Blog di Krugman

La condizione dell’euro in un grafico (1 gennaio 2014)

 

January 1, 2014, 10:17 am

The State of the Euro, In One Graph

Happy New Year! I’m trying to organize my thoughts and data on matters European, and I think I’ve come up with a useful way to summarize what has been happening in the euro area. In the figure below I compare the ratio of government debt to GDP (from the IMF — year-end number) with the 10-year interest rate (from the ECB) for a number of euro nations; I show two dates, the peak of the euro crisis in 2011 and a relatively recent observation:

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What you see here is that borrowing costs for the troubled euro countries have dropped a lot. But it’s not because austerity policies have brought their debt under control — debt ratios are still rising, in large part because of shrinking economies and deflation. Instead, there has been a dramatic flattening of the relationship between debt and interest rates.

Why has this happened? The timing strongly suggests that it’s mainly the Draghi effect — that the ECB’s signal that it will, in a pinch, act as sovereign lender of last resort has removed much of the fear of self-fulfilling liquidity panics. It’s possible that there has also been some reduction in the political risk premium, because European nations are proving amazingly determined to stay on the euro at almost any cost.

 

So is the euro crisis over? No — it’s not over until the debt dynamics sing, or perhaps until the debt dynamics sing a duet with internal devaluation. We have yet to see any of the crisis countries reach a point where falling relative wages are generating a clear export-led recovery, or in which austerity is actually paying off in falling debt burdens.

 

But as a europessimist, I do have to admit that it’s now possible to see how this could work. The cost — economic, human, and political — will be huge. And the whole thing could still break down. But the ECB’s willingness to step up and do its job has given Europe some breathing room.

 

La condizione dell’euro in un grafico

 

Felice Anno Nuovo! Sto cercando di organizzare i miei pensieri e i dati sulle faccende europee, e penso di aver trovato un modo utile per sintetizzare quello che sta succedendo nell’area euro. Nella figura sotto confronto il tasso del debito statale (fonte FMI – dato di fine anno) con il tasso di interesse sulle obbligazioni decennali (fonte BCE)  per un certo numero di nazioni euro; mostro due date, il picco della crisi dell’euro nel 2011 ed una osservazione relativamente recente:

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Quello che vedete è che i costi di indebitamento delle nazioni in difficoltà sono scesi molto. Ma non sono state le politiche di austerità a mettere il loro debito sotto controllo – i tassi del debito sono ancora in crescita, in larga parte per la restrizione delle economie e la deflazione. Piuttosto, c’è stato uno spettacolare appiattimento della relazione tra debito e tassi di interesse.

Perché è successo? La sequenza temporale indica che principalmente si è trattato dell’effetto Draghi – ovvero che il segnale della BCE, per il quale a fronte di un momento critico essa avrebbe agito come prestatore sovrano di ultima istanza ha rimosso gran parte dei timori di situazioni di panico per la liquidità che si autoavverano. E’ possibile che ci sia anche stata una qualche riduzione del premio per il rischio politico, giacché le nazioni europee si stanno mostrando sorprendentemente determinate a restare nell’euro a quasi ogni costo.

Dunque la crisi dell’euro è passata? No – non è passata finché c’è la musica delle dinamiche del debito, o magari finché continua il duetto delle dinamiche del debito e della svalutazione interna. Dobbiamo ancora vedere un qualsiasi paese in crisi raggiungere un punto nel quale la caduta dei salari relativi generi una chiara ripresa guidata dalle esportazioni, o nel quale l’austerità stia effettivamente ripagando con una diminuzione del peso del debito.

Ma come europessimista devo proprio ammettere che è ora possibile vedere come potrebbe avvenire. Il costo – economico, umano e politico – sarà grande. E tutta la faccenda potrebbe crollare. Ma la volontà della BCE di farsi avanti e di fare il suo mestiere ha dato all’Europa un qualche margine di respiro.

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