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Rabbia, non invidia (blog di Krugman 3 marzo 2014)

 

Mar 3, 2:27 pm

Envy Versus Anger

Suddenly, or so it seems, inequality has surged into public consciousness — and neither the one percent nor its reliable defenders seems to know how to cope.

Some of the reactions are crazy — it’s Kristallnacht, they’re coming to kill us — with the craziness quite widespread; notice how many billionaires, plus of course the Wall Street Journal, rallied around Tom Perkins. But even the saner-sounding voices evidently have a hard time wrapping their minds around the notion that anyone might find 21st-century finance capitalism a bit, well, unfair.

A case in point: this article by Arthur Brooks, the president of the American Enterprise Institute. Brooks is deeply worried about changing popular attitudes toward wealth:

According to Pew, the percentage of Americans who feel that “most people who want to get ahead” can do so through hard work has dropped by 14 points since about 2000. As recently as 2007, Gallup found that 70 percent were satisfied with their opportunities to get ahead by working hard; only 29 percent were dissatisfied. Today, that gap has shrunk to 54 percent satisfied, and 45 percent dissatisfied. In just a few years, we have gone from seeing our economy as a real meritocracy to viewing it as something closer to a coin flip.

And how does he see this sea-change in attitudes? Why, it must be about growing envy of the rich, which is a terrible thing.

But the polling data don’t say anything about envy: when people say that they have lost their belief that hard work will be rewarded, they aren’t saying that they are envious of the rich; they’re saying that they have lost their belief that hard work will be rewarded. To the extent that people have negative feelings about the one percent, the emotion involved isn’t envy — it’s anger, which isn’t at all the same thing. Envy is when you have negative feelings about rich because of what they have; anger is when you have negative feelings about the rich because of what they do.

Think about it: Did the Occupy protests focus on how the one percent lives? Does muckraking journalism obsess over lifestyles?Yes, everyone knows about Mitt Romney’s car elevator, but it was the dorkiness rather than the luxury that made it a story. Actually, considering just how much the lives of the superelite have diverged from those of ordinary Americans, it’s kind of amazing how few articles there have been salaciously describing parties in the Hamptons and all that.

No, what’s really driving most of the ire is the sense that many of the rich didn’t actually earn that position, that they grew rich at the rest of America’s expense.

And what has happened since 2007 that might justify such a belief? Um, how about all those .01 percenters who were boasting about what a great job they were doing, but turned out to be leading us into a catastrophic financial crisis? What about the much-admired leaders who assured us that Wall Street was doing great stuff, and turned out to be totally clueless?

Or what about the remarkable fact that since the crisis, profits have soared, while workers’ incomes have stagnated?

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People aren’t envious, they’re angry — and with good reason.

 

Rabbia, non invidia

 

All’improvviso, o almeno così sembra, l’ineguaglianza si è elevata all’interno della coscienza dell’opinione pubblica – e né l’1 per cento dei più ricchi, né i loro fidati difensori sanno come reagire.

Alcune delle reazioni sono folli – “è la Notte dei Cristalli”, “stanno venendo ad ammazzarci” – di una follia abbastanza generalizzata; si noti come molti miliardari, in aggiunta naturalmente al Wall Street Journal, si stringono attorno a Tom Perkins [1]. Ma anche le voci più assennate fanno fatica a capacitarsi dell’idea che qualcuno potrebbe trovare il capitalismo della finanza del 21° Secolo, diciamo così, un po’ ingiusto.

Un esempio a proposito: l’articolo (in connessione) di Arthur Brooks, il Presidente dell’ American Enterprise Institute. Brooks è profondamente preoccupato del mutamento delle attitudini popolari verso i ricchi:

“Second il Pew [2], la percentuale degli americani che ritengono che ‘la maggioranza delle persone che vogliono andare avanti’ possono farlo attraverso il lavoro duro, è scesa di 14 punti a partire dal 2000. Ancora di recente nel 2007, l’Istituto Gallup rendeva noto che il 70 per cento erano soddisfatti delle loro opportunità di andare avanti lavorando duramente; solo il 29 per cento era insoddisfatto. Oggi, questa differenza si è ristretta ad un 54 per cento di soddisfatti e ad un 45 per cento di insoddisfatti. Solo in pochi anni, siamo passati dal giudicare la nostra economia come una vera meritocrazia a considerarla come qualcosa di più vicino ad una fortuita scommessa.”

E come giudica questa profonda trasformazione delle attitudini? La giudica come qualcosa che deve dipendere da una crescita dell’invidia verso i ricchi, che è una cosa terribile.

Ma i dati dei sondaggi non dicono niente a proposito dell’invidia; quando le persone affermano di aver perso la loro fiducia nel fatto che il lavoro duro verrà ricompensato, non stanno dicendo di essere invidiose dei ricchi; stanno dicendo di non aver più fiducia sul fatto che il lavoro duro sarà ricompensato. Nella misura in cui le persone hanno sensazioni negative nei confronti dell’1 per cento dei più ricchi, il sentimento che viene coinvolto non è l’invidia – è la rabbia, che non è affatto la stessa cosa. L’invidia è la sensazione negativa che si percepisce verso i ricchi per quello che possiedono; la rabbia è quando si hanno sensazioni negative verso i ricchi per quello che fanno.

Si pensi a questo: le proteste di “Occupy” si sono concentrate su come vive l’1 per cento? Il giornalismo scandalistico è ossessionato dai loro stili di vita? E’ vero, tutti sanno dell’ascensore per automobili di Mitt Romney [3], ma è diventato una notizia più per la pacchianeria che non per l’esibizione di lusso. Per la verità, proprio considerando quanto la vita della super élite sia diventata diversa da quella degli americani comuni, è abbastanza sorprendente quanti pochi articoli che descrivessero in modo salace le feste nelle ville di Hamptons e tutto il resto, ci siano stati.

No, quello che realmente provoca gran parte dell’ira è la sensazione che i ricchi non si guadagnino effettivamente quella posizione, ma diventino ricchi a spese del resto dell’America.

E che cose è accaduto, a partire dal 2007, che possa giustificare tale convincimento? Pensiamoci. Che ne direste di tutti quei ricchi all’apice delle graduatorie che si vantavano del gran lavoro che stavano svolgendo, e che si è scoperto ci stavano portando in una crisi finanziaria catastrofica? Oppure, di tutti quei dirigenti circondati da ammirazione che ci assicuravano che Wall Street stava facendo grandi cose, e che si è scoperto erano completamente senza una bussola?

Oppure, del fatto considerevole che dal momento della crisi i profitti sono saliti alle stelle, mentre i salari dei lavoratori sono rimasti stagnanti?

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La gente non è invidiosa – è arrabbiata, e a buona ragione.


 

 

 


[1] Impresario e capitalista americano nato nel 1932.

[2] Società di statistiche e sondaggi.

[3] Pare che in una delle sue case, Romney tenga quattro automobili con un ascensore, evidentemente per sollevarle ai piani superiori. Ovvero, per entrare direttamente in macchina dal salotto, come, mi pare, nei film di Batman. E questo è lo strumento in funzione, dal costo di 55.000 dollari:

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