Blog di Krugman

Uber e le guerre macro (21 dicembre 2013)

 

December 21, 2013, 2:04 pm

Uber and the Macro Wars

Yesterday I offered a brief history of the civil war in macroeconomics, in which I explained that it really began over the question of apparent wage and price stickiness. It was an obvious empirical fact that wages generally don’t fall in recessions, and that as a result changes in nominal spending are reflected in real output. (Just as a reminder — this does NOT mean that wage flexibility would improve our current situation — on the contrary, thanks to the overhang of household debt, it would make things worse).

The Keynesian attitude — both old and New — has been that we should try to understand this empirical observation, but that while we try to get there, it’s OK to simply assume wage stickiness as a modeling strategy. The freshwater view began with an intellectually appealing solution in terms of rational behavior and imperfect information that unfortunately turned out to be all wrong; rather than drop their modeling strategy and the nifty math that went with it, freshwater economists decided to deny the facts instead.

Which brings me to Uber, the smartphone-based car service. Uber, it turns out, doesn’t charge fixed prices; it practices surge pricing, in which prices depend on the state of demand. So when there’s a snowstorm or something that makes everyone want a car at the same time, prices go way up — sometimes sevenfold.

This makes a lot of sense from a rational economic point of view — and it makes people totally furious. It turns out that people are OK with fluctuating prices when it’s really an impersonal market — but they get really angry at any hint that someone with whom they have some sort of ongoing relationship is exploiting their distress. In fact, Uber’s surge pricing is really bad public relations, and I won’t be surprised to see the company modify its strategy if only for marketing purposes.

What does this have to do with the macro wars? Well, back in the 1990s the economist Truman Bewley — an economist heretofore known for high theory in microeconomics — did something novel on the subject of wages, and why they don’t fall in recessions: he went out and asked people. And what he found was that issues of fairness and morale were key. Employers didn’t cut wages, even when unemployment was high and they knew that employees had no place to go, because they believed that morale and workplace cooperation would collapse if their employees felt that the company was exploiting a bad economy for its own gain.

The parallel should be obvious — and of course it’s a lot more important to feel that your employer won’t betray you than it is to feel good about your car service.

Is there a rigorous way to model this kind of behavior? Not yet. Someday, one suppose, we’ll be able to put it all in equations — after all, everything is quantum mechanics in the end. But two things are certain right now. One is that this kind of thing really happens; the other is that it can’t be derived from the narrow notion of maximization that underlies what passes for “microfounded” macroeconomic models in the early 21st century.

Can you live with that reality, and accept the notion that not everything you put in your model has microfoundations? If you can, you’re a saltwater economist, in some sense a Keynesian. If you can’t, you’re part of what has gone wrong with the field.

 

Uber e le guerre macro

 

Ieri ho presentato una breve storia della guerra civile in macroeconomia, con la quale ho spiegato che essa ebbe inizio sul tema della apparente rigidità dei salari e dei prezzi. Era un evidente fatto empirico che i salari non calassero durante le recessioni e che di conseguenza i mutamenti nella spesa pubblica nominale si riflettessero nella produzione reale (solo per memoria: questo NON significa che la flessibilità dei salari migliorerebbe la nostra attuale situazione; al contrario, grazie all’eccesso di debito delle famiglie, renderebbe le cose peggiori).

L’approccio keynesiano – sia del vecchio che del nuovo keynesismo –  è stato che avremmo dovuto cercar di capire questa osservazione empirica, ma che nel mentre cercavamo di arrivarci, era giusto semplicemente assumere la rigidità dei salari come una strategia di modellazione. Il punto di vista della scuola dell’ “acqua dolce” cominciò con una accattivante soluzione nei termini di comportamento razionale e informazione imperfetta che sfortunatamente risultò essere del tutto sbagliata; piuttosto che lasciar cadere le loro strategie di modellazione e l’ingegnosa matematica che le accompagnava, gli economisti dell’acqua dolce decisero di negare i fatti.

La qualcosa mi porta ad Uber,  il servizio automobilistico basato sugli smartphone. Si viene a sapere che Uber non fa pagare prezzi fissi; pratica prezzi crescenti, che dipendono dallo stato della domanda. Dunque, quando c’è una tempesta di neve o qualcosa che spinge tutti a volere una macchina contemporaneamente, i prezzi salgono – talvolta sino a sette volte.

Questo è assai sensato da un razionale punto di vista economico … e fa assolutamente infuriare le persone. Viene fuori che la gente non ha problemi con i prezzi fluttuanti quando si tratta effettivamente di un mercato impersonale – ma si arrabbia molto al minimo cenno che qualcuno con cui hanno un qualche genere di relazione duratura stia sfruttando il loro disagio. Di fatto, i prezzi   che salgono di Uber sono una forma di pubbliche relazioni davvero pessima, e non mi sorprenderei a vedere che la compagnia modifichi la sua strategia solo per uno scopo di marketing.

Cosa ha a che fare questo con le guerre della macroeconomia? Ebbene, nei passati anni ’90 l’economista Truman Bewley – un economista sino a quel punto conosciuto come raffinato teorico di microeconomia – fece qualcosa di originale sul tema dei salari e del motivo per il quale essi non scendono durante le recessioni: andò in giro a fare domande alla gente. E quello che scoprì fu che i temi della equità e della reciproca fiducia erano cruciali. I datori di lavoro non tagliavano i salari, anche quando la disoccupazione era elevata e sapevano che i loro dipendenti non avevano altri posti dove andare, perché credevano che la reciproca fiducia e la cooperazione sul luogo di lavoro sarebbero crollate se i loro impiegati avessero sentito che l’impresa stava sfruttando il difficile momento economico per il proprio profitto.

Il parallelo dovrebbe essere evidente – e naturalmente è molto più importante sentire che il vostro datore di lavoro non vi tradisce che essere a proprio agio con il vostro servizio automobilistico.

C’è un modo rigoroso per trasformare in modello questo tipo di comportamento? Non ancora. Un giorno, si può immaginare, qualcuno sarà capace di tradurre il tutto in equazioni – dopo tutto, ogni cosa alla fine si risolve in una meccanica dei quanti. Ma due cose sono certe sin d’ora. Una è che cose di questa natura realmente succedono; l’altra è che tutto questo non può essere dedotto dalla stretta nozione della massimizzazione su cui si basano quelli che vengono considerati come i ‘modelli macroeconomici fondati sulla microeconomia’ degli inizi del 21° secolo [1].

Potete vivere con questa realtà ed accettare l’idea che non tutto quello che infilate nei vostri modelli ha fondamenti ‘micro’? Se potete, siete un economista dell’ “acqua salata”, in un certo senso un keynesiano. Se non potete, fate parte di quello che non ha funzionato nella disciplina economica.



[1] Ovvero, sull’idea che la macroeconomia possa e debba consistere in una semplice estensione alle dimensioni delle società economiche dei fenomeni microeconomici.

By


Commenti dei Lettori (0)


E' possibile commentare l'articolo nell'area "Commenti del Mese"