Blog di Krugman

Persone Molto Serie del 2010 (26 febbraio 2014)

 

Feb 26, 8:10 am

VSPs of 2010

Dan Drezner has an interesting article in Politico that’s framed as a rebuttal to Nick Kristof’s condemnation of irrelevant academics, but is actually much broader. Drezner argues that there are three tribes — money men, political insiders, and academics — each of which has its own strengths and weaknesses, and each of which would be well advised to listen to the others (but doesn’t).

One passage expresses extremely well what anti-austerians were and to some extent still are fighting against:

One of the Beltway tribe’s greatest strengths is also one of its greatest weaknesses: groupthink. As I noted before, a Beltway consensus actually counts for something in the world of international policymaking. That does not mean that this consensus emerges from any solid analysis, however. For example, a hidden cause of the enthusiasm for austerity in Washington that crested in 2010 was the consensus among foreign policy pundits that U.S. debt was spiraling out of control, rendering Washington vulnerable to foreign holders of U.S. Treasuries. This groupthink formed at the same time that the budget deficit as a percentage of output was shrinking at the fastest rate in American history. By the time the consensus had emerged, however, the change in the facts didn’t matter. Since the principal activity of Beltway folk is to talk to each other, the result is a feedback loop of confirmation bias that eventually leads to epistemic closure.

Yes indeed. When you tried to talk about the deficit, and why it didn’t deserve the crisis rhetoric, you ran up not so much against people who disagreed but people who thought that “nobody” shared your relaxed attitude; it was “Paul Krugman against the world.” I mean, surely nobody else was that crazy. Except that the anti-austerians were intellectual moderates, basically applying Econ 101, while the austerians were making up new economic doctrines on the fly to justify their groupthink.

Drezner also mentions that his own most influential publication was one making the obvious point that China’s ownership of a bunch of US bonds doesn’t give it leverage over America; a point people like Dean Baker and yours truly have also made. When you try to make this point to Beltway types, however, you encounter not so much disagreement as incredulity — “everyone” knows that China has immense power over us, “nobody” disagrees. Indeed, if you go to the link you’ll see that Dean was reacting to a news article that stated the Chinese power thing not as a dubious hypothesis but as simple fact.

The thing about this epistemic closure is that it’s highly resistant not just to analysis but to experience. Rarely in the course of human events has “everyone” been so wrong, and “nobody” so right, as in the case of the alleged deficit threat. Yet you will have a hard time finding anyone among the fearmongers acknowledging his wrongness, let alone engaging in some self-examination about why he was wrong. After all, he was only saying what everyone knew was true.

 

Persone Molto Serie del 2010

 

Dan Drezner pubblica un articolo interessante su Politico, che viene proposto come una confutazione della denuncia di Nick Kristof sulla irrilevanza degli accademici, ma in effetti è molto più ampio.  Drezner sostiene che ci sono tre gruppi – gli uomini dei soldi, gli addetti alla politica e gli accademici – ciascuno dei quali ha i propri punti di forza e di debolezza, ed a ciascuno dei quali si dovrebbe  caldamente suggerire di ascoltare gli altri (ma non lo si fa).

Un passaggio esprime particolarmente bene ciò per cui gli oppositori dell’austerità hanno combattuto e in qualche misura stanno ancora combattendo:

“Uno dei più grandi punti di forza del raggruppamento dei politici di Washington è anche uno dei suoi massimi punti di debolezza: il pensiero di gruppo. Come ho notato in precedenza, l’orientamento comune di Washington pesa qualcosa nel mondo della politica internazionale. Questo non significa che questo consenso derivi, tuttavia, da una analisi in qualche modo solida. Per esempio, una causa nascosta dell’entusiasmo per l’austerità a Washington che si determinò nel 2010 fu il consenso tra i commentatori di politica estera secondo il quale il debito degli Stati Uniti stava viaggiando fuori controllo, rendendo il Governo vulnerabile ai proprietari stranieri di buoni del tesoro statunitensi. Questo pensiero di gruppo si formò nello stesso periodo nel quale il deficit di bilancio come percentuale della produzione si stava restringendo al ritmo più veloce nella storia americana. All’epoca di quel consenso, tuttavia, questo cambiamento della situazione di fatto non contò. Dal momento che la principale attività della gente della capitale è il parlare l’uno con l’altro, il risultato è una predilezione circolare per le opinioni già espresse che alla fine porta ad una chiusura epistemica.”

In effetti è così. Quando si cercava di parlare di deficit e del perché esso non meritava tutta quella retorica di crisi, ci si imbatteva non tanto in persone che non erano d’accordo, ma in persone che vi insegnavano che ‘nessuno’ condivideva la vostra attitudine rilassata; la partita era tra Paul Krugman e il resto del mondo. Voglio dire, cioè, nessuno che non fosse pazzo. Sennonché gli oppositori dell’austerità erano intellettuali moderati,  che fondamentalmente applicavano testi di economia universitari, mentre i filo austeri venivano improvvisando nuove dottrine economiche per giustificare il loro pensiero di gruppo.

Dresner ricorda anche che la sua propria influente pubblicazione era quella che sosteneva che la proprietà cinese di un mucchio di obbligazioni degli Stati Uniti non dava a quel paese il potere di avere influenza sull’America; argomento che avevamo sostenuto anche Dean Baker ed il sottoscritto. Quando si prova ad avanzare questo argomento nei confronti degli individui di Washington, tuttavia, si incontra non tanto disaccordo quanto incredulità – “ognuno” sa che la Cina ha un potere immenso nei nostri confronti, non c’è “nessuno” che non sia d’accordo. In effetti, se andate alla connessione notate che Dean stava reagendo ad articoli di notizie che affermavano che il potere cinese non  era una ipotesi discutibile, ma un semplice fatto.

Il punto, rispetto alla ‘chiusura epistemica’ è che essa è altamente resistente non solo alle analisi ma anche alle prove dei fatti. Raramente nel corso degli eventi umani “ognuno” ha avuto così torto, e “nessuno” così ragione, come nel caso della pretesa minaccia del deficit. Tuttavia avrete molti problemi a trovare qualcuno tra i ‘seminatori di paura’ che riconosca i suoi errori, per non dire qualcuno che si impegni in un esame di coscienza sul perché del suo errore. Dopo tutto, stava solo dicendo quello che tutti sapevano essere vero.

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