Mar 3, 8:14 am
Philip Longman has a very good article in the Washington Monthly debunking the hype about the Texas economy. Things I didn’t know include the fact that net inward migration by native-born Americans is actually quite small.
But I wanted to follow up on one particular point: the role of oil and gas in recent years. Longman concedes that these industries directly account for a fairly small share of the economy even in Texas, but argues that their rapid growth, combined with multiplier effects, makes them a much bigger story when it comes to Texas growth. Indeed. Let me put some numbers to this, using the BEA data on real GDP by state.
What you learn from these data right away is that Texas is indeed king of the extractive expansion. Nationwide, mining output, measured in 2005 dollars, expanded $29 billion between 2007 and 2012; Texas accounted for $22.7 billion of that expansion. Nationally, the expansion of mining was 0.2 percent of 2007 GDP; in Texas, it was 10 times that, 2 percent.
This mining expansion must also have had a multiplier effect, as mining operations and workers spent money in the local economy, raising incomes, and generating further increases in demand. The state of the art estimates of regional multipliers come from Nakamura and Steinsson (pdf), who use fluctuations in defense spending as natural experiments; they conclude that the multiplier is around 1.5. So that 2 percent of GDP Texas extractive boom should have raised the state’s GDP by 3 percent, or 2.7 percent relative to the nation as a whole.
Meanwhile, overall Texas GDP rose 13 percent from 2007 to 2012, while national GDP rose only 2.5 percent. What this calculation suggests is that the oil and gas boom accounts for more than a quarter of that growth difference.That’s a lot, although it’s not the whole story.
What about the rest? Partly we’re seeing the continuation of the long-term movement of U.S. population and jobs to the Sunbelt; Ed Glaeser likes to point out that the single best predictor of state growth is the number of winter degree days. On top of that, Texas does do one very important thing right: it has relaxed zoning, which keeps housing abundant and cheap.
And what about the more general miracle of free-market capitalism? It exists only in the eyes of the beholder.
Petrolio, gas naturale [1] e Rick Perry [2]
Philip Longan ha un articolo molto buono sulla Washington Monthly che ridicolizza il battage pubblicitario sull’economia del Texas. Cose che non conoscevo, incluso in fatto che la migrazione interna da parte di americani natii è effettivamente abbastanza modesta.
Ma avevo intenzione di riprendere un punto particolare: il ruolo del petrolio e del gas naturale negli anni recenti. Longan ammette che queste industrie pesano effettivamente per una quota abbastanza modesta dell’economia persino in Texas, ma sostiene che la loro rapida crescita, combinata con gli effetti di moltiplicatore, le rende molto più importanti quando si passa alla crescita del Texas. Consentitemi di avanzare qualche dato al proposito, utilizzando le statistiche BEA [3] sui PIL reali al livello degli Stati.
Quello che si apprende immediatamente da questi dati è che il Texas è in effetti il re della espansione estrattiva. Nell’intera nazione, la produzione mineraria, misurata in dollari 2005, si è ampliata di 29 miliardi di dollari dal 2007 al 2012. Il Texas ha pesato per 22,7 miliardi di quella espansione. Nazionalmente, l’espansione nel settore estrattivo è stata lo 0,2 per cento del PIL del 2007; nel Texas è stata dieci volte tanto, il 2 per cento.
Questa espansione mineraria ha anche avuto un effetto di moltiplicatore, dato le operazioni minerarie ed i lavoratori che hanno speso i soldi nell’economia locale, elevando i redditi e generando ulteriori incrementi nella domanda. Lo stato dell’arte sulle stime sui moltiplicatori regionali derivano da Nakamura e Steinsson (disponibili in pdf), che usano le fluttuazioni nella spesa per la difesa come una sorta di esperimenti naturali; essi concludono che il moltiplicatore è attorno all’1,5. Cosicché il 2 per cento del PIL del boom estrattivo del Texas avrebbe elevato il PIL dello Stato per il 3 per cento, oppure per il 2,7 per cento in relazione alla nazione nel suo complesso.
Nel frattempo, il PIL del Texas è cresciuto del 13 per cento dal 2007 al 2012, mentre il PIL nazionale è cresciuto soltanto del 2,5 per cento. Quello che questo calcolo indica è che l’espansione del petrolio e del gas incidono per più di un quarto in quella differenza di crescita. Questo è molto, sebbene non sia ancora tutta la storia.
Cosa dire del resto? In parte stiamo osservando una prosecuzione degli spostamenti a lungo termine della popolazione degli Stati Uniti e dei posti di lavoro nel Sunbelt[4] . A Ed Gleaser piace sottolineare che l’unico ottimo fattore di previsione della crescita degli Stati è quello delle giornate con temperature invernali. In cima a quel dato, il Texas ha una importante caratteristica adatta: ha una pianificazione urbanistica disinvolta [5], che mantiene gli alloggi in condizioni di abbondanza e di economicità.
E cosa dire più in generale del miracolo del capitalismo del libero mercato? Che esiste soltanto agli occhi di chi ci crede.
[1] In americano “gas” sta talora per “benzina” solo per effetto di una abbreviazione di “gasoline”. E’ chiaro che in questo articolo si parla di gas naturale.
[2] James Richard “Rick” Perry è un politico statunitense, membro del Partito Repubblicano e dal 21 dicembre 2000 quarantasettesimo Governatore del Texas.
[3] Bureau of Economic Analysis
[4] Il “Sunbelt” è la grande area degli Stati Uniti che include gli Stati del Sud e del Sudest. Climi caldi in estate e moderati in inverno, all’interno del Sunbelt si trovano condizioni diverse, tipiche di aree desertiche, mediterranee (California) o subtropicali. (Wikipedia)
[5] Se l’effetto è quello di rendere economici i prezzi delle abitazioni, suppongo che “relaxed” stia per “disinvolto” e non per “rilassato”.
By mm
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