme austerity, and widely cited in early 2010 as a role model. Three years later, after repeated declarations that its economy had turned the corner, Ireland still has double-digit unemployment, even though hundreds of thousands of working-age Irish citizens have emigrated.

The depressing effect of austerity in a slump is, in short, as clear a story as anything in the annals of economic history. But the austerians were never going to admit their error. (In my experience, almost nobody ever does.) And now they’ve seized on the latest data to claim vindication, after all. You see, some austerity countries have started growing again. Britain appears to be experiencing a significant bounce; Ireland has finally had a decent quarter; even Spain’s economy is showing faint signs of life. And the austerians are holding victory parades.

Perhaps the most brazen example is George Osborne, Britain’s chancellor of the Exchequer, and the prime mover behind his country’s austerity agenda. No sooner had positive growth numbers appeared than Mr. Osborne declared that “Those in favor of a Plan B” — that is, an alternative to austerity — “have lost the argument.”

O.K., let’s think about this claim, above and beyond the general observation that fluctuations over the course of a quarter or two generally don’t tell you much.

First of all, Britain’s recent growth doesn’t change the reality that almost six years have passed since the nation entered recession, and real G.D.P. is still below its previous peak. Taking the long view, that’s still a story of dismal failure — as I said, a track record worse than Britain’s performance in the Great Depression.

Second, it’s important to understand the history of austerity in Mr. Osborne’s Britain. His government spent its first two years doing big things: sharply reducing public investment, increasing the national sales tax, and more. After that it slowed the pace; it didn’t reverse austerity, but it didn’t make it much more severe than it already was.

And here’s the thing: Economies do tend to grow unless they keep being hit by adverse shocks. It’s not surprising, then, that the British economy eventually picked up once Mr. Osborne let up on the punishment.

But is this a vindication of his austerity policies? Only if you accept Three Stooges logic, in which it makes sense to keep banging your head against a wall because it feels good when you stop.

Now, I’m well aware that the austerians may win political points all the same. Political scientists tell us that voters are myopic, that they judge leaders based on economic growth in the year or so before an election, not on overall performance in office. So a government can preside over years of depression, yet win re-election if it can engineer an uptick late in the game.

But that’s politics. When it comes to economics, there’s only one possible answer to the absurd triumphalism of the austerians: Nyuk. Nyuk. Nyuk.

 

Osborne e i Marmittoni. Di Paul Krugman

New York Times 19 dicembre 2013

 

C’era, ne sono quasi sicuro, un episodio ne  “I tre Marmittoni” [1] nel quale Curly continuava a battere la testa contro una parete. Quando Moe gli chiedeva perché lo facesse, rispondeva: “Perché mi sento così bene quando mi fermo”.

Ebbene, pensavo che fosse una cosa buffa. Ma non mi sarei mai immaginato che la logica di Curly un giorno sarebbe diventata il principale fondamento  utilizzato dai massimi responsabili del settore finanziario per difendere le loro disastrose politiche.

Qualche passo indietro: nel 2010 gran parte delle nazioni ricche del mondo, sebbene ancora profondamente depresse a seguito della crisi finanziaria, si volsero all’austerità: tagliare la spesa pubblica e, in qualche caso, alzare le tasse nel tentativo di ridurre i deficit di bilancio che si erano impennati con il collasso delle economie. L’economia elementare diceva che l’austerità in una economia già depressa avrebbe approfondito la depressione. Ma i “filoausteri”, come molti di noi cominciarono a chiamarli, ribadivano che i tagli all’economia avrebbero portato alla espansione economica, giacché avrebbero migliorato la fiducia del mondo degli affari.

Ne derivò un risultato più vicino ad un esperimento scientifico di quanti altri mai nella storia dell’economia. Trascorsi tre anni, la fata della fiducia non si era ancora materializzata. In Europa, dove la ideologia dell’austerità aveva preso piede con maggiore convinzione, la iniziale ripresa economica si trasformò in un secondo fenomeno recessivo. In sostanza, a questo punto, i dati fondamentali dell’andamento economico in Europa e nel Regno Unito sono indietro rispetto al punto in cui erano negli anni Trenta, passati gli stessi anni di depressione.

E’ vero che i costi umani non sono stati paragonabili a quelli che furono negli anni Trenta. Ma questo grazie alle politiche pubbliche come la protezione della occupazione ed un forte sistema di protezione sociale – proprio quelle politiche che i filoausteri ripetono in continuazione di dover smantellare in nome della “riforma strutturale”.

E’ stata davvero l’austerità a fare il danno? Ebbene, la correlazione è molto chiara: laddove l’austerità è stata più dura, la performance di crescita è stata peggiore. Si consideri il caso dell’Irlanda, una delle prime nazioni ad imporre una austerità estrema, generalmente citata sin dall’inizio del 2010 come un esempio modello. Tre anni dopo, dopo ripetute dichiarazioni secondo le quali l’economia aveva girato l’angolo, l’Irlanda ha ancora una disoccupazione a due cifre, anche se centinaia di migliaia di cittadini irlandesi in età lavorativa sono emigrati.

Gli effetti depressivi dell’austerità in una recessione, in poche parole, sono una storia chiara come poche altre negli annali della storia economica. Ma i filoausteri non hanno mai voluto ammettere il loro errore (nella mia esperienza, non lo fa mai quasi nessuno). Ed ora addirittura approfittano degli ultimi dati per pretendere un risarcimento. L’Inghilterra sembra mostrare una significativa capacità di ripresa; l’Irlanda ha finalmente avuto un trimestre decente; persino l’economia della Spagna sta mostrando tenui segni di vita. E i filoausteri organizzano manifestazioni di giubilo.

L’esempio forse più sfrontato è quello di George Osborne, il Cancelliere dello Scacchiere del Regno Unito, e il primo ispiratore dell’agenda di austerità del suo paese. Appena i dati positivi sulla crescita sono apparsi, il signor Osborne ha dichiarato che “coloro che sono a favore di un ‘Piano B’” – vale a dire di una alternativa all’austerità – “non hanno più argomenti”.

Riflettiamo, dunque, di questa sua interpretazione, a prescindere dalla considerazione generale per la quale le fluttuazioni nel corso di uno o due trimestri normalmente non dicono molto.

Prima di tutto, la recente crescita del Regno Unito non cambia il fatto che sono passati quasi sei anni dal momento in cui il paese è entrato in recessione, ed il PIL reale è ancora al di sotto del suo precedente punto più alto. Considerata nella lunga prospettiva, questa resta una storia di un pesante fallimento – come ho detto, una esperienza peggiore della prestazione inglese all’epoca della Grande Depressione.

In secondo luogo, è importante capire la storia dell’austerità nell’Inghilterra del signor Osborne. Il suo governo spese i primi due anni nel fare le cose più grosse: ridurre bruscamente gli investimenti pubblici, accrescere la tassa nazionale sul valore aggiunto, ed altro ancora. Dopodiché rallentò il passo; non tornò indietro sull’austerità, ma non la rese molto più grave di quanto già non fosse.

Ed ecco il punto: le economie tendono per loro natura a crescere se non continuano ad essere colpite da shocks negativi. Non è sorprendente, allora, che l’economia inglese alla fine si sia risollevata una volta che il signor Osborne ha attenuato la cura punitiva.

Ma questo è un risarcimento per le politiche di austerità? Soltanto se si accetta la logica dei ‘Tre Marmittoni’, nella quale ha un senso continuare a sbattere la testa contro un muro perché ci si sente bene quando si smette.

Ora, io sono ben consapevole che i filoausteri possono comunque guadagnare punti, dal punto di vista politico. Gli scienziati della politica ci dicono che gli elettori sono miopi, giudicano i loro governanti basandosi sulla crescita economica nell’anno prima delle elezioni o poco più, non sulla base della loro attività complessiva. Un governo può dunque svolgere il suo mandato nel corso di anni di depressione, ed essere ancora rieletto se riesce ad escogitare un miglioramento alla fine della partita.

Ma questa è la politica. Quando si passa all’economia, c’è una sola risposta possibile al trionfalismo assurdo dei filoausteri: balle, balle, balle [2].



[1] [1] I tre marmittoni, nell’originale inglese The Three Stooges, è un trio comico statunitense, composto dai personaggi Larry, Moe e Curly, che girarono il primo film nel 1930,

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[2] Più o meno … Perché starebbe a significare quella tipologia di individui che hanno sempre qualcosa da dire – particolarmente in una classe di studenti – e si ritengono acuti, ma sembrano agli altri piuttosto scadenti, come coloro che seguono il ‘sentito dire’, ma fondamentalmente sono dei ‘cacciaballe’ (anche “herbs” o “bullshitters”).

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