Blog di Krugman

La ragione per una migliore (misurazione della) Disoccupazione (17 gennaio 2014)

 

Jan 17, 8:54 am

The Case for a Better U

Unemployment has fallen a lot recently, but for a peculiar reason: not so much rising employment as a falling share of the population actively looking for work. This has sparked a debate over how much of the decline in labor force participation reflects a weak job market — why bother looking? — and how much demography, changing culture, and all that. And it looks like one of those debates that will go on, unresolved, for a long time — certainly past the point where a decisive win for one side or the other can inform policy.

Luckily, Jan Hatzius of Goldman Sachs makes a very good point: the headline unemployment rate is only one of several measures (it’s actually U3), and given our uncertainty about what’s going on it makes sense to also look at broader measures, notably U6, which counts discouraged and marginally attached workers. Normally all of the Us move in tandem, but lately, not so much.

Here’s my version: a scatterplot of U6 versus U3 since the U6 numbers became available in 1994, with data points up to June 2009 — the start of the official recovery — in blue, those after in red. The black line shows the average relationship before the current recovery.

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What you can see is that the two measures are telling different stories: U3 is considerably lower than you would have predicted using U6, and the labor market looks much worse using the broader measure.

My take on this is that at the very least you should look at both measures; it’s obvious from the figure that doing so would lead you to conclude that the economy still has a lot of slack, something confirmed by low inflation. This economy needs more, not less, stimulus.

 

La ragione per una migliore (misurazione della) Disoccupazione

 

Di recente la disoccupazione è molto calata, ma per una ragione peculiare: non tanto per una crescita dell’occupazione, quanto per una diminuzione della quota di popolazione che sta attivamente cercando lavoro. Questo ha scatenato il dibattito su quanto il declino della partecipazione alla forza lavoro rifletta un debole mercato del lavoro – perché disturbarsi a cercare? – e quanto dipenda dalla demografia, dal mutamento di cultura e da tutto il resto. E sembra uno di quei dibattiti che procederà a lungo, senza una soluzione – certamente oltre il punto in cui una vittoria dell’una o dell’altra parte potrebbe influenzare la politica.

Fortunatamente, Jan Hatzius avanza un ottimo argomento: il tasso complessivo di  disoccupazione [1] è soltanto uno dei vari metri di misura (si tratta in effetti della cosiddetta U3), e data la nostra incertezza su cosa sta succedendo è sensato anche guardare ad altre misurazioni più generali, in particolare alla U6, che conteggia i lavoratori scoraggiati e marginalmente impegnati. Normalmente tutte le varie misure della disoccupazione si muovono in sincronia, ma di recente non molto.

Ecco la mia versione: un grafico a diffusione dello U6 a confronto con lo U3, dal momento in cui i dati sull’U6 sono diventati disponibili nel 1994, con i dati sino a giugno del 2009 – la partenza della ripresa ufficiale – che si evidenziano in blu, e gli altri successivi in rosso. La linea nera mostra la relazione media prima della ripresa attuale.

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Quello che si vede è che le due misurazioni stanno raccontando storie diverse [2]: la U3 è considerevolmente più bassa di quello che si sarebbe previsto utilizzando la U6, ed il mercato del lavoro appare molto peggiore utilizzando la misurazione più generale.

La mia opinione su questo è che almeno si dovrebbe guardare ad entrambe le misurazioni; è evidente dalla figura che facendo così si sarebbe indotti a concludere che l’economia è ancora molto fiacca, circostanza confermata dalla inflazione bassa. Questa economia ha bisogno di maggiori, non di minori, misure di sostegno.



[1] Traduco “tasso di disoccupazione complessivo” per analogia a come trovo spesso tradotto in italiano “headline inflation” (in opposizione a “core inflation”, che è invece una misurazione “ridotta” dell’inflazione, o “sostanziale”, basandosi sui dati che escludono i generi che sul mercato hanno molta variabilità). Ma il senso di quel “complessivo”, mi pare e per essere precisi, non è quello di “totale”, bensì quello che deriva letteralmente dal suo significato comune di “titolo di giornale” (“linea di testa”), ovvero di “formulazione sintetica”, nel senso che un titolo normalmente sintetizza il contenuto più ampio di un articolo.

In ogni caso, vedi il Dizionario on-line di Cambridge, significa precisamente: “Il tasso di disoccupazione che è basato sul numero di persone che dicono di non avere un posto di lavoro e di stare cercando lavoro”.

[2] E’ doveroso tentare una interpretazione, se non altro per confessare la mia ignoranza. 1) In un grafico a dispersione, i dati singoli, rappresentati dai tondini, sono rilevazioni che si collocano senza una obbligata sequenza temporale, che può essere variabile. Però il fatto che i dati si addensino in zone particolari, mostra alla fine le diverse caratteristiche dei diversi periodi che si esaminano; 2) il periodo complessivo dovrebbe andare dal 1994 al 2013, ovvero riguardare 19 anni; 3) la collocazione delle singole rilevazioni mostra due valori, il valore ristretto – ovvero relativo ad una misurazione della disoccupazione ristretta, come per la U3 – che si legge in riferimento alla linea verticale (ordinata) e quello più largo – la U6, che si bada su una nozione più ampia di disoccupati – che si legge in relazione alla linea orizzontale (ascissa). Dunque, ogni periodo di rilevazione è rappresentato da un ‘tondino’ che si colloca nella figura esprimendo due valori, uno in relazione alla linea verticale ed uno in relazione a quella orizzontale; 4) I dati in blu sembrano tutti indicativi del periodo che va dal 1994 al 2009, mentre quelli in arancione mostrerebbero il periodo successivo; 5) Se questa interpretazione è giusta, il periodo 1994/2009 avrebbe mostrato una evoluzione della disoccupazione che quanto al valore U3 varia da un minimo di 4 ad un massimo tra il 6 ed il 7, e quanto a quella più ampia del valore U6 da un valore 7 ad un valore massimo di 11. Invece il periodo degli anni più recenti per la misurazione ristretta passerebbe da circa 7 a circa 10, per quella più ampia da un valore superiore vicino a 17 ad un valore inferiore vicino a 13.

Forse l’aspetto più significativo è che il ‘tondino’ che viene indicato come la rilevazione più recente esprimerebbe un valore di disoccupazione ristretta inferiore a 7 ed un valore di disoccupazione più larga superiore a 13, e la differenza è davvero notevole.

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