Mar 4, 9:32 am
I took Paul Ryan’s measure almost four years ago, back when everyone in Washington was determined to see him as the Serious, Honest Conservative they knew had to exist somewhere. Everything we’ve seen of him since then has confirmed that initial judgment. When you see a big report from Ryan, you shouldn’t ask “Is this a con job?” but instead skip right to “Where’s the con?”
And so it is with the new poverty report.
Give Ryan some points for originality. In his various budgets, he relied mainly on magic asterisks — unspecified savings and revenue sources to be determined later; he was able to convince many pundits that he had a grand fiscal plan when the reality was that he was just assuming his conclusions, and that the assumptions were fundamentally ridiculous. But this time he uses a quite different technique.
What he offers is a report making some strong assertions, and citing an impressive array of research papers. What you aren’t supposed to notice is that the research papers don’t actually support the assertions.
In some cases we’re talking about artful misrepresentation of what the papers say, drawing angry protests from the authors. In other cases the misdirection is more subtle.
Take the treatment of Medicaid and work incentives. I’m going to teach the best available survey on these issues tonight, which looks at the research and finds little evidence of significant disincentive effects from Medicaid (or food stamps). That’s not at all the impression you get from the Ryan report. So I looked at the Medicaid section, and found that it contains a more or less unstructured listing of lots of papers; if you read that list carefully, you find that there really isn’t anything in there making a strong case for large incentive effects.
In other words, the research citations are just there to make the report sound well-informed; they aren’t actually used to derive the conclusions, which more or less come out of thin air.
Oh, and there are the usual Medicaid zombies too.
The thing is, we could be having a serious discussion about welfare and incentives; there are some real issues. But there isn’t anyone to have that discussion with.
La prossima generazione di fandonie
Presi le misure a Paul Ryan quattro anni orsono [1], quando tutti a Washington si erano persuasi di vedere in lui il Serio ed Onesto Conservatore, che sapevano da qualche parte dovesse pur esistere. Ogni cosa abbiamo osservato in lui da quel momento in poi ha confermato il giudizio iniziale. Quando leggete una importante relazione di Ryan, non dovreste chiedervi “E’ un imbroglio?”, invece saltate subito a “Dov’è l’imbroglio?”.
Così è anche per il nuovo rapporto sulla povertà.
Concediamo a Ryan una qualche originalità. Nelle sue varie proposte di bilancio egli si basava principalmente sui magici asterischi – risparmi non specificati e fonti di reddito da determinare in un secondo tempo; egli era capace di convincere molti opinionisti di possedere un superbo programma di finanza pubblica quando la realtà era che stava soltanto presupponendo quelle che erano le sue conclusioni, e che quei presupposti erano fondamentalmente ridicoli. Ma questa volta usa una tecnica piuttosto diversa.
Quello che egli offre è un rapporto che stabilisce alcuni giudizi forti, e cita una varietà impressionante di ricerche. Quello che si suppone è che voi non notiate che le ricerche per la verità non sostengono quei giudizi.
In alcuni casi stiamo parlando di mistificazioni artefatte di quello che dicono quegli studi, che stanno provocando irate proteste da parte degli autori. In altri casi la mistificazione è più sottile.
Si consideri il modo in cui vengono trattati Medicaid e gli incentivi sul lavoro. Questa sera terrò una lezione sul miglior saggio disponibile su questi temi, che analizza le ricerche e trova poche prove di significativi effetti disincentivanti da parte di Medicaid (e degli aiuti alimentari). Non è affatto quella l’impressione che ricevete dal rapporto di Ryan. Dunque ho guardato al paragrafo su Medicaid, ed ho scoperto che esso contiene una lista più o meno confusa di una quantità di articoli; se leggete con attenzione quella lista, troverete che in realtà non c’è niente in essa che giustifichi una forte affermazione su ampi effetti di quegli incentivi.
In altre parole, le citazioni dalle ricerche sono inserite a bella posta per far apparire bene informato il rapporto; esse non sono in effetti utilizzate per derivarne le conclusioni, che più o meno sono campate in aria.
Per non dire che compaiono le solite idee zombi su Medicaid.
La questione, se potessimo avere una serio dibattito sullo stato assistenziale e sugli incentivi, è la seguente: ci sono alcuni temi reali. Ma non c’è nessuno con cui discuterne.
[1] Si veda in particolare l’articolo sul New York Times del 5 agosto 2010 (qua tradotto nella serie di traduzioni dal 20 giugno al 30 dicembre 2010), dal titolo “The flimflam man”.
Dunque Paul Ryan, il soprannominato “uomo delle fandonie”, è un noto conservatore: contrario ai matrimoni gay ma anche all’aborto, lotta per l’abolizione delle tasse come ad esempio quelle sul guadagno in conto capitale o l’imposta sul reddito delle società ed è favorevole alla privatizzazione di Medicare.
By mm
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