December 12, 2013, 11:48 am
I’ve been getting a fair bit of correspondence wondering why I haven’t written about the negotiations for a Trans Pacific Partnership, which many of my correspondents and commenters regard as something both immense and sinister.
The answer is that I’ve been having a hard time figuring out why this deal is especially important.
The usual rhetoric — from supporters and opponents alike — stresses the size of the economies involved: hundreds of millions of people! 40 percent of global output! But that tells you nothing much. After all, the Iceland-China free trade agreement created a free trade zone with 1.36 billion people!!! But only 300,000 of those people live in Iceland, and nobody considers the agreement a big deal.
The big talk about TPP isn’t that silly. But my starting point for things like this is that most conventional barriers to trade — tariffs, import quotas, and so on — are already quite low, so that it’s hard to get big effects out of lowering them still further.
The deal currently being negotiated involves only 12 countries, several of which already have free trade agreements with each other. It’s roughly, though not exactly, the TPP11 scenario analyzed by Petri et al (pdf). They’re pro-TPP, and in general pro-liberalization, yet even so they can’t get big estimates of gains from that scenario — only around 0.1 percent of GDP. And that’s with a model that includes a lot of non-standard effects.
An aside: one little-known aspect of the literature on trade liberalization is that to get any kind of large effect it’s necessary to drop the assumption that markets are highly competitive and efficient, and assume instead that there are large inefficiences that will be reduced as a result of international competition. This was the case for people claiming large gains from 1992 in Europe, and it’s the case for TPP now. I’m not saying that this is wrong — the Melitz model in which inefficient firms don’t get driven out unless there’s increased external pressure is a beautiful thing. But it’s sort of dissonant with the overall pro-market feel of this stuff.
Oh, and 1992 was kind of a disappointment, wasn’t it?
As I read it, to make TPP something really important you have to (a) bring China inside, which isn’t on the table right now and (b) have major effects on foreign direct investment.To be fair, NAFTA seems to have had effect (b) — but NAFTA changed the political environment in Mexico in a way TPP probably won’t.
OK, I don’t want to be too dismissive. But so far, I haven’t seen anything to justify the hype, positive or negative.
Trans Pacific Partnership [1]
Sto ricevendo un po’ di corrispondenza nella quale ci si meraviglia che non stia scrivendo niente sui negoziati per una Trans Pacific Partnership, che molti dei miei corrispondenti e commentatori considerano o come qualcosa di straordinario o come qualcosa di sinistro.
La risposta è che ho qualche difficoltà ad immaginare le ragioni per le quali questo accordo sarebbe particolarmente importante.
La consueta retorica – tra i sostenitori come tra gli oppositori – insiste sulle dimensioni delle economie coinvolte: centinaia di milioni di persone! Il 40 per cento della produzione globale! Ma questo non ci dice molto. Dopo tutto, l’accordo di libero commercio tra la Cina e l’Islanda ha creato una zona di libero scambio con un miliardo e 360 milioni di persone !! Ma solo 360 mila di questi individui vivono in Islanda, e nessuno considera l’intesa un grande tema.
Il gran discorrere sul TPP non è così sciocco. Ma il mio punto di partenza per cose del genere è che le più convenzionali barriere al commercio – tariffe, quote dell’import, e così via – sono già abbastanza basse, cosicché è difficile ottenere grandi effetti dall’abbassarle ulteriormente.
L’accordo attualmente in corso di negoziazione riguarda soltanto 12 paesi, alcuni dei quali hanno già accordi di libero scambio gli uni con gli altri. Si tratta grosso modo, sebbene non esattamente, dello scenario del TPP 11 [2] analizzato da Petri ed altri (disponibile in pdf). Essi sono favorevoli al TPP, e in generale favorevoli alla liberalizzazione, eppure ciononostante non possono fornire grandi stime dei vantaggi di quello scenario – soltanto qualcosa come lo 0,1 del PIL. E quello scenario si basa su un modello di effetti non convenzionali.
Un inciso: un aspetto poco noto della letteratura sulla liberalizzazione degli scambi è che per ottenere un qualche ampio effetto è necessario lasciar cadere l’assunto che i mercati siano altamente competitivi ed efficienti, e considerare invece che ci sono ampie inefficienze che sono riducibili in conseguenza della competizione internazionale. Questo fu il caso delle persone che sostenevano la possibilità di grandi vantaggi nell’Europa del 1992, ed è oggi il caso del TPP. Non sto dicendo che sia sbagliato – il modello di Melitz secondo il quale le imprese inefficienti non vengono liquidate senza una accresciuta competizione esterna è un’ottima cosa. Ma c’è una certa dissonanza con il sentimento generale favorevole al mercato implicito in questo genere di cose.
Per giunta, il 1992 fu una specie di delusione, non è così?
Per come leggo il problema, per rendere in qualche modo importante il TPP si dovrebbe: a) coinvolgere la Cina, che in questo momento non è al tavolo; b) avere importanti effetti sugli investimenti diretti stranieri. Per essere onesti, il NAFTA sembra avere avuto quegli effetti di cui al punto b) – ma il NAFTA cambiò l’ambiente politico nel Messico in un modo nel quale probabilmente il TPP non farà.
Lo riconosco, non voglio essere troppo liquidatorio. Ma sinora non ho visto niente che giustifichi tutto il battage pubblicitario, positivo o negativo che sia.
[1] Il TPP, nella forma distesa come nel titolo, è un tentativo di accordo commerciale in corso tra le seguenti nazioni: Australia, Brunei, Cile, Canada, Giappone, Malesia, Messico, Nuova Zelanda, Perù, Singapore, Stati Uniti e Vietnam. Ha suscitato molto dibattito e proteste la segretezza di tali trattative; nel novembre del 2013 una copia del capitolo sulle regole di riservatezza dell’accordo è stato pubblicato di Wikileaks.
[2] Il Trans Pacific Partnership ebbe origine nel 2005, come un accordo tra quattro paesi (TPP4) – Brunei, Cile, Nuova Zelanda e Singapore – e si viene via via ampliando a nuove nazioni interessate. Poiché al momento le nazioni coinvolte sono 12, il TPP 1 dovrebbe essere una versione appena precedente. Non mi è chiaro se nel frattempo cambino gli accordi, o più probabilmente si amplino i negoziati che ancora non hanno prodotto un esito finale.
By mm
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