Blog di Krugman

Germogli verdastri nell’Europa meridionale (assolutamente per esperti) (blog di Krugman, 10 aprile 2014)

 

Apr 10, 12:42 pm

Greenish Shootlets in Southern Europe (Implicitly Wonkish)

 

There are hints of recovery in some of Europe’s austerity-stricken economies. Even Greece is finally showing some signs of an uptick. And you know one thing is going to happen: some people will say, “See — growth despite austerity! Krugman and the Keynesians were wrong!”

What’s interesting is that at the very same time other people (or in some cases, I think, the same people) are pointing to the lack of recovery in the United States and declaring “This has gone on so long that it can’t be cyclical. Krugman and the Keynesians are wrong!”

So whatever happens, I’m proved wrong. So it goes.

But what we should really be doing, of course, is asking what the models (not the person) predicts. And I want to enlarge on some points I made last fall.

Back then I pointed out that textbook macroeconomics says that economies will eventually self-correct from adverse demand shocks, including those created by fiscal austerity. And I do mean textbook: from the World’s Best Principles Book,

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The idea is that high unemployment produces gradually falling wages and prices, and that the economy slides down the aggregate demand curve until full employment is restored in the long run. The problem is that this is the long run in which we are all dead — that is, the cost in output lose and lives ruined may be immense by the time you finally get there.

Beyond that, I noted that in a liquidity trap it’s hard to see why aggregate demand should slope down. The usual channel through which lower prices increase demand, via an increased real money supply and lower interest rates, doesn’t work; meanwhile a worsened burden of debt means that a falling price level probably reduces demand. So the aggregate demand curve slopes the “wrong” way, and the auto-correct mechanism doesn’t work:

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The paradox of flexibility

 

But wait: this is an analysis for a closed economy, or more realistically, for an economy with a floating exchange rate. What if you’re Greece, with a fixed exchange rate (because you have no currency of your own) vis-a-vis a much larger currency area? IN that case falling wages and prices make you more competitive, so that the aggregate demand curve probably slopes down after all, for different reasons.

So we would expect deflation in Greece eventually to produce recovery, even in a totally Keynesian framework. The point, however, is that the cost of austerity and currency rigidity has been immense, and will continue to be immense for years even if GDP is finally growing again.

 

Germogli verdastri nell’Europa meridionale (assolutamente per esperti)

 

 

Ci sono segni di ripresa in alcune economie afflitte dall’austerità dell’Europa. Persino la Grecia sta alla fine mostrando alcuni segni di miglioramento. E voi sapete cosa sta per accadere. Alcuni diranno: “Vedete, la crescita nonostante l’austerità! Krugman ed i keynesiani avevano torto!”

La cosa interessante è che proprio contemporaneamente altre persone (o, in qualche caso, io penso le stesse persone) si riferiscono alla mancanza di ripresa negli Stati Uniti e dichiarano: “Sta andando avanti da così tanto tempo che non può essere ciclica. Krugman ed i keynesiani avevano torto!”

Dunque, qualsiasi cosa accada, si dimostra che io sbaglio. E’ così che va.

Ma quello che davvero dovremmo fare, naturalmente, è chiedersi cosa prevedono i modelli (non gli individui). E intendo ampliare alcuni concetti che avanzai lo scorso autunno [1].

Allora misi in evidenza che i libri di testo di macroeconomia dicono che le economie alla fine si correggono dopo negativi shocks derivanti dalla domanda, compresi quelli determinati dalla austerità delle finanza pubblica. E intendo davvero i libri di testo. Ecco cosa risulta dal World’s Best Principles Book [2]:

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L’idea è che una elevata disoccupazione produca gradualmente una caduta dei salari e dei prezzi, e che l’economia lasci andare verso il basso la curva della domanda aggregata finché, nel lungo periodo, la piena occupazione non è ripristinata. Il problema è che quello è il lungo periodo nel quale siamo tutti morti – ovvero, che il costo in produzione perduta ed in vite rovinate può essere immenso, considerato il tempo che serve per arrivarci.

Oltre a ciò, io osservai che in una trappola di liquidità è difficile vedere il motivo per il quale la domanda aggregata dovrebbe tendere verso il basso. Il canale consueto attraverso il quale prezzi più bassi accrescono la domanda, attraverso una accresciuta offerta reale di denaro e tassi di interesse più bassi, non funziona; nel contempo un peggiorato peso del debito comporta che un livello dei prezzi in discesa probabilmente riduce la domanda. Dunque, la curva aggregata della domanda inclina nel modo “sbagliato”, ed il meccanismo di autocorrezione non funziona [3]:

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Il paradosso della flessibilità

 

 

Ma aspettate: questa è una analisi per una economia chiusa, o più realisticamente per una economia con tassi di cambio fluttuanti. Cosa accade se siete come la Grecia, con un tasso di cambio fisso (perché non avete una vostra propria valuta) a fronte di una area valutaria molto più ampia? In quel caso salari e prezzi che calano vi rendono più competitivi, cosicché la curva della domanda aggregata alla fine tende verso il basso, per ragioni diverse.

Dunque, alla fine per produrre ripresa ci si potrebbe aspettare la deflazione in Grecia, anche in uno schema interamente keynesiano. Il punto, tuttavia, è che il costo dell’austerità e della rigidità della valuta sarà stato enorme, e continuerà ad essere enorme per anni anche se il PIL riprenderà a crescere.

 



[1] La connessione nel testo inglese è con un post dell’8 settembre 2013, che è tradotto in questo blog. Il titolo era “L’autocorrezione non funziona (per esperti)”.

[2] Proviamo a leggere la successiva spiegazione di Krugman, traducendo la figura dall’inglese. Sulla linea delle ordinate (verticale) si ha il livello aggregato dei prezzi; su quella orizzontale delle ascisse il PIL reale. Il punto di partenza (1) è lo shock iniziale della domanda. Lo si definisce shock perché, come è accaduto nella crisi del 2008, alla sua origine ci sono fenomeni improvvisi, come lo scoppio di una bolla immobiliare e nel settore finanziario che spinge i soggetti economici privati a ridurre il rapporto di indebitamento, e dunque a ridurre gli investimenti ed i consumi; così si ha la diminuzione della domanda, che si può leggere nello spostamento della domanda aggregata (AD 1) nella nuova posizione (AD 2). L’effetto di quella diminuzione è una diminuzione del livello aggregato dei prezzi e del prodotto aggregato. Il fenomeno è rappresentato dal passaggio tra E1 ed E2, uno spostamento verso il basso e verso sinistra (e dunque verso un livello dei prezzi più basso e verso un PIL reale minore). Questo spostamento si colloca sulla linea (color rosa) SRAS 1 (che significa “Offerta aggregata di breve periodo”). Ma quando quella tendenza alla diminuzione dei livello dei prezzi (e dei salari) finisce con l’incontrare la linea arancione LPAS (che significa “offerta aggregata di lungo periodo”) e che indica quale sarebbe l’evoluzione nel lungo periodo dell’offerta sulla base del prodotto potenziale di un paese (il punto Y1), evidentemente ci saranno condizioni di una maggiore competitività. A quel punto, dunque l linea della “offerta aggregata di breve periodo” (ora SRAS2) potrà riprendere a salire e ci sarà, appunto, la ripresa.

Però Krugman osserva, ed osservava già nel post del 2013, che questa teorica evoluzione – in una condizione di trappola di liquidità – non funziona più in quel modo. E questo è spiegato nella figura 2.

 

[3] Come si nota, a differenza dalla figura precedente lo spostamento della linea della ‘domanda aggregata’ da AD1 ad AD2, ora non comporta più che si proceda verso destra sulla linea orizzontale (ovvero verso un maggiore PIL reale).  La domanda inclina  ora nel modo ‘sbagliato’, per effetto della trappola di liquidità. Si ha una riduzione dei prezzi e dei salari, ma si è ancora lontani da una inversione di tendenza nel PIL e da una sua crescita Ovvero, si potrebbe dire, per effetto di una tendenza a tenere bassi ben oltre il breve periodo investimenti e consumi, e a preferire il possesso liquido del denaro all’investimento ed al consumo. Effetto che non può essere corretto dalla politica monetaria, ovvero da tassi di interesse più bassi, perché i tassi di interesse sono già prossimi allo zero e non possono essere abbassati ulteriormente.  E, se tutto questo avviene in un paese al quale si impongono politiche di austerità e che non può svalutare la sua moneta perché non ha una moneta propria, aderendo ad un’area valutaria più grande come nel caso dell’euro, è ancora più difficile e più lungo entrare in una ripresa.

Quando segni di ripresa ci saranno, in ogni caso, si sarà finiti ad un punto del PIL reale molto basso (molto verso sinistra) e non sarà affatto rapido tornare al potenziale del prodotto (che nella figura precedente era il punto Y1) che si aveva prima che la crisi cominciasse. Prima o poi si perverrà ad una condizione di “lungo periodo”, ma si tratterà, come scriveva Keynes, del lungo periodo nel quale siamo tutti morti, ovvero nel quale i danni sono stati tali da non poter più essere cancellati facilmente.

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