February 14, 2014, 7:39 am
Jonathan Gruber is mad as hell, and he’s not going to take it anymore. The eminent health care economist and health reform architect is annoyed at Casey Mulligan’s latest, which misrepresents Gruber’s views; mine too.
Gruber is right to be mad: that was a disgraceful, deceptive column. But I think you also want to put it into a larger picture: the enduring myth of the stupid progressive economist.
So about Mulligan: As Gruber documents, he pulls multiple fast ones, asserting things that he says are conclusions of the CBO report when they aren’t — they’re his own views, pulled out of, um, thin air, or maybe someplace else, which he is projecting onto the budget office to make them seem authoritative.
Beyond that, Mulligan tells his readers that both Gruber and I are too dumb or craven to admit that the disincentives to work created by some aspects of the Affordable Care Act impose economic costs. One suspects that Mulligan didn’t actually read either of the pieces he links to. If he had, he would have found this from Gruber:
But the likelihood of voluntary reductions in work is not the only issue. The CBO also projects work reduction by individuals who cut back on hours or avoid moving up the job ladder because they don’t want to lose Medicaid eligibility, or because they don’t want to make so much in wages that they would lose tax credits to help pay insurance premiums. Unlike voluntary job leaving, this second kind of work reduction would entail real economic distortions and be a cost, not a benefit.
And this from me:
Just to be clear, the predicted long-run fall in working hours isn’t entirely a good thing. Workers who choose to spend more time with their families will gain, but they’ll also impose some burden on the rest of society, for example, by paying less in payroll and income taxes. So there is some cost to Obamacare over and above the insurance subsidies. Any attempt to do the math, however, suggests that we’re talking about fairly minor costs, not the “devastating effects” Mr. Cantor asserted in his next post on Twitter.
So both of us acknowledge that there are incentive effects and that they have a cost; but both of us argue on quantitative grounds that the cost isn’t large. Hardly the doctrinaire liberalism Mulligan thinks he sees.
Oh, and bonus misrepresentation: Mulligan:
Paul Krugman goes even further and calls it “misrepresentations” to interpret the marginal tax rate provisions of the Affordable Care Act as destructive.
No, I didn’t — I called talk about “2 million jobs destroyed” a misrepresentation, because it is. Who says so? The CBO itself.
On to the broader point. What one sees in this particular Mulligan piece is something I encounter all the time, in many contexts: the myth of the stupid progressive economist.
It works like this: Conservatives in general, and conservative economists in particular, often have a very narrow vision of what economics is all about — namely supply, demand, and incentives. Anything that interferes with the sacred functioning of markets or reduces the incentive to produce must be a bad thing; any time a progressive economist supports policies that don’t fit neatly into this orthodoxy, it must be because he doesn’t understand Econ 101. And conservative economists are so sure of this that they can’t be bothered to actually read what the progressives write — at the first hint of deviation from laissez-faire, they stop paying attention and begin debating with the stupid progressive in their mind, not the real economist out there.
As a result, many conservatives seem utterly unable to take on board the notion that people like Jon Gruber or yours truly might understand Econ 101, but also believe with good reason that you need to go beyond that point.
On the health care issue: yes, there are incentive effects — as there are with all insurance, by the way. But there’s also good reason to believe that there’s a major market imperfection in the form of job lock, and that even aside from this, there are important benefits to expanding health insurance that must be weighed against any costs. All of that is, in brief, in both of the pieces Mulligan denounces, and there at much greater length in our other writings; but as so often happens, conservatives develop problems of reading comprehension whenever such issues come up.
I’ve encountered similar responses on many other issues. You say that deficit spending is helpful in a depressed economy? You must be saying that deficits and bigger government are always good, which is stupid hahaha. You say that increasing unemployment benefits in a demand-constrained economy can create jobs? But you also said once upon a time that unemployment insurance can raise the natural rate of unemployment, so you’re stupid hahaha.
Well, somebody’s being stupid, anyway.
I can’t resist going back to the 2009 debate over stimulus, when one after another, prominent conservative economists dismissed calls for a temporary increase in spending as being clearly stupid and/or corrupt, because accounting identities, or maybe the effect of expected future taxes, clearly showed that stimulus made no sense. Along the way these notables reinvented classic conceptual errors from 80 years ago and added a few new howlers too; yet their faith in the proposition that progressive economists must be idiots never wavered.
But then John Stuart Mill knew all about this.
La stupidità nel dibattito economico
Jonathan Gruber è fuori di sé dalla rabbia, e non ha intenzione di subire più oltre. L’eminente economista di assistenza sanitaria nonché architetto della riforma sanitaria è irritato per l’ultimissima presa di posizione di Casey Mulligan, che deforma le opinioni di Gruber, e quelle del sottoscritto.
Gruber ha ragione ad essere furioso: si tratta di un articolo vergognoso e ingannevole. Ma penso che si debba anche collocarlo in un quadro più ampio: l’eterno mito dell’economista progressista stupido.
Dunque, a proposito di Mulligan: come Gruber documenta, egli accosta rapidamente un insieme di cose, presentandole come conclusioni del rapporto del CBO, mentre non lo sono – sono sue opinioni personali, dedotte in genere dal nulla, o magari da qualche altra sede, che egli intitola all’Ufficio del bilancio per renderle più autorevoli.
Oltre a ciò, Mulligan racconta ai suoi lettori che Gruber ed io siamo troppo sciocchi o vili per ammettere che i disincentivi a lavorare creati da alcuni aspetti della Legge sulla Assistenza Sostenibile comportino costi economici. In verità, viene il dubbio che Mulligan non abbia letto alcun articolo al quale si riferisce. Se l’avesse fatto, da parte di Gruber avrebbe trovato queste parole:
“Ma la probabilità di riduzioni volontarie del lavoro non sono l’unico tema. Il CBO prevede anche una riduzione del lavoro da parte di persone che tagliano i loro orari o rifiutano di far carriera sulla scala dei posti di lavoro perché non vogliono perdere le condizioni per aver diritto a Medicaid, o perché non vogliono realizzare compensi che gli farebbero perdere i crediti di imposta che contribuiscono a pagare i premi assicurativi. Diversamente dall’abbandono volontario del posto di lavoro, questo secondo genere di riduzione del lavoro comporterebbe distorsioni economiche vere e proprie e sarebbe un costo, non un beneficio.”
Nonché queste mie parole:
“Solo per chiarezza, la prevista diminuzione a lungo termine in ore lavorate non è interamente una cosa positiva. I lavoratori che hanno scelto di spendere più tempo con le loro famiglie avranno un vantaggio, ma imporranno anche un qualche peso al resto della società, ad esempio pagando meno tasse sugli stipendi e sui redditi. Dunque c’è un qualche costo della riforma della assistenza di Obama che va oltre e si aggiunge ai sussidi per l’assicurazione. Ogni tentativo di fare due conti, tuttavia, indica che stiamo parlando onestamente di costi minori, non degli ‘effetti devastanti’ che il signor Cantor asserisce nel suo successivo post su Twitter.”
Tutti e due, dunque, riconosciamo che ci sono effetti di incentivazione e che hanno un costo; ma entrambi sosteniamo che in termini quantitativi il costo non è ampio. Tutt’altro che il progressismo dottrinario che Mulligan crede di vedere.
Inoltre, e come mistificazione aggiuntiva, scrive Mulligan:
“Paul Krugman va persino oltre e definisce ‘mistificazioni’ l’interpretare come distruttive le aliquote fiscali marginali della Legge sulla Assistenza Sostenibile.”
No, non l’ho detto – io ho chiamato ‘mistificazione’ il parlare di ‘due milioni di posti di lavoro distrutti’, perché è tale. Come lo so? Lo dice il CBO medesimo.
Sul punto più generale: quello che si constata in questo particolare articolo di Mulligan è qualcosa che io incontro di continuo, in molti contesti: il mito dell’economista progressista stupido.
Funziona così: i conservatori in generale, e gli economisti conservatori in particolare, spesso hanno una concezione molto ristretta degli ambiti dell’economia – in particolare, offerta, domanda e incentivi. Ogni cosa che interferisca con il sacro funzionamento dei mercati o riduca l’incentivo a produrre deve essere una cosa negativa; ogni volta che un economista progressista sostiene politiche che non si attagliano accuratamente a questa ortodossia, deve dipendere dal fatto che non capisce l’economia dei corsi universitari. E gli economisti conservatori sono talmente sicuri di questo che possono in effetti non preoccuparsi di leggere quello che i progressisti scrivono – al primo cenno di deviazione dal ‘laissez faire’, essi smettono di prestare attenzione e cominciano nella loro mente a discutere con il progressista stupido, non con il reale economista che hanno dinanzi.
Di conseguenza, molti conservatori sembrano del tutto incapaci di realizzare che individui come John Gruber ed il sottoscritto possono comprendere l’economia di un libro di testo universitario, e credono anche con buona ragione di doverlo considerare un punto acquisito.
Sul tema della assistenza sanitaria: è vero, ci sono gli effetti di incentivazione – come, per inciso, ci sono con ogni assicurazione. Ma c’è anche una buona ragione per credere che sussista un imperfezione rilevante del mercato nella forma di una costrizione dentro modalità obbligate di lavoro, e, anche a parte questo, che ci siano benefici importanti nella espansione della assicurazione sanitaria che devono essere stimate in rapporto ai costi. Tutto questo, in breve, è in entrambi gli articoli che Mulligan denuncia, e in modo molto più ampio in altri nostri scritti; ma come accade spesso, i conservatori sviluppano problemi di comprensione di quello che leggono ogni volta che emergono questioni del genere.
Ho incontrato risposte di questo genere su molte altre tematiche. Si dice che la spesa pubblica in deficit è di aiuto in una economia depressa? Vuol dire che si sta dicendo che i deficit e governi con maggiori compiti sono sempre una cosa positiva, il che è stupido (risate fragorose!). Si dice che aumentare i sussidi di disoccupazione in una economia limitata dalla domanda può creare posti di lavoro? Ma in un’altra occasione si disse anche che la assicurazione di disoccupazione può far crescere il tasso naturale di disoccupazione, dunque si è stupidi (altre risate fragorose!).
Ebbene, in ogni caso qualche stupido c’è.
Non posso resistere a tornare al dibattito sulle misure di sostegno del 2009, quando, uno dopo l’altro, eminenti economisti conservatori liquidavano gli appelli per una incremento temporaneo della spesa pubblica come qualcosa di stupido e/o disonesto, perché le identità contabili [1] o, forse, l’effetto delle tasse future attese, chiaramente mostravano che lo stimolo non avrebbe avuto effetto. Per quella strada questi notabili reinventarono errori concettuali classici da 80 anni ed aggiunsero anche nuove castronerie; tuttavia la loro fede nel concetto per il quale gli economisti progressisti devono essere scemi non ebbe esitazioni di sorta.
Ma d’altro canto, John Stuart Mill di cose di questo genere era espertissimo.
[1] Nella contabilità, nella finanza e nell’economia una identità contabile, come traduco letteralmente, è una eguaglianza che deve essere vera a prescindere dal valore delle sue variabili.
By mm
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