Blog di Krugman

Offerta di lavoro e il significato della vita (6 febbraio 2014)

 

Feb 6, 9:19 am

Labor Supply and the Meaning of Life

I had some fun (for weird econonerd values of “fun”) yesterday thinking through the interesting possibility that our pre-Obamacare health system created a “reverse notch” that induced some people to work too much. But I think I should step back and talk about the broader issue here.

So the CBO estimates that the incentive effects of the ACA will lead to a voluntary reduction in labor supply of around 1 1/2 percent, the equivalent of 2 million full-time jobs. Labor compensation would fall less, around 1 percent, because the reduction in hours would be skewed toward the less well paid. Although they don’t say this, we would expect potential GDP to fall by roughly the same amount (assuming wages more or less reflect marginal productivity); since compensation is about 55 percent of GDP, this would mean reducing potential GDP by a bit over 0.5 percent.

That’s not a very big number — nothing like the claims you hear on the right that Obamacare is bringing economic doom. Even so, however, it’s a clear overstatement of the true economic costs of the program.

Why? Because when workers voluntarily withdraw 1 percent of their hours, it’s very different from what happens when 1 percent of workers lose their jobs and become involuntarily unemployed.

When workers lose their jobs, it’s almost always a terrible experience: not only does it cause financial hardship, it eats away at the soul. Every study I’ve seen says that the effects of unemployment on perceived welfare are vastly greater than you can explain simply as a result of the loss of income. So the true cost of 2 million workers laid off is huge, much more than the GDP loss.

When workers choose to work less, by contrast, they presumably do so because they gain something that is, to them, worth more than the foregone income: more time with their children, an earlier retirement, etc.. Now, in making these choices they won’t take into account the spillovers to the rest of society that come from their paying less in taxes or receiving more in benefits; so you probably don’t want to think of the reduction in labor supply as a net economic good. But it’s surely a smaller cost than the headline effect on GDP.

A somewhat educated guess (I’m thinking of the de facto marginal tax rate on lower-income workers, which for the wonks out there is the only source of first-order welfare effects from a small change in labor supply) is that the net economic losses from the kind of labor supply effect CBO analyzes are on the order of 0.3 percent of GDP.

Oh, and that’s in the long run. In the next few years, with the economy still depressed, it’s all positive: reduced work by some will open up job opportunities for others, and higher incomes for beneficiaries will mean higher overall employment.

But back to the long run: Even if CBO is completely right about labor supply, we’re really talking about a very small economic cost here for a huge social benefit — giving Americans the assurance that they’ll be able to afford essential health care.

 

Offerta di lavoro e il significato della vita

 

Ieri mi sono un po’ divertito (nel bizzarro significato che i fanatici dell’economia danno al termine “divertimento”) a ragionare sulla interessante possibilità che il sistema sanitario precedente alla riforma della assistenza di Obama avesse creato una “soglia inversa”, che induceva alcune persone a lavorare troppo. Ma penso che in questo caso dovrei fare un passo indietro e parlare della questione più in generale.

Dunque, il CBO stima che gli effetti di incentivazione della legge di riforma porteranno ad una volontaria riduzione nell’offerta di lavoro di circa l’1,5 per cento, equivalente a due milioni di posti di lavoro a tempo pieno. I compensi al lavoro scenderebbero di meno, di circa l’1 per cento, perché la riduzione in ore verrà indirizzata verso coloro che sono pagati peggio. Sebbene essi non lo dicano, si aspettano che il PIL potenziale cada di circa la stessa entità (assumendo che i salari riflettano più o meno la produttività marginale); dal momento che i compensi sono circa il 55 per cento del PIL, questo significherebbe una riduzione del PIL potenziale di un po’ più dello 0,5 per cento.

Non è davvero una cifra rilevante – niente a che fare con le affermazioni che si sono sentite a destra secondo le quali la riforma di Obama sta comportando una rovina economica. Anche così, tuttavia, si tratta di una chiara sopravvalutazione degli effettivi costi economici del programma.

Perché? Perché quando i lavoratori riducono l’1 per cento delle loro ore di lavoro, è molto diverso da quello che accade quando l’1 per cento dei lavoratori perde i propri posti di lavoro e diventa involontariamente disoccupato.

Quando i lavoratori perdono il loro posto, è quasi sempre una esperienza terribile: non solo essa provoca difficoltà economiche, incide sull’animo delle persone. Ogni studio che ho visto dice che gli effetti della disoccupazione sul benessere percepito sono assai più grandi di quello che si può spiegare semplicemente come perdita di reddito. Dunque il costo effettivo di due milioni di licenziati è vasto, molto più vasto della perdita in termini di PIL.

Quando i lavoratori scelgono di lavorare di meno, all’opposto, presumibilmente lo fanno perché guadagnano qualcosa che, secondo loro, vale di più del reddito sacrificato: più tempo con i loro figli, un pensionamento anticipato, etc. Ora, nel fare queste scelte essi non metteranno nel conto le ricadute sul resto della società in tasse o nel ricevere maggiori sussidi che deriveranno dall’essere pagati di meno; cosicché è probabile che non si debba pensare che la riduzione nell’offerta di lavoro sia un bene, in termini economici netti. Ma è sicuramente un costo più piccolo dell’effetto di intestazione sul PIL [1].

Una stima in qualche modo ragionata (sto pensando alla aliquota marginale di fatto sui lavoratori con redditi più bassi, che per gli esperti in circolazione è l’unica fonte degli effetti principali sul welfare di un piccolo cambiamento dell’offerta di lavoro) è che le perdite economiche nette del genere dell’effetto sull’offerta di lavoro che il CBO analizza siano nell’ordine dello 0,3 per cento del PIL.

Inoltre, questo riguarda il lungo periodo. Nei prossimi anni, con un’economia ancora depressa, gli effetti saranno del tutto positivi: una riduzione del lavoro da parte di alcuni aprirà occasioni di lavoro per altri, ed i redditi superiori dei beneficiari comporteranno una occupazione complessiva più elevata.

Ma torniamo al lungo periodo: anche se il CBO avesse completamente ragione sull’offerta di lavoro, in questo caso stiamo parlando realmente di un costo economico molto piccolo in cambio di un beneficio sociale ampio – dare agli americani la sicurezza di essere nelle condizioni di sostenere l’assistenza sanitaria di base.



[1] Non saprei se in questo caso “headline” debba essere inteso nel significato più usuale (“titolo, intestazione”), o nel suo significato più implicito, che in fondo allude ad un operazione di sintesi, ad un sommario. Ma in fondo il significato sarebbe lo stesso.

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