Apr 21, 8:29 am
A recent paper (pdf) by Martin Gilens and Benjamin Page is getting a lot of attention, and deservedly so. Gilens and Page look at a number of issues over the past 30+ years where polling data let us identify public policy preferences, which can be compared with elite and interest-group preferences. And what they find is that politicians don’t seem to care very much about what the public thinks: when elite preferences and popular preferences are different, the elite almost always wins.
This is an important insight — and it gains special force these days, when the elite’s views not only favor the elite versus the rest (duh) but have also been systematically wrong, on issues from invading Iraq to giving deficits a higher priority than jobs.
But there is a danger here of going too far, and imagining that electoral politics is irrelevant. Why bother getting involved in campaigns, when the oligarchy rules whichever party is in power?
So it’s worth pointing out it does make a difference. Yes, Democrats pay a lot of attention to plutocrats, and even make a point of inviting Patrimonial Capitalism: The Next Generation to White House galas (I would have missed that, even though it’s in my own paper, but for Kathleen Geier. Thanks!). But it’s quite wrong to say that the parties’ behavior in office is the same. As Floyd Norris points out, Obama has in fact significantly raised taxes on very high incomes, largely through special surcharges included in the Affordable Care Act; and what the Act does with the extra revenue is expand Medicaid and provide subsidies on the exchanges, both means-tested programs whose beneficiaries tend to be mainly lower-income adults. The net effect will be significant losses for the super-elite — not crippling losses, to be sure, and hardly anything that will affect their elite status — and major gains to tens of millions of less fortunate Americans.
If you’re waiting for a revolution, or even a new New Deal, this may seem disappointing. But it matters a lot all the same.
Classe, oligarchia e i limiti del cinismo
Uno studio recente (disponibile in pdf) di Martin Gilens e Benjamin Page sta ricevendo molta attenzione, e meritatamente. Gilens e Page osservano un certo numero di temi nel corso dei trenta e più anni passati, per i quali i dati dei sondaggi ci permettono di identificare le preferenze nel governo della cosa pubblica, che possano essere confrontate con le preferenze delle élites e dei gruppi di interesse. E quello che scoprono è che gli uomini politici non sembrano curarsi molto di quello che pensa l’opinione pubblica: quando le preferenze delle élites e quelle della gente comune sono diverse, quasi sempre i primi l’hanno vinta.
E’ una intuizione importante – ed acquista una forza particolare di questi tempi, quando i punti di vista della élite non solo favoriscono l’élite contro tutti gli altri (questa non è una scoperta), ma sono anche sistematicamente dalla parte del torto, su temi come l’invasione dell’Iraq e il dare ai deficit una priorità superiore rispetto ai posti di lavoro.
Ma c’è il pericolo di andare troppo oltre, e di immaginare che la politica elettorale sia irrilevante. Perché preoccuparsi delle campagne elettorali, quando l’oligarchia comanda, qualsiasi partito sia al potere?
Merita dunque mettere in evidenza quello che fa la differenza. Sì, i democratici prestano molte attenzioni ai plutocrati e considerano persino importante invitare la nuova generazione del “capitalismo patrimoniale” alle cerimonia di gala alla Casa Bianca [1] (non fosse stato per Kathleen Geier, mi sarei persa la notizia, pur essendo sul mio quotidiano. Grazie!). Ma è piuttosto difficile affermare che il comportamento dei due partiti sia il medesimo, quando sono al governo. Come mette in evidenza Floyd Norris, Obama di fatto ha significativamente elevato le tasse sui redditi molto alti, in gran parte attraverso particolari aggravi inclusi nella Legge sull’Assistenza Sostenibile; e quello che la legge fa con le entrate aggiuntive è ampliare Medicaid e fornire sussidi presso le ‘borse sanitarie’, entrambi programmi basati su verifiche di reddito i cui beneficiari sono principalmente le persone adulte con redditi più bassi. L’effetto netto saranno perdite significative per la super élite – non perdite rovinose, per l’esattezza, e niente che sia davvero destinato ad influenzare la loro condizione di élite – ed importanti vantaggi per le decine di milioni di americani meno fortunati.
Se stavate aspettando una rivoluzione, od anche un nuovo New Deal, questo può sembrare deludente. Ma è lo stesso assai importante.
[1] Nel link c’è un articolo della giornalista Kathleen Geier sul Washington Monthly che informa di una cerimonia per “giovani miliardari filantropi” alla Casa Bianca.
By mm
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