Blog di Krugman

Giornalismo di second’ordine (7 febbraio 2014)

 

Feb 7, 9:25 am

Second-Order Journalism

Dave Weigel looks at the disastrous initial media handling of the CBO report — CBOghazi, hah! — and addresses one of my pet peeves: reporting that skips right past the actual policy issues to speculation about how they will play politically. I think of this as “second-order” reporting, and it’s almost always a bad thing.

I wrote about this during the 2004 campaign, when I actually did some painful research, wading through two months of TV news transcripts. What I found:

Mr. Kerry proposes spending $650 billion extending health insurance to lower- and middle-income families. Whether you approve or not, you can’t say he hasn’t addressed the issue. Why hasn’t this voter heard about it?

Well, I’ve been reading 60 days’ worth of transcripts from the places four out of five Americans cite as where they usually get their news: the major cable and broadcast TV networks. Never mind the details – I couldn’t even find a clear statement that Mr. Kerry wants to roll back recent high-income tax cuts and use the money to cover most of the uninsured. When reports mentioned the Kerry plan at all, it was usually horse race analysis – how it’s playing, not what’s in it.

Now, it pains me to admit it, but by and large reporting on policy issues actually has gotten better since then. But you still see the old, lazy style pop up now and then. In this case, I suspect that one main reason reporters slid back was to cover their own embarrassment at initially getting the substance wrong. But it’s still worth saying that this is the wrong way to go.

Weigel actually makes a point beyond the one I made back in 2004. Not only does second-order reporting deny readers/viewers the information they should be getting; the truth is that nobody knows how any particular news item will play politically.What the political scientists tell us, in fact, is that most of what gets reported on in political journalism matters not at all: elections are primarily determined by economic developments and occasionally war, not by gaffes and all that. So reporting on the journalist’s view of how the perceptions of a budget document will affect the next election is a purely destructive action: not only does it divert scarce time and resources from reporting on the actual policy issue, it has zero value even in its ostensible goal of predicting future political developments.

I’m not against all political reporting: it has to be done, and colorful anecdotes are part of what motivates people to read newspapers. But substance should always come first. And if reporters don’t understand the substance well enough — if they don’t know enough about the economics of health reform to tell the difference between job loss and reduced labor supply — they should defer to or consult with someone who does before writing.

 

Giornalismo di second’ordine

 

Dave Weigel osserva la disastrosa gestione iniziale da parte dei media del rapporto del CBO – proprio una specie di Bengasi del CBO! [1]  – e si rivolge ad uno dei miei argomenti favoriti: un giornalismo che salta proprio a piè pari i temi di sostanza della politica, per speculare su come essi giocheranno  nella partita politicista [2]. Penso che si tratti di un giornalismo di second’ordine, ed è quasi sempre una cosa negativa.

Scrissi su questo durante la campagna presidenziale del 2004, quando feci effettivamente una faticosa ricerca, passando in mezzo a due mesi di trascrizioni di notiziari televisivi. Ecco cosa trovai:

“Il signor Kerry propone di spendere 650 miliardi di dollari per estendere l’assicurazione sanitaria alle famiglie con i redditi medi e più bassi. Che siate o meno d’accordo, non potete dire che non abbia affrontato le questione. Perché questo elettore non ne aveva sentito parlare?

Ebbene, mi sono letto l’equivalente di trascrizioni da quattro emittenti su cinque che gli americani citano come le trasmissioni dalle quali normalmente ricevono le loro notizie; le reti importanti delle televisioni via cavo e via etere. I dettagli non sono importanti – non ho potuto trovare nemmeno una chiara dichiarazione secondo la quale Kerry vuole ridurre i recenti sgravi fiscali sui redditi alti ed usare quel denaro per dare copertura a gran parte dei non assicurati. Quando i resoconti menzionavano in qualche modo il programma di Kerry, si trattava normalmente di una analisi come alle corse di cavalli – che effetto stanno facendo, non cosa sono in se stessi.”

Ora, mi addolora ammetterlo, ma i resoconti sui temi politici sono in verità diventati migliori da allora. Ma si può ancora constatare il vecchio, pigro stile saltar fuori qua e là. Suppongo che la principale ragione per la quale i giornalisti sono scivolati indietro sia stata per coprire il loro imbarazzo nell’avere inizialmente inteso la sostanza in modo sbagliato. Eppure è il caso di dire che non è questo il modo di procedere.

Effettivamente, Weigel pone una questione che va oltre quello che io scrissi nel 2004. Non solo un giornalismo di second’ordine in sostanza nega ai lettori/osservatori l’informazione che dovrebbero ottenere; la verità è che nessuno sa come un qualsiasi articolo di notizie giocherà sul piano politico. Quello che gli scienziati della politica ci dicono, è che gran parte delle cose di ciò che viene riportato dal giornalismo politico non ha alcuna importanza: le elezioni sono principalmente determinate dagli sviluppi economici e in certi casi dalle guerre, non dalle gaffe o da cose del genere. Dunque un resoconto sulla base del punto di vista del giornalista su come le percezioni di un documento di bilancio influenzeranno le prossime elezioni è una iniziativa puramente distruttiva: non solo essa distrae tempo e risorse limitate dall’informare sui temi politici effettivi, ha anche un valore nullo nel suo apparente obbiettivo di prevedere sviluppi politici futuri.

Io non sono contrario a tutti i servizi giornalistici sulla politica; ci devono essere, e aneddoti coloriti sono in parte quello che motiva la gente a leggere i giornali. Ma la sostanza dovrebbe sempre venire per prima. E se i cronisti non afferrano la sostanza in modo adeguato – se non conoscono abbastanza l’economia della riforma sanitaria per raccontare la differenza tra il perdere posti di lavoro e ridurre l’offerta di lavoro – dovrebbero differire o consultare qualcuno che conosce le cose prima di scrivere.



[1] Espressione che K. di recente declina in vari modi e che prende spunto dalla polemica repubblicana dopo i fatti di Bengasi e l’assalto alla sede diplomatica americana. Ovvero, una vicenda che si è giocata sulla iniziale convinzione che il rapporto del CBO fosse il ‘de profundis’ della riforma di Obama; salvo che quella convinzione sta un po’ alla volta scemando. Tutti gli argomenti che sembrano alla destra formidabili e poi si sfarinano sono casi di “bengasizzazione”.

[2] “Policy” è soprattutto la politica dei programmi, delle linee politiche e delle scelte sostanziali; ‘politics’ è soprattutto la politica della relazioni, dei rapporti tra i partiti e le persone. Nel primo caso lo stesso sostantivo ‘policy’ si usa in forma aggettivale (“policy maker”); nel secondo caso l’aggettivo è “political” e l’avverbio “politically”. Noi tendiamo ad usare il termine ‘politica’ per entrambe le sottolineature; se proprio ci siamo costretti parliamo nel secondo caso di ‘politicismo’.

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