Blog di Krugman

La Francia dai numeri (16 gennaio 2014, blog di Krugman)

 

Jan 16, 5:22 am

France by the Numbers

“You shall not crucify mankind upon a croissant d’or.” That was Alan Taylor’s response (in correspondence) to François Hollande’s embrace of Say’s law — he literally said that “supply actually creates demand” — together with a shift to, again in his own words, supply-side policies. Kevin O’Rourke also weighs in, as did Ambrose Evans-Pritchard . Mark Thoma is your go-to site for the rapidly growing avalanche of horrified snark.

The amazing thing to me, aside from Hollande’s haplessness, is the extreme pessimism that has evidently enveloped French elite opinion. You’d think that France was a disaster area. Yet the numbers, while not good, just aren’t that dramatic.

Start with growth since the crisis. How does France stack up in the European context? Not as good as Germany, obviously. But if you compare it with other European countries — even if you leave out the troubled debtors — it doesn’t stand out as a poor performer:

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European Commission

What about declining competitiveness? It’s true that France has run consistent current account deficits in recent years, but they’re quite small:

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International Monetary Fund

France’s fiscal outlook doesn’t look at all worrying, except to the extent that it has slashed its structural deficit too much in the face of economic weakness:

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International Monetary Fund

Bond markets, which panicked during the worst of the euro crisis, don’t seem very worried at this point:

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French-German yield differential

Now, French performance has definitely been weak in recent quarters. But why? Francesco Saraceno argues, using survey evidence, that it’s demand, not supply. Inflation data also support this view:

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France, like much of Europe, seems to be flirting with deflation and very much at risk of a Japan scenario. Oh, and the IMF’s most recent Article IV consultation, while it tries to place some weight on “uncertainty” — zombies at the Fund! — still concludes that austerity policies are a large part of the story.

Again, things aren’t good. But you do have to wonder why the French elite is so easily intimidated into making a hard right turn while the elites of much worse cases like Finland and the Netherlands remain steadfast in their notion that the worse things get, the more committed they have to be to inflicting further pain.

 

La Francia dai numeri

 

“Non crocefiggerete il genere umano su un croissant d’oro!” [1]. Questa è stata la risposta di Alan Taylor (in corrispondenza) all’abbraccio da parte di François Hollande della Legge di Say (egli ha detto letteralmente che “ in verità l’offerta crea la domanda”) assieme ad uno spostamento, ancora con parole sue [2], verso politiche dal lato dell’offerta. Interviene su questo aspetto anche Kevin O’Rourke, come aveva fatto Ambrose Evans-Pritchard. Mark Thoma è il sito [3] da consultare per la valanga di scandalizzati sarcasmi.

La cosa per me sorprendente, a parte l’infortunio di Hollande, è l’estremo pessimismo che ha evidentemente coinvolto l’opinione dei gruppi dirigenti francesi. Sareste tentati di pensare che la Francia sia stata un paese disastrato. Eppure i dati, per quanto non buoni, non sono così drammatici.

Cominciamo con la crescita dal momento della crisi. Come si colloca la Francia nel contesto europeo? Non altrettanto bene della Germania, è evidente. Ma se la confrontate con gli altri paesi europei – persino se lasciate fuori i paesi debitori – la sua prestazione non spicca certo in termini negativi:

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Commissione Europea

E cosa dire del declino della competitività? E’ vero che la Francia ha realizzato consistenti deficit di conto corrente negli anni recenti, ma si tratta di dati abbastanza modesti:

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Fondo Monetario Internazionale

Le prospettive della finanza pubblica della Francia non sembrano così preoccupanti, ad eccezione del fatto che essa ha abbattuto troppo il suo deficit strutturale a fronte della debolezza dell’economia:

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Fondo Monetario Internazionale

Il mercato dei bonds, che è entrato in panico nel momento peggiore della crisi dell’euro, non sembra a questo punto particolarmente preoccupante:

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Differenziale franco-tedesco

Ora, nei trimestri recenti l’andamento della Francia è stato certamente debole. Ma perché? Francesco Saraceno sostiene, utilizzando i risultati di una indagine [4], che si tratta della domanda, non dell’offerta. Ed anche i dati sull’inflazione confortano questo punto di vista:

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La Francia, come una buona parte dell’Europa, sembra stia flirtando con la deflazione e sembra molto a rischio di uno scenario giapponese. Infine, il più recente “Article IV Consultation” del Fondo monetario Internazionale, nel mentre cerca di dare qualche credito al tema dell’ “incertezza” – ci sono zombi anche al Fondo! – conclude tuttavia che le politiche dell’austerità sono una larga parte della spiegazione.

Ripetiamolo, le cose non vanno bene. Ma dovete chiedervi perché i gruppi dirigenti francesi siano con tanta facilità intimiditi a realizzare un duro spostamento a destra mentre i gruppi dirigenti  di situazioni molto peggiori, come la Finlandia e l’Olanda, restano ben saldi nella loro idea per la quale più le cose peggiorano, maggiore impegno devono mettere nel provocare ulteriori sofferenze.


 

 


[1] La frase fu pronunciata da William Jennings Bryan nel 1896, durante la campagna elettorale nella quale egli rappresentava il Partito Democratico. Era l’epoca, tra l’altro, di un acuto scontro tra i sostenitori di una politica di ampliamento della base monetaria anche con il conio illimitato in argento, e coloro che volevano conservare il primato aureo. Gli ambienti rurali sostenevano la prima posizione, che divenne il cavallo di battaglia del neonato Partito Populista e che venne in seguito fatta propria anche dai Democratici. La frase pronunciata da Bryan era appunto rivolta ai Repubblicani, accusati di voler “crocifiggere” il popolo americana alla loro fissazione aurea. In realtà le elezioni furono vinte da William McKinley, il candidato repubblicano, il cui successo dipese fondamentalmente dal risultato degli Stati del Nord e dell’Est.

Alan Taylor, economista americano e docente alla Università della California – in quella che sembra essere una corrispondenza privata con Krugman, ironizza sulle recenti posizioni espresse da Hollande, trasformando la “croce” in un “croissant” aureo.

[2] Di Hollande.

[3] Il blog di Mark Thoma “Economist’s View” contiene un ampio resoconto delle varie posizioni espresse sul discorso di Hollande, che da noi hanno provocato dibattito soprattutto per la vicenda sentimentale.

[4] Saraceno, nel suo blog che titola “Sparse thoughts of a gloomy european economist” (“Pensieri sparsi di un economista europeo avvilito”) presenta e commenta questi risultati di una indagine condotta tre le imprese francesi, alle quali era stato chiesto quali principali motivi di difficoltà segnalassero (il dato in blu indica “difficoltà nella domanda”, quello in giallo “difficoltà nell’offerta”, quello in rosso “nessuna difficoltà”, quello in viola “difficoltà sia nella domanda che nell’offerta”):

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