Mar 21, 1:39 pm
I referred to this briefly in today’s column, but here’s more.
I just left the Brookings Panel meeting (yes, I’m finally back in the US), which included a paper on Abenomics; the two discussants were me and some guy named Ben Bernanke. Part of my discussion involved an issue I’ve worried about for a long time, which I think I’ve been able to formulate a bit better. Here goes:
If you look at the extensive theoretical literature on the zero lower bound since my 1998 paper, you find that just about all of it treats liquidity-trap conditions as the result of a temporary shock. Something – most obviously, a burst bubble and/or deleveraging after a credit boom – leads to a period of very low demand, so low that even zero interest rates aren’t enough to restore full employment. Eventually, however, the shock will end. So the way out is to convince the public that there has been a regime change, that the central bank will maintain expansionary monetary policy even after the economy recovers, so as to generate high demand and some inflation.
But if we’re talking about Japan, when exactly do we imagine that this period of high demand, when the ZLB is no longer binding, is going to happen? Even in the US, we’re talking seriously about secular stagnation, which means that it could be a very long time before “normal” monetary policy resumes.
Now, even in this case you can get traction if you can credibly promise higher inflation, which reduces real interest rates. But what does it take to credibly promise inflation? Well, it has to involve a strong element of self-fulfilling prophecy: people have to believe in higher inflation, which produces an economic boom, which yields the promised inflation.
But a necessary (not sufficient) condition for this to work is that the promised inflation be high enough that it will indeed produce an economic boom if people believe the promise will be kept. If it isn’t, then the actual rate of inflation will fall short of the promise even if people believe in the promise – which means that they will stop believing after a while, and the whole effort will fail.
Here’s the picture I put up this morning:
On one side we have a hypothetical but I think realistic Phillips curve, in which the rate of inflation depends on output and the relationship gets steep at high levels of utilization. On the other we have an aggregate demand curve that depends positively on expected inflation, because this reduces real interest rates at the zero lower bound. I’ve drawn the picture so that if the central bank announces a 2 percent inflation target, the actual rate of inflation will fall short of 2 percent, even if everyone believes the bank’s promise – which they won’t do for very long.
So you see my problem. Suppose that the economy really needs a 4 percent inflation target, but the central bank says, “That seems kind of radical, so let’s be more cautious and only do 2 percent.” This sounds prudent – but may actually guarantee failure.
Analisi timida (per esperti)
Mi sono brevemente riferito a questo nell’articolo di oggi [1], ma qua presento la versione più ampia.
Ho appena lasciato l’incontro del Brookings Panel [2](sì, sono finalmente di ritorno negli Stati Uniti), che includeva una relazione sulla politica economica di Shinzo Abe; i due che la discutevano ero io e un tizio che risponde al nome di Ben Bernanke. Parte del mio intervento riguardava un tema che mi ha occupato a lungo, e che penso di essere stato capace di formulare un po’ meglio. Ecco di cosa si tratta:
Se guardate alla ampia letteratura teorica sul limite inferiore dello zero [3] a partire dal mio saggio del 1998 [4], trovate che essa riguarda quasi per intero le condizioni della trappola di liquidità come conseguenze di uno shock temporaneo. Qualcosa – nei casi più evidenti, lo scoppio di una bolla e/o la riduzione del rapporto di indebitamento dopo un boom creditizio – conduce ad un periodo di domanda molto bassa, così bassa che persino i tassi di interesse a zero non sono sufficienti a ripristinare la piena occupazione. Alla fine, tuttavia, lo shock avrà un termine. Dunque, la via d’uscita è convincere l’opinione pubblica che c’è stato un cambio di regime, che la banca centrale manterrà una politica monetaria espansiva anche dopo che l’economia si sarà ripresa, così da generare elevata domanda ed un po’ di inflazione.
Ma se parliamo del Giappone, dove esattamente possiamo immaginare di collocare questo periodo di elevata domanda, quando il limite inferiore dello zero non più vincolante? Persino negli Stati Uniti, stiamo seriamente parlando di stagnazione secolare [5], il che significa che ci potrebbe essere un periodo molto lungo prima che riprenda una ‘normale’ politica monetaria.
Ora, anche in quel caso si può avere una capacità di trazione dell’economia alla condizione di poter credibilmente promettere una inflazione più elevata, che riduce i tassi di interesse reali. Ma cosa rende credibile questa promessa di inflazione? Ebbene, essa deve riguardare una forte caratteristica di ‘profezia che si autoavvera’: le persone devono credere in una inflazione più elevata, che produca una espansione economica che a sua volta generi quella inflazione promessa.
Ma una condizione necessaria (non sufficiente) perché questo funzioni è che l’inflazione promessa sia abbastanza alta da produrre effettivamente una espansione economica, se le persone credono che essa sarà mantenuta. Se non è così, allora l’effettivo tasso di inflazione non sarà all’altezza della promessa anche se le persone credono in essa – il che significa che dopo un po’ smetteranno di crederci, e tutto lo sforzo sarà stato inutile.
Ecco il diagramma che ho messo su stamattina:
Da una parte abbiamo una ipotetica, ma io credo realistica, curva di Phillips [6], nella quale il tasso di inflazione dipende dal prodotto e la relazione si impenna a livelli elevati di utilizzazione. Dall’altra abbiamo una curva della domanda aggregata che dipende positivamente dalla inflazione attesa, perché questa riduce i tassi di interesse reali al limite inferiore dello zero. Ho tracciato il diagramma in modo tale che se la banca centrale annuncia un obiettivo di inflazione al 2 per cento, il tasso effettivo di inflazione risulterà minore del 2 per cento, anche se tutti credono alla promessa della banca – cosa che non faranno molto a lungo.
Capite il mio problema. Supponiamo che l’economia abbia davvero bisogno di un obbiettivo di inflazione al 4 per cento, ma che la banca centrale dica: “Questo sembra piuttosto radicale, siamo quindi più cauti e fissiamolo soltanto al 2 per cento”. Sembra prudente – ma in verità può essere una garanzia di fallimento.
[1] Vedi l’articolo “La trappola della timidezza” (New York Times, 20 marzo 2014) qua tradotto.
[2] La Fondazione ‘Brookings’ è una importante istituzione americana che opera nel settore delle ricerche sociali, economiche, delle politiche metropolitane, della politica internazionale, dell’economia e dello sviluppo globale. Ha sede a Washington ed è una istituzione indipendente, forse di orientamento ‘centrista-progressista’, ma influente in tutti i settori politici.
[3] Dei tassi di interesse. Vedi le note sulla traduzione.
[4] Si tratta dello stesso saggio di Krugman del 1998 citato nel post precedente.
[5] Vedi la relazione di Larry Summers al Convegno di New York del FMI (tradotta nella sezione ‘Saggi, articoli su riviste etc.’) ed il post di Paul Krugman del 16 novembre 2013 dal titolo “Stagnazione secolare, miniere di carbone, bolle e Larry Summers”).
[6] Economista neozelandese deceduto nel 1975. Per una spiegazione della “curva di Phillips” vedi le note sulla traduzione.
By mm
E' possibile commentare l'articolo nell'area "Commenti del Mese"