APR 16, 2014
LONDON – A recent report revealed that the five richest families in Britain are worth more than the country’s poorest 20% combined. Some of the wealth comes from new business ventures; but two of the five are a duke and an earl whose ancestors owned the fields across which London expanded in the nineteenth century.
Urban land wealth is not just a London phenomenon. As Thomas Piketty’s recent book Capital in the Twenty-First Century shows, accumulated wealth has grown rapidly relative to income across the advanced economies over the last 40 years. In many countries, the majority of that wealth – and the lion’s share of the increase – is accounted for by housing and commercial real estate, and most of that wealth resides not in the value of the buildings, but in the value of the urban land on which it sits.
That might seem odd. Though we live in the hi-tech virtual world of the Internet, the value of the most physical thing – land – is rising relentlessly. But there is no contradiction: The price of land is rising because of rapid technological progress. In an age of information and communication technology (ICT), it is inevitable that we value what an ICT-intensive economy cannot create.
ICT has already delivered remarkable new products and services; but, as MIT’s Erik Brynjolfsson and Andrew McAfee argue persuasively in their recent book The Second Machine Age, the really dramatic changes are yet to come, with robots and software bound to automate out of existence a huge number of jobs.
One consequence is the striking phenomenon of huge wealth creation with very little labor input. Facebook has an equity valuation of $170 billion but employs only around 6,000 people. The investment that went into building the software that runs it entailed no more than around 5,000 software engineer man-years.
This remarkable technology has helped to deliver increasing average incomes and will continue to do so. But the distribution of that bounty has been very unequal. The lion’s share of the growth has gone to the top half, the top 10%, or even the top 1% of the population.
As the better off become richer, however, much of their rising income will not be spent on ICT-intensive goods and services. There is a limit to how many iPads and smart phones one can need, and their price continues to plummet.
Instead, an increasing share of consumer expenditure is devoted to buying goods and services that are rich in fashion, design, and subjective brand values, and to competing for ownership of location-specific real estate. But if the land on which the desired houses and apartments sit is in limited supply, the inevitable consequence is rising prices.
Urban land is therefore rising in value – in London, New York, Shanghai, and many other cities – partly because of consumer demand. But its rising value also makes it an attractive asset class for investors, because further price increases are expected. Moreover, returns on real estate have been swollen by the dramatic fall in interest rates over the last 25 years, a decline that was far advanced even before the 2008 financial crisis.
The cause of those low interest rates is debated; but one probable factor is the reduced cost of business investment in hardware and software-based “machines.” If you can build a $170 billion company with just 5,000 software engineer man-years, you don’t need to borrow much money.
The fact that technology is so powerful not only makes physical land more valuable; it also means that future employment growth will be concentrated among the jobs that cannot be automated, particularly in services, which have to be delivered physically. The US Bureau of Labor Statistics estimates that among the most rapidly growing occupational categories over the next ten years will be “healthcare support occupations” (nursing aides, orderlies, and attendants) and “food preparation and serving workers” – that is, overwhelmingly low-wage jobs.
In short, ICT creates an economy that is both “hi-tech” and “hi-touch” – a world of robots and apps, but also of fashion, design, land, and face-to-face services. This economy is the result of our remarkable ability to solve the problem of production and automate away the need for continual labor.
But it is an economy that is likely to suffer two adverse side effects. First, it may be inherently unstable, because the more that wealth resides in real estate, the more the financial system will provide leverage to support real-estate speculation, which has been at the heart of all of the world’s worst financial crises. Major changes in financial and monetary policy, going far beyond those introduced in response to the 2008 crisis, are required to contain this danger.
Second, unless we deliberately design policies that encourage and sustain inclusive growth, a highly unequal society is virtually inevitable, with rising land values and wealth magnifying the effects of the unequal income distribution that ICT produces directly. Indeed, the modern economy may resemble that of the eighteenth century, when the land owned by the Duke of Westminster and the Earl of Cadogan was still just fields to the west of London, more than the middle-class societies in which most developed countries’ citizens’ grew up.
L’economia High-tech e quella basata sul fattore della vicinanza umana [1]
di Adair Turner, 16 aprile 2014
LONDRA – Un rapporto recente ha rivelato che le cinque famiglie più ricche nel Regno Unito hanno un valore superiore al 20 per cento dei più poveri del paese messi assieme. Alcuni dei ricchi provengono da recenti imprese affaristiche; ma tra i cinque, due sono un duca e un conte i cui antenati erano proprietari dei terreni sui quali Londra si sviluppò nel diciannovesimo secolo.
La ricchezza di territorio urbano non è un fenomeno della sola Londra. Come il recente libro di Thomas Piketty “Il capitale nel ventunesimo secolo” dimostra, nel corso degli ultimi 40 anni, tra le economie avanzate, la ricchezza accumulata è cresciuta rapidamente rispetto al reddito. In molti paesi, la maggior parte di quella ricchezza – e la parte del leone di quell’incremento – è consistita di patrimoni immobiliari residenziali e commerciali, e gran parte di quella ricchezza non risiede nel valore degli edifici, ma nel valore del territorio urbano nel quale sono collocati.
Potrebbe sembrare strano. Sebbene si viva nel mondo virtuale dell’alta tecnologia di Internet, il valore del fattore dotato della massima fisicità – il terreno – sta crescendo ininterrottamente. Ma non c’è contraddizione: il valore della terra sta crescendo a causa del progresso tecnologico. In un’età della tecnologia dell’informazione e della comunicazione (ICT), è inevitabile che apprezziamo quello che una economia ad alta intensità tecnologica non può creare.
La tecnologia della informazione e della comunicazione ha già fatto nascere rilevanti nuovi prodotti e servizi; ma come sostengono persuasivamente Erik Brynjolfsson e Andrew McAfee del MIT, nel loro libro recente “La seconda epoca delle macchine”, i contributi davvero spettacolari debbono ancora arrivare, con i robot ed il software destinati a far scomparire un ampio numero di posti di lavoro.
Una conseguenza è l’impressionante fenomeno dell’ampia creazione di ricchezza con un input di lavoro molto piccolo. Facebook ha un valore azionario di 170 miliardi di dollari ma occupa soltanto 6.000 persone. L’investimento che fu necessario nella realizzazione del software che lo fa funzionare ha comportato non più di 5.000 “anni-uomo” di ingegnere di software [2].
Questa considerevole tecnologia ha contribuito a produrre redditi medi crescenti e continuerà a farlo. Ma la distribuzione di tale abbondanza è stata molto diseguale. La parte del leone della crescita è toccata alla metà, al 10 per cento o persino all’1 per cento della popolazione più ricca.
Come i benestanti diventano più ricchi, tuttavia, gran parte dei loro crescenti redditi non vengono spesi nei beni e servizi ad alta tecnologia delle informazioni e comunicazioni. C’è un limite agli iPad ed ai telefonini di cui una persona ha bisogno, ed il loro prezzo continua a precipitare.
Invece, una quota crescente della spesa di consumatori è rivolta ad acquistare beni e servizi che sono ricchi di stile, di design e di valori soggettivi delle marche, ed a competere nella proprietà di beni immobiliari collocati in contesti particolari. Ma se i terreni nei quali sono collocate le abitazioni e gli appartamenti ambiti sono in offerta limitata, la conseguenza inevitabile sono i prezzi crescenti.
Il territorio urbano sta di conseguenza crescendo di valore – a Londra, a New York, a Shangai ed in molte altre città – in parte a causa della domanda di consumo. Ma il suo valore crescente lo rende anche una categoria di asset attraente per gli investitori, giacché sono attesi ulteriori incrementi di prezzo. Inoltre, i rendimenti immobiliari sono stati rigonfiati dalla spettacolare caduta nei tassi di interesse degli ultimi 25 anni, un declino che era molto avanzato anche prima della crisi finanziario del 2008.
Si discute della causa di questi bassi tassi di interesse; ma un fattore probabile è il costo ridotto degli investimenti di impresa nei ‘macchinari’ basati su hardware e software. Se potete costruire una società del valore di 170 miliardi di dollari con soli 5.000 ‘anni-uomo’ di lavoro ingegneristico di software, non avete bisogno di prendere a prestito molto denaro.
Il fatto che la tecnologia sia così potente non solo aumenta il valore del territorio materiale; significa anche che la crescita dell’occupazione futura sarà concentrata sui posti di lavoro che non possono essere automatizzati, particolarmente nei servizi che devono essere eseguiti materialmente. L’Ufficio delle Statistiche sul Lavoro degli Stati Uniti stima che tra le categorie occupazionali in più rapida crescita del prossimo decennio ci saranno “le occupazioni di sostegno alla assistenza sanitaria” (le assistenti infermiere, gli aiuti ospedalieri e gli inservienti) ed i “lavoratori addetti alla preparazione del cibo ed ai servizi connessi” – vale a dire, posti di lavoro in misura schiacciante a basso salario [3].
In breve, la tecnologia dell’informazione e della comunicazione è sia “ad elevata qualità tecnologica” che “ad elevata vicinanza al consumatore” – un mondo di robot e di applicazioni di software, ma anche di moda, di design, di territori e di servizi faccia-a-faccia. Questa economia è il risultato della nostra rilevante capacità di risolvere il problema della produzione e della automatizzazione, al di là della necessità di un lavoro ininterrotto.
Ma si tratta di una economia che probabilmente soffrirà di due effetti collaterali negativi. Il primo, essa può essere intrinsecamente instabile, giacché più la ricchezza consiste nel patrimonio immobiliare, più il sistema finanziario fornirà la leva per sostenere la speculazione immobiliare, che è stata il fulcro di tutte le peggiori crisi finanziarie del mondo. Per contenere un pericolo del genere, sono necessari importanti cambiamenti nella politica finanziaria e monetaria, andando molto oltre quelli introdotti in risposta alla crisi del 2008.
La seconda, se non pensiamo in modo specifico politiche che incoraggino e sostengano una crescita inclusiva, diverrà virtualmente inevitabile una società altamente ineguale, con valori dei terreni crescenti ed una ricchezza che ingigantisce gli effetti di ineguale distribuzione del reddito che la tecnologia dell’informazione e della comunicazione produce direttamente. In effetti, l’economia moderna può rassomigliare quella del diciottesimo secolo, quando i territori posseduti dal Duca di Westminster e dal Conte di Cadogan erano ancora dei semplici campi ad occidente di Londra, piuttosto che contesti sociali di classe media nei quali crescevano gli abitanti della maggior parte dei paesi sviluppati.
[1] Secondo Oxford Dictionary “high-touch” è un aggettivo che indica “una attività basata su una relazione molto stretta con l’utente o il cliente”. Ma il termine deriva da John Naisbitt (nato nel 1929 a Salt Lake City, Utah), autore e conferenziere americano nel settori degli studi della futurologia. Il suo primo libro Megatrends fu pubblicato nel 1982 e fu il bestseller nella lista del New York Time per due anni: fi edito in 57 paesi e vendetta più di 14 milioni di copie.
[2] Un “anno-uomo” è un metodo per definire la quantità di lavoro fatto da un individuo nel corso di un anno. Quindi, per realizzare l’impresa di cui si sta parlando è stato necessario un lavoro pari alla attività ingegneristica svolta da 5.000 persone in un anno. Si consideri che Facebook è una impresa che ebbe inizio nel 2004, alla quale sono iscritti il 51 per cento dei cittadini americani, il 46% degli inglesi, il 37% dei francesi ed il 27% dei tedeschi; nell’ottobre del 2012 aveva raggiunto un miliardo di utenti.
[3] La statistica della agenzia americana mostra in giallo la crescita prevista nei compensi medi, in rosso la crescita prevista in nuovi posti di lavoro. Al primo posto ausiliari nella assistenza alle persone – che come si vede dovrebbero notevolmente aumentare quanto a numero di posti di lavoro e molto meno quanto a compensi salariali. Seguono gli infermieri professionali, i dipendenti addetti alle vendite al dettaglio, gli assistenti nelle cure sanitarie a domicilio, gli addetti alla preparazione del cibo ed ai servizi connessi nella ristorazione.
By mm
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