MAR 9, 2014
NEW YORK – Around the world, there is enormous enthusiasm for the type of technological innovation symbolized by Silicon Valley. In this view, America’s ingenuity represents its true comparative advantage, which others strive to imitate. But there is a puzzle: it is difficult to detect the benefits of this innovation in GDP statistics.
What is happening today is analogous to developments a few decades ago, early in the era of personal computers. In 1987, economist Robert Solow – awarded the Nobel Prize for his pioneering work on growth – lamented that “You can see the computer age everywhere but in the productivity statistics.” There are several possible explanations for this.
Perhaps GDP does not really capture the improvements in living standards that computer-age innovation is engendering. Or perhaps this innovation is less significant than its enthusiasts believe. As it turns out, there is some truth in both perspectives.
Recall how a few years ago, just before the collapse of Lehman Brothers, the financial sector prided itself on its innovativeness. Given that financial institutions had been attracting the best and brightest from around the world, one would have expected nothing less. But, upon closer inspection, it became clear that most of this innovation involved devising better ways of scamming others, manipulating markets without getting caught (at least for a long time), and exploiting market power.
In this period, when resources flowed to this “innovative” sector, GDP growth was markedly lower than it was before. Even in the best of times, it did not lead to an increase in living standards (except for the bankers), and it eventually led to the crisis from which we are only now recovering. The net social contribution of all of this “innovation” was negative.
Similarly, the dot-com bubble that preceded this period was marked by innovation – Web sites through which one could order dog food and soft drinks online. At least this era left a legacy of efficient search engines and a fiber-optic infrastructure. But it is not an easy matter to assess how the time savings implied by online shopping, or the cost savings that might result from increased competition (owing to greater ease of price comparison online), affects our standard of living.
Two things should be clear. First, the profitability of an innovation may not be a good measure of its net contribution to our standard of living. In our winner-takes-all economy, an innovator who develops a better Web site for online dog-food purchases and deliveries may attract everyone around the world who uses the Internet to order dog food, making enormous profits in the process. But without the delivery service, much of those profits simply would have gone to others. The Web site’s net contribution to economic growth may in fact be relatively small.
Moreover, if an innovation, such as ATMs in banking, leads to increased unemployment, none of the social cost – neither the suffering of those who are laid off nor the increased fiscal cost of paying them unemployment benefits – is reflected in firms’ profitability. Likewise, our GDP metric does not reflect the cost of the increased insecurity individuals may feel with the increased risk of a loss of a job. Equally important, it often does not accurately reflect the improvement in societal wellbeing resulting from innovation.
In a simpler world, where innovation simply meant lowering the cost of production of, say, an automobile, it was easy to assess an innovation’s value. But when innovation affects an automobile’s quality, the task becomes far more difficult. And this is even more apparent in other arenas: How do we accurately assess the fact that, owing to medical progress, heart surgery is more likely to be successful now than in the past, leading to a significant increase in life expectancy and quality of life?
Still, one cannot avoid the uneasy feeling that, when all is said and done, the contribution of recent technological innovations to long-term growth in living standards may be substantially less than the enthusiasts claim. A lot of intellectual effort has been devoted to devising better ways of maximizing advertising and marketing budgets – targeting customers, especially the affluent, who might actually buy the product. But standards of living might have been raised even more if all of this innovative talent had been allocated to more fundamental research – or even to more applied research that could have led to new products.
Yes, being better connected with each other, through Facebook or Twitter, is valuable. But how can we compare these innovations with those like the laser, the transistor, the Turing machine, and the mapping of the human genome, each of which has led to a flood of transformative products?
Of course, there are grounds for a sigh of relief. Although we may not know how much recent technological innovations are contributing to our wellbeing, at least we know that, unlike the wave of financial innovations that marked the pre-crisis global economy, the effect is positive.
L’enigma dell’innovazione,
di Joseph Stiglitz
9 marzo 2014
NEW YORK – In giro per il mondo c’è un grande entusiasmo per il genere di innovazioni tecnologiche simbolizzate da Silicon Valley. Secondo questo punto di vista, l’ingegno dell’America rappresenta il suo vero vantaggio comparativo, che gli altri si sforzano di imitare. Ma c’è un problema: è difficile rilevare i benefici di queste innovazioni nelle statistiche sul PIL.
Quello che sta accadendo di questi tempi è analogo agli sviluppi di pochi decenni orsono, agli inizi dell’epoca del personal computer. Nel 1987, l’economista Robert Solow – insignito del Premio Nobel per il suo lavoro pionieristico sulla crescita – si lamentava del fatto che “Si può vedere l’era dei computer dappertutto meno che nelle statistiche sulla produttività”. Ci sono alcune possibili spiegazioni.
Forse il PIL non riesce a mettere in evidenza i miglioramenti effettivi negli standard di vita che le innovazioni dell’epoca del computer sta generando. O forse queste innovazioni sono meno significative di quanto credono i suoi cultori. Risulta esserci un po’ di verità in entrambe le spiegazioni.
Ricordiamoci come pochi anni fa, proprio prima del collasso di Lehman Brothers, il settore finanziario si inorgogliva per la sua innovatività. Ma, ad una analisi più attenta, divenne chiaro che gran parte di queste innovazioni riguardavano il concepire modi migliori di raggirare gli altri, manipolando i mercati senza essere scoperti (almeno per lunghi periodi), e sfruttando il potere dei mercati.
In questo periodo, quando le risorse si riversavano in questo settore “innovativo”, la crescita del PIL era segnatamente più bassa di quanto non fosse in precedenza. Anche nei momenti migliori, essa non comportava una crescita negli standard di vita (ed eccezione dei banchieri), ed alla fine portò alla crisi dalla quale ci stiamo riprendendo solo ora. Il contributo sociale netto di tutta questa “innovazione” fu negativo.
In modo simile, fu segnata dall’innovazione la bolla delle società che operavano su Internet che precedette quel periodo – i siti web attraverso i quali si potevano ordinare online i cibi per i cani e le bevande analcoliche. Almeno quell’epoca lasciò in eredità efficienti motori di ricerca ed infrastrutture di fibre ottiche. Ma non è una faccenda semplice stabilire come il risparmio di tempo derivante dagli acquisti online, oppure i risparmi di costo che potevano derivare da una maggiore competizione (derivanti dalla maggiore facilità del confronto dei prezzi online), abbia influenzato il nostro standard di vita.
Dovrebbero risultare chiare due cose. La prima, la capacità di produrre profitto di una innovazione può non essere una buona misura del suo contributo netto ai nostri standard di vita. Nella nostra economia per la quale “chi vince prende tutto”, un innovatore che dia vita ad un migliore sito web per acquisti e consegne di cibo per cani online può attrarre chiunque utilizzi Internet nel mondo per ordinare cibo per cani, realizzando per quella via enormi profitti. Ma senza il servizio di consegna, gran parte di quei profitti sarebbero semplicemente andati ad altri. Il contributo netto del sito web alla crescita economica, di fatto può essere relativamente piccolo.
Inoltre, se una innovazione, come quella del Bancomat nel sistema bancario, comporta una accresciuta disoccupazione, nessuno dei costi sociali – né la sofferenza di coloro che sono licenziati, né il costo più alto per la finanza pubblica del corrispondere ad essi sussidi di disoccupazione – è riflesso nella capacità di fare profitti delle imprese. Analogamente, il sistema di misurazione del nostro PIL non riflette il costo della accresciuta insicurezza che gli individui possono provare per il maggior rischio della perdita del lavoro. In modo altrettanto significativo, esso spesso non riflette accuratamente il benessere collettivo risultante dall’innovazione.
In un mondo più semplice, dove l’innovazione semplicemente comportava un abbassamento del costo di produzione, ad esempio, di una automobile, era facile stabilire il valore di una innovazione. Ma quando l’innovazione riguarda la qualità di una automobile, il compito diventa assai più difficile. E questo è anche più evidente in altri campi: come si può accertare in modo scrupoloso il fatto che, a seguito del progresso medico, la chirurgia cardiaca è più probabile che abbia maggiore successo oggi che nel passato, portando ad un incremento significativo nella aspettativa di vita e nella sua qualità?
Ancora, non si può evitare la sensazione inquietante che, a cose fatte, il contributo delle recenti innovazioni tecnologiche alla crescita degli standard di vita nel lungo periodo possa essere sostanzialmente inferiore di quello che pretendono i loro cultori. Una gran quantità di impegno intellettuale è stata rivolta ad individuare modi migliori per massimizzare gli effetti della pubblicità e delle strategie di marketing – individuando la clientela, in particolare i ricchi, che potrebbero effettivamente acquistare il prodotto. Ma gli standard di vita potrebbero essere cresciuti anche maggiormente se tutto questo talento innovativo fosse stato collocato in ricerche più importanti – o anche in ricerche più pratiche che avrebbero potuto indirizzare a nuovi prodotti.
Certo, essere meglio connessi gli uni con gli altri attraverso Facebook o Twitter, ha il suo valore. Ma come possiamo confrontare queste innovazioni con quelle come il laser, il transistor, la macchina di Turing [1] e la mappatura del genoma umano, ognuna delle quali ha portato una ondata di prodotti che hanno indotto cambiamenti?
Naturalmente, ci sono terreni che consentono un sospiro di sollievo. Sebbene non possiamo conoscere quanto le recenti innovazioni abbiano contribuito al nostro benessere, almeno sappiamo che, diversamente dalle innovazioni finanziarie che hanno caratterizzato l’economia globale prima della crisi, l’effetto è stato positivo.
[1] Una macchina di Turing (o più brevemente MdT) è una macchina ideale che manipola i dati contenuti su un nastro di lunghezza potenzialmente infinita, secondo un insieme prefissato di regole ben definite. In altre parole, è un modello astratto che definisce una macchina in grado di eseguire algoritmi e dotata di un nastro potenzialmente infinito su cui può leggere e/o scrivere dei simboli. (Wikipedia)
By mm
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