Blog di Krugman

Sull’ultima guerra combattuta (sulla povertà) (8 gennaio 2014)

 

January 8, 2014, 2:10 am

On Fighting the Last War (On Poverty)

Sorry about radio silence — I’ve been on the road, and busy. And I still am.

I wanted, however, to say something about the 50th anniversary of Lyndon Johnson’s War on Poverty.

By 1980 or so, as the linked CBPP piece says, there was widespread consensus that the WoP had failed. As CBPP also says, that conclusion doesn’t stand up once you do the numbers right: poverty measures that take into account government aid — aid of the kind provided by the war on poverty! — do show a significant decline since the 1960s. There’s more sheer misery in America than there should be, but less than there was.

Even so, progress against poverty has obviously been disappointing. But why? Here’s where it’s important to realize that conservatives are stuck with a fossil narrative — a story about persistent poverty that may have had something to it three decades ago, but is all wrong now.

The narrative in the 1970s was that the war on poverty had failed because of social disintegration: government attempts to help the poor were outpaced by the collapse of the family, rising crime, and so on. And on the right, and to some extent in the center, it was often argued that government aid was if anything promoting this social disintegration. Poverty was therefore a problem of values and social cohesion, not money.

That was always much less true than the elite wanted to believe; as William Julius Wilson showed long ago, the decline of urban employment opportunities actually had a lot do with the social disintegration. Still, there was something to it.

But that was a long time ago. These days crime is way down, so is teenage pregnancy, and so on; society did not collapse. What collapsed instead is economic opportunity. If progress against poverty has been disappointing over the past half century, the reason is not the decline of the family but the rise of extreme inequality. We’re a much richer nation than we were in 1964, but little if any of that increased wealth has trickled down to workers in the bottom half of the income distribution.

The trouble is that the American right is still living in the 1970s, or actually a Reaganite fantasy of the 1970s; its notion of an anti-poverty agenda is still all about getting those layabouts to go to work and stop living off welfare. The reality that lower-end jobs, even if you can get one, don’t pay enough to lift you out of poverty just hasn’t sunk in. And the idea of helping the poor by actually helping them remains anathema.

Will it ever be possible to move this debate away from welfare queens and all that? I don’t know. But for now, the key to understanding poverty arguments is that the main cause of persistent poverty now is high inequality of market income — but that the right can’t bring itself to acknowledge that reality.

 

Sull’ultima guerra combattuta (sulla povertà)

 

Mi dispiace per il silenzio sul blog – sono stato in viaggio, e occupato. E lo sono ancora.

Tuttavia voleva dire qualcosa sul 50° anniversario della Guerra alla povertà di Lyndon Johnson [1].

Attorno all’incirca al 1980, come il (precedente) pezzo in connessione del Center of budget and Policy Priorities  afferma, c’era un consenso generale nel ritenere che la ‘guerra alla povertà’ avesse fallito. Come sempre il CBPP dice, quella conclusione non sta in piedi se si guardano con attenzione i dati: i numeri sulla povertà che tengono conto degli aiuti del Governo –  aiuti del genere di quelli forniti dalla guerra sulla povertà! – a partire dagli anni ’60 hanno mostrato un significativo declino. C’è una vera e propria maggiore miseria in America  rispetto a quanta ve ne dovrebbe essere, ma meno grande di quanta non ve ne fosse.

Anche così, i progressi contro la povertà sono stati evidentemente deludenti. Ma perché? E’ qua dove è importante comprendere quanto i conservatori siano bloccati in un racconto fossilizzato – un racconto sulla perdurante povertà che può aver avuto qualche fondamento tre decenni orsono, ma è completamente sbagliato oggi.

La storia degli anni ’70 fu che la guerra sulla povertà mancò i suoi obbiettivi a causa della disintegrazione sociale: i tentativi del Governo nell’aiutare i poveri vennero lasciati indietro dal collasso delle famiglie, dalla crescita del crimine, e da altro ancora. E a destra, in qualche misura anche al centro, si sostenne spesso che l’aiuto del Governo stava semmai promuovendo la disintegrazione sociale. La povertà era di conseguenza un problema di valori e di coesione sociale, non di soldi.

Tutto questo era molto meno vero di quanto non volessero credere le classi dirigenti; come William Julius Wilson [2] sostenne molto tempo fa, il declino delle opportunità di occupazione urbana in verità influì molto nella disintegrazione sociale. Eppure, c’era qualcosa di vero.

Ma questo accadeva molto tempo fa. Di questi tempi il crimine è calato, lo stesso è accaduto con la tendenza a far figli delle adolescenti, e con tutto il resto; la società non ha collassato. Quello che invece ha collassato sono le opportunità economiche. Se i risultati contro la povertà sono stati deludenti nel mezzo secolo passato, la ragione non è il declino della famiglia ma la crescita di una ineguaglianza estrema. Siamo una nazione molto più ricca di quanto non fossimo nel 1964, ma poco o punto di quello che è cresciuto nella ricchezza si è distribuito in basso ai lavoratori della metà della fascia più bassa della distribuzione del reddito.

Il guaio è che la destra americana sta ancora vivendo negli anni ’70, o magari nelle fantasie reaganiane degli anni ’70; la sua idea di una agenda contro la povertà consiste ancora interamente nel mandare al lavoro tutti quegli sfaccendati, smettendo di farli campare di assistenza. La realtà per la quale i lavori ai livelli più bassi, ammesso che se ne possa trovare, non vi danno abbastanza mezzi per risalire dalla povertà, semplicemente non gli è entrata in testa. E l’idea di aiutare i poveri aiutandoli effettivamente resta una bestemmia.

Sarà mai possibile portar fuori questo dibattito dalle storie delle ‘regine dell’assistenza’ [3] e cose del genere?  Non lo so. Ma per adesso, la chiave per comprendere gli argomenti sulla povertà è che di questi tempi la causa principale della persistente povertà è l’elevata ineguaglianza dei redditi sul mercato – mentre la destra non può giungere a riconoscere questo dato di fatto.



[1] L’8 gennaio 1964, in un famoso discorso sullo Stato dell’Unione, Lyndon Johnson lanciò la “Guerra alla povertà”. La legislazione che si intese promuovere era una risposta ad un tasso di povertà che in quegli anni era giunto al 19 per cento. Il discorso spinse il Congresso ad approvare la  Legge sulle Opportunità Economiche, con la quale fu tra l’altro istituito un Ufficio delle opportunità economiche che avrebbe dovuto gestire le iniziative assistenziali ai livelli locali. La popolarità del tema delle azioni contro la povertà cominciò a svanire con la fine degli anni ’60.

[2] William Julius Wilson è un sociologo statunitense nato nel 1935, che ha insegnato all’Università di Chicago, dal 1972 al 1996, e poi a quella di Harvard. I suoi studi sulla povertà, particolarmente sulle condizioni degli afroamericani, hanno contribuito in particolare a mettere in evidenza la complessa interazione di fenomeni politici e culturali – la cultura dei ghetti e l’intera storia dei diritti civili – e di fenomeni socioeconomici, quali quelli della evoluzione di molte metropoli americane, che hanno conosciuto grandi fenomeni di decentramento dell’occupazione. Tra l’altro mostrò come il fenomeno delle donne afroamericane sole e con figli spesso derivasse semplicemente dalla resistenza delle donne di colore a riconoscere i padri dei loro figli attraverso regolari matrimoni, sinché i padri non potevano mantenere una famiglia con redditi almeno paragonabili agli aiuti delle famiglie di origine.

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[3] L’espressione “Regine della assistenza’ venne coniata da Ronald Reagan per giustificare il suo attacco alle leggi assistenziali. A suo dire c’erano appunto signore – prevalentemente afroamericane – che andavano in Cadillac a ritirare i sussidi assistenziali …

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