Blog di Krugman

Memorie dell’austerità (6 febbraio 2014)

 

Feb 6, 9:40 am

Austerity Memories

Ryan Cooper writes about possibilities for a deal that actually does something to boost the economy. He suggests that with the deficit obsession fading, Democrats can go back to the old formula of spending increases in return for tax cuts — the formula that gave us, for example, the Children’s Health Insurance Program in the late 1990s.

 

I don’t buy it, basically because I believe you need to play the political economy long game. Starve the beast is still out there as a strategy; conservatives still push tax cuts in part because they expect, probably rightly, that this will tilt the balance toward cuts in the safety net the next time the deficit becomes a big issue. Don’t you think federal spending would be significantly higher now if the Bush tax cuts had never been passed?

 

But Cooper in passing reminds me of something I wrote during the depths of oh-my-God-90-percent-debt enthusiasm. As Cooper suggests, way back then I made all the key anti-debt-panic arguments that would be vindicated in 2013 — which is not so much a comment on my own perspicacity as it is a comment on how easy it was to see the flaws in the debt-panic argument right from the beginning, never mind the spreadsheet.

 

And following the link from my post to the article that inspired it, I see a reminder of what was really going on before the debt scolds tried to rewrite history. These days, they always insist that they weren’t arguing for short-run fiscal austerity. Oh yes they were: in the linked article, Ken Rogoff explicitly attacks those who wanted to maintain fiscal stimulus, and ridicules those suggesting that pursuing fiscal consolidation “risks throwing already weak economies into double-dip recessions, or even a sustained depression.”

Um, Europe?

zzzz 41

 

 

 

 

 

 

 

 

The point is that it was or should have been obvious way back in 2010 both that debt panic was unjustified and that it was helping to rationalize policies that would be very destructive.

 

Memorie dell’austerità

 

Ryan Cooper scrive sulle possibilità di una intesa che effettivamente faccia qualcosa per incoraggiare l’economia. Suggerisce che con lo svanire della ossessione sul deficit, i Democratici possano tornare alla vecchia formula degli incrementi di spesa pubblica in cambio di sgravi fiscali – la formula che ci diede, ad esempio, il Programma per la Assicurazione Sanitaria dei Bambini negli ultimi anno ’90.

Siccome fondamentalmente credo che si debba giocare la lunga partita della linea di politica economica, non mi convince. ‘Affamare la bestia’ [1] , fuori di qua, è ancora una strategia; i conservatori premono ancora per tagli alle tasse perché si aspettano, probabilmente a ragione, che questo farà pendere l’equilibrio verso tagli alle reti della sicurezza sociale, la prossima volta che i deficit diventeranno un tema fondamentale. Non pensate che la spesa pubblica federale sarebbe più alta oggi, se gli sgravi fiscali di Bush non fossero mai stati approvati?

Ma Cooper di passaggio mi ricorda che io scrissi qualcosa nei momenti peggiori dell’entusiasmo per le teorie sulla “terribile soglia del 90 per cento del debito” [2]. Come Cooper indica, molto tempo fa io avanzai tutti i fondamentali argomenti contro il panico da debito che sarebbero stati confermati nel 2013 – il che non è tanto un commento sulla perspicacia del sottoscritto, quanto un commento su quanto fosse facile vedere sin dagli inizi i difetti nella argomentazione del panico da debito, a prescindere dagli errori sui fogli elettronici [3].

E seguendo la connessione dal mio post con l’articolo che lo ispirava, ho visto un ricordo di quanto stava realmente accadendo prima che le Cassandre del debito cercassero di riscrivere la storia. In questi giorni, costoro ribadiscono di continuo che non si stavano esprimendo per una austerità della finanza pubblica a breve termine. Eccome se lo facevano: nell’articolo collegato, Ken Rogoff esplicitamente attaccava coloro che volevano mantenere lo stimolo della spesa pubblica, e metteva in ridicolo coloro che suggerivano che perseguire il consolidamento delle finanze pubbliche “(rischiava) di gettare economie già deboli in un recessione ripetuta, o persino in una prolungata depressione.”

Si intendeva qualcosa come l’Europa [4]?

zzzz 41

 

 

 

 

 

 

 

 

Il punto è che era o dovrebbe essere stato evidente sin dal 2010 sia che il panico del debito era ingiustificato, sia che esso stava aiutando  a razionalizzare politiche che sarebbero state distruttive.



[1] “Affamare la bestia” è la definizione cruda che è stata data della strategia di riduzione delle tasse dei conservatori. Ridurre le tasse e le entrate sarebbe la strada per mettere in crisi lo Stato sociale e costringere ad una soppressione o revisione sostanziale dei suoi programmi. La “bestia”, dunque, sarebbe lo stato assistenziale.

[2] Il riferimento è ad un post su questo blog del 21 luglio 2010 (“Note su Rogoff”), con il quale Krugman avviava la sua polemica contro la nota tesi di Reinhart-Rogoff sulla soglia ‘fatale’ del debito al 90 per cento del PIL. Rileggere quel post è interessante, perché in sostanza esso prendeva le mosse da un forte apprezzamento per alcuni lavori fondamentali di Rogoff, mentre criticava nettamente l’adesione più recente di quell’economista alle ossessioni per il debito troppo elevato; peraltro fissato ad un livello – il 90% – che era stato abbastanza frequente nella storia ed era significativamente vicino alla prestazione statunitense (cosicché, in pratica, se quella soglia era terribile, una politica in qualche modo di austerità era a quel punto l’unica possibile). Quando poi scoppiò la vicenda degli “errori” commessi da Reinhart e Rogoff nel saggio nel quale si esplicitavano queste posizioni, la polemica divenne anche più aspra.

Scorrendo gli archivi di “Fataturchina” si ritrovano tutti quegli interventi successivi, sul blog e sul New York Times.

[3] Ovvero, a prescindere dalla vicenda degli errori materiali e logici che vennero successivamente accertati sullo studio di Rogoff.

[4] La tabella è relativa all’andamento della disoccupazione. Dunque, in  questo caso le “due punte” della recessione (“double dip recession”) si leggono nei due picchi verso l’alto, del 2008-2009 e del 2011 e seguenti.

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