Blog di Krugman

La vera trappola della povertà (4 marzo 2014)

 

Mar 4, 3:15 pm

The Real Poverty Trap

Earlier I noted that the new Ryan poverty report makes some big claims about the poverty trap, and cites a lot of research — but the research doesn’t actually support the claims. It occurs to me, however, that the whole Ryan approach is false in a deeper sense as well.

How so? Well, Ryan et al — conservatives in general — claim to care deeply about opportunity, about giving those not born into affluence the ability to rise. And they claim that their hostility to welfare-state programs reflects their assessment that these programs actually reduce opportunity, creating a poverty trap. As Ryan once put it,

we don’t want to turn the safety net into a hammock that lulls able-bodied people to lives of dependency and complacency, that drains them of their will and their incentive to make the most of their lives.

OK, do you notice the assumption here? It is that reduced incentives to work mean reduced social mobility. Is there any reason to believe this as a general proposition?

Now, as it happens the best available research suggests that the programs Ryan most wants to slash — Medicaid and food stamps — don’t even have large negative effects on work effort. There is, however, some international evidence that generous welfare states have an incentive effect: America has by far the weakest safety net in the advanced world, and sure enough, the American poor work much more than their counterparts abroad:

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Great! So poor Americans aren’t condemned to lives of complacency that drain their wills — or at least not nearly as much as the poor in other countries. So we must have much more upward social mobility than they do, as our poor make the most of their lives, right?

Um, no.:

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In fact, the evidence suggests that welfare-state programs enhance social mobility, thanks to little things like children of the poor having adequate nutrition and medical care. And conversely,of course, when such programs are absent or inadequate, the poor find themselves in a trap they often can’t escape, not because they lack the incentive, but because they lack the resources.

I mean, think about it: Do you really believe that making conditions harsh enough that poor women must work while pregnant or while they still have young children actually makes it more likely that those children will succeed in life?

So the whole poverty trap line is a falsehood wrapped in a fallacy; the alleged facts about incentive effects are mostly wrong, and in any case the entire premise that work effort = social mobility is wrong.

 

La vera trappola della povertà

 

In precedenza ho notato che la nuova relazione sulla povertà di Ryan avanza alcuni grandi argomenti sulla trappola della povertà, e cita una quantità di ricerche – ma le ricerche in effetti non sono coerenti con quegli argomenti. Mi pare, tuttavia, che l’intera relazione di Ryan sia falsa anche in un senso più profondo.

In che senso? Ebbene Ryan ed altri – i conservatori in generale – sostengono di avere a cuore le opportunità, il dare a coloro che non sono nati nell’opulenza la possibilità di crescere. E sostengono che la loro ostilità ai programmi  dello stato assistenziale riflette il loro giudizio, secondo il quale questi programmi effettivamente riducono le opportunità, creando una trappola di povertà. Come si espresse in una occasione Ryan:

“Noi non vogliamo trasformare le reti di sicurezza in una amaca che trastulla persone di buona prestanza verso esistenze di dipendenza e di autocommiserazione, che le priva della loro volontà e dell’incentivo a fare delle loro vite il meglio di quello che possono.”

Dunque: vi siete accorti di quale sia il presupposto, in questo caso? E’ che ridotti incentivi a lavorare significano ridotta mobilità sociale. C’è qualche ragione di credere a questo, come proposizione generale?

Ora, si dà il caso che la migliore ricerca disponibile indichi che i programmi su cui Ryan soprattutto vuole fare tagli –  Medicaid e sugli aiuti alimentari – addirittura non abbiano ampi effetti sugli sforzi a lavorare: l’America possiede le reti di sicurezza sociale più deboli del mondo avanzato, ma è abbastanza chiaro che i poveri americani lavorano molto di più dei loro omologhi all’estero [1]:

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Ma guarda! Dunque i poveri americani non sono condannati a vite di autocommiserazione che li privano della loro volontà – o almeno neanche lontanamente quanto i poveri di altri paesi. Dunque, noi abbiamo molta maggiore mobilità sociale verso l’alto di loro, dato che i nostri poveri fanno delle loro vite il meglio che possono, non è così?

No, non è così [2]:

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Di fatto, le prove indicano che  programmi degli stati assistenziali accrescono la mobilità sociale, grazie a piccole cose come la possibilità dei figli dei poveri di ricevere adeguato nutrimento ed assistenza sanitaria. Al contrario, naturalmente, quando tali programmi sono assenti o inadeguati, i poveri si ritrovano in una trappola dalla quale spesso non possono fuggire, non perché gli manchino gli incentivi, ma perché gli mancano le risorse.

Intendo dire, riflettiamoci: ma si può davvero credere che rendere le condizioni di vita dure, a un punto tale che le donne povere debbano lavorare quando sono incinte o mentre hanno ancora i figli piccoli, renda effettivamente più probabile che i loro figli abbiano successo nella vita?

Dunque, tutta la storia della trappola delle povertà è un inganno per di più confezionato con una falsità: le pretese prove sugli effetti di incentivazione sono del tutto sbagliate, e in ogni caso l’intero presupposto secondo il quale lo sforzo del lavoro favorisce la mobilità sociale è fuori luogo.



[1] La tabella indica il totale delle ore lavorate dal capofamiglia e dal coniuge all’interno delle famiglie classificate povere e non composte da anziani.

[2] La tabella mostra la relazione tra l’ineguaglianza (asse orizzontale, andando a destra l’ineguaglianza dei redditi è crescente) e la mobilità sociale (asse verticale, andando verso l’alto la mobilità diminuisce). Come si vede Italia, Regno Unito hanno la minore mobilità sociale e la maggiore ineguaglianza di redditi. La Francia ha una mobilità sociale un po’ migliore (meno bassa) ed una diseguaglianza di redditi anch’essa un po’ migliore (ovvero, minore). La Germania ha un diseguaglianza di redditi sensibilmente migliore (minore) e corrispondentemente una mobilità sociale più elevata. La situazione migliore in assoluto è quella dei paesi del Nord Europa, con le minori disuguaglianza di redditi e le maggiori mobilità sociali. Si consideri, infine, che la mobilità sociale viene misurata sulla base del parametro della elasticità dei guadagni delle generazioni; vale a dire di quanto i figli di famiglie povere o in condizioni modeste possono elevare i loro guadagni, a prescindere dalle loro condizioni economiche di origine.

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