Articoli sul NYT

Cancellare i disoccupati, di Paul Krugman (New York Times 9 febbraio 2014)

 

Writing Off the Unemployed

Paul Krugman  

Back in 1987 my Princeton colleague Alan Blinder published a very good book titled “Hard Heads, Soft Hearts.” It was, as you might guess, a call for tough-minded but compassionate economic policy. Unfortunately, what we actually got — especially, although not only, from Republicans — was the opposite. And it’s difficult to find a better example of the hardhearted, softheaded nature of today’s G.O.P. than what happened last week, as Senate Republicans once again used the filibuster to block aid to the long-term unemployed.

What do we know about long-term unemployment in America?

First, it’s still at near-record levels. Historically, the long-term unemployed — those out of work for 27 weeks or more — have usually been between 10 and 20 percent of total unemployment. Today the number is 35.8 percent. Yet extended unemployment benefits, which went into effect in 2008, have now been allowed to lapse. As a result, few of the long-term unemployed are receiving any kind of support.

Second, if you think the typical long-term unemployed American is one of Those People — nonwhite, poorly educated, etc. — you’re wrong, according to research by the Urban Institute’s Josh Mitchell. Half of the long-term unemployed are non-Hispanic whites. College graduates are less likely to lose their jobs than workers with less education, but once they do they are actually a bit more likely than others to join the ranks of the long-term unemployed. And workers over 45 are especially likely to spend a long time unemployed.

Third, in a weak job market long-term unemployment tends to be self-perpetuating, because employers in effect discriminate against the jobless. Many people have suspected that this was the case, and last year Rand Ghayad of Northeastern University provided a dramatic confirmation. He sent out thousands of fictitious résumés in response to job ads, and found that potential employers were drastically less likely to respond if the fictitious applicant had been out of work more than six months, even if he or she was better qualified than other applicants.

 

What all of this suggests is that the long-term unemployed are mainly victims of circumstances — ordinary American workers who had the bad luck to lose their jobs (which can happen to anyone) at a time of extraordinary labor market weakness, with three times as many people seeking jobs as there are job openings. Once that happened, the very fact of their unemployment made it very hard to find a new job.

So how can politicians justify cutting off modest financial aid to their unlucky fellow citizens?

Some Republicans justified last week’s filibuster with the tired old argument that we can’t afford to increase the deficit. Actually, Democrats paired the benefits extension with measures to increase tax receipts. But in any case this is a bizarre objection at a time when federal deficits are not just falling, but clearly falling too fast, holding back economic recovery.

For the most part, however, Republicans justify refusal to help the unemployed by asserting that we have so much long-term unemployment because people aren’t trying hard enough to find jobs, and that extended benefits are part of the reason for that lack of effort.

 

Cancellare i disoccupati, di Paul Krugman

New York Times 9 febbraio 2014

 

Nel passato 1987 il mio collega a Princeton Alan Blinder pubblicò un libro molto bello dal titolo “Teste dure, cuori teneri”. Era, come vi potete immaginare, un appello ad una politica economica determinata ma umana. Sfortunatamente, quello che effettivamente avemmo – soprattutto, ma non solo, da parte dei repubblicani – fu il contrario. Ed è difficile trovare un esempio migliore della natura opposta del Partito Repubblicano di oggi – diciamo “cuori duri e teste rammollite” – di quello che è accaduto la scorsa settimana, quando i repubblicani del Senato hanno utilizzato ancora una volta l’ostruzionismo per bloccare gli aiuti ai disoccupati a lungo termine.

Cosa sappiamo della disoccupazione a lungo termine in America?

Prima di tutto, che è ancora a livelli quasi da record. Storicamente, i disoccupati a lungo termine – coloro che restano fuori dal lavoro per 27 settimane e più – sono stati di solito tra il 10 e il 20 per cento dei disoccupati totali. Oggi il numero è 35,8 per cento. Eppure adesso si è consentito che andassero a scadenza i sussidi per la disoccupazione prolungata, che erano entrati in funzione nel 2008. Il risultato è che tra i disoccupati a lungo termine sono rimasti in pochi a ricevere un qualsiasi tipo di sostegno.

In secondo luogo, se vi immaginate che il tipico americano disoccupato a lungo termine faccia parte di “quella gente” [1] – non bianchi, con modesta istruzione, etc. – secondo la ricerca di Josh Mitchell dell’ Urban Institute, vi sbagliate. Metà dei disoccupati a lungo termine sono bianchi non ispanici. I laureati è meno probabile che perdano i posti di lavoro dei lavoratori con minore istruzione, ma una volta che accade hanno più probabilità degli altri di raggiungere le fila dei disoccupati a lungo termine. E per i lavoratori sopra i 45 anni è particolarmente probabile passare da disoccupati un lungo periodo.

In terzo luogo, in un mercato del lavoro debole la disoccupazione tende ad autoperpetuarsi, perché i datori di lavoro in effetti discriminano coloro che sono senza lavoro. Molte persone hanno sospettato che la realtà fosse questa, e l’anno passato Rand Ghayad della Northeastern University ha fornito una conferma drammatica. Ha spedito migliaia di curricula fittizi in risposta ad avvisi di lavoro, ed ha scoperto che era drasticamente meno probabile che i potenziali datori di lavoro rispondessero ai candidati fittizi che si descrivevano fuori dal lavoro per più di sei mesi, anche se essi, uomini o donne, erano molto più qualificati degli altri candidati.

Da tutto ciò deriva che i disoccupati a lungo termine sono principalmente vittime delle circostanze – lavoratori americani comuni che hanno avuto la sfortuna di perdere il loro posto di lavoro (cosa che può accadere a chiunque) in un periodo di straordinaria debolezza del mercato del lavoro, nel quale le persone che cercano lavoro sono il triplo dei posti disponibili. Una volta che accade, il solo fatto di essere disoccupati rende difficile trovare un nuovo posto.

Come possono dunque uomini politici giustificare il taglio di un modesto aiuto finanziario ai loro concittadini?

Alcuni repubblicani, la settimana scorsa, hanno giustificato l’ostruzionismo con il vecchio trito argomento del deficit che non ci potremmo permettere di aumentare. Per la verità, i democratici avevano accompagnato la prosecuzione dei sussidi con misure per incrementare le entrate fiscali. Ma in ogni caso questa è una obiezione bizzarra in un periodo nel quale i deficit federali non solo stanno scendendo, ma chiaramente stanno scendendo anche troppo rapidamente, trattenendo la ripresa economica.

 Per la maggior parte, tuttavia, i repubblicani giustificano il rifiuto di aiutare i disoccupati sostenendo che abbiamo una disoccupazione di lungo periodo talmente elevata perché la gente non cerca a sufficienza il lavoro, e che la proroga dei sussidi è in parte una ragione per tale mancato impegno.

Persone che dicono cose del genere – persone, ad esempio, come il Senatore Rand Paul – probabilmente si immaginano di essere determinate e realistiche. Di fatto, tuttavia, mettono in circolazione una fantasia che è smentita da ogni prova. Ad esempio: se la disoccupazione è elevata perché le persone non hanno voglia di lavorare, perché i salari non crescono, stante la riduzione dell’offerta di lavoro?

Ma le prove hanno una famigerata inclinazione progressista. Più la loro dottrina economica non funziona – ricordate come si pensava che le iniziative della Fed avrebbero prodotto una inflazione fuori controllo? – più appassionatamente i conservatori si aggrappano a quella dottrina. Più di cinque anni dopo una crisi finanziaria che ha precipitato il mondo occidentale in quella che sempre di più appare come una crisi permanente, rendendo insensata l’ortodossia del libero mercato, è difficile trovare un repubblicano, uomo o donna, che abbia modificato la sua mentalità su qualcosa.

E l’impermeabilità ai fatti va di pari passo con una stupefacente mancanza di umanità.

Se seguite i dibattiti sulla disoccupazione, è impressionante quanto sia arduo trovare qualcuno, sul fronte dei repubblicani, che abbia almeno un moto di simpatia per coloro che restano a lungo senza lavoro. Essere disoccupati è sempre presentata come una scelta, come qualcosa che può accadere solo a perdenti che in realtà non hanno voglia di lavorare. In effetti, quello che spesso si percepisce è che anzitutto viene il disprezzo per i disoccupati, e che le presunte giustificazioni per politiche inflessibili siano solo razionalizzazioni successive.

Il risultato è che milioni di americani sono stati in sostanza cancellati – respinti dai potenziali datori di lavoro, abbandonati da uomini politici le cui concezioni nebulose fanno il paio soltanto con la loro disumanità.



[1] Espressione spesso usata per indicare l’ostilità delle persone di destra nei confronti di tutti coloro che sono in condizioni di disagio sociale, non priva ancora oggi di un esplicito riferimento razziale.

By


Commenti dei Lettori (0)


E' possibile commentare l'articolo nell'area "Commenti del Mese"