Blog di Krugman

Non sono tempi per Sargent (21 aprile 2014)

 

Apr 21, 11:12 am

No Time For Sargent

I’m a little late to this, but there’s lately been some buzz about the unearthing of Tom Sargent’s 2007 graduation speech, in which he briefly laid out 12 principles of economics. For the most part the speech is getting favorable attention. So let me be a spoilsport. It’s not so much that what Sargent said is wrong, although some of his principles are by no means universally agreed upon, even in normal times. What’s so striking about Sargent’s points is that it’s hard to think of a worse time to cite them. And the people citing that old speech clearly have ulterior motives.

So, about the not so time-dependent points: Sargent declared as a principle, “There are tradeoffs between equality and efficiency.” Well, every economist would agree that Cuban-type equality is bad for efficiency. But would reducing our current level of inequality reduce efficiency? That’s far from clear: there are a number of reasons to believe that high levels of inequality have adverse effects on economic growth – and evidence to that effect is coming not from fringe leftists but from places like the IMF.

The main point, however, is that Sargent’s principles aren’t actually immutable truths; they’re statements about a fairly efficient market economy not too far from full employment. Even leaving general issues of market failure aside, they seem remarkably off-point in an economy still suffering from high unemployment and excess desired savings (as evidenced by the fact that interest rates are at the zero lower bound).

So when Sargent reminds us that communities face trade-offs, that’s much less clear at a time when the community is not at all like an individual – in which there are substantial amounts of unemployed resources, and putting those resources to work would be pure gain, not a tradeoff. And then he tells us this:

When a government spends, its citizens eventually pay, either today or tomorrow, either through explicit taxes or implicit ones like inflation.

There are very good reasons to believe that this is just wrong under current conditions. There’s overwhelming evidence that in an economy against the zero lower bound government spending has a large, positive multiplier, so the goods the government buys don’t come at the expense of other consumption or investment; and there’s a reasonable argument to the effect that even in purely fiscal terms spending more than pays for itself.

Now, when Sargent gave that speech – before the financial crisis – he could reasonably have imagined that conditions under which his eternal truths weren’t true would be rare. But at this point we’ve been against the zero lower bound for more than five years, and we’re talking seriously about the possibility that depression-like conditions are the new normal.

So why the sudden attention to Sargent’s 2007 speech? I think it’s fairly obvious: it’s essentially stealth anti-Keynesian propaganda, cloaked in the form of a widely respected and liked economist uttering what sound like eternal truths. But they aren’t, and the real goal here is to undermine the case for fighting unemployment in the here and now. There are virtues to that 2007 talk, but right now is no time for 2007 Sargent.

 

Non sono tempi per Sargent

 

Arrivo un po’ in ritardo su questo tema, ma c’è stato di recente un certo scalpore sul discorso pronunciato da Tom Sargent [1] per la cerimonia di laurea del 2007, nel quale egli indicò brevemente 12 principi dell’economia. Il discorso sta ottenendo una generale attenzione positiva. Fatemi dunque fare il guastafeste. Non si tratta tanto del fatto che quello che disse Sargent fosse sbagliato, sebbene sui suoi principi non ci sia affatto un consenso universale, anche in tempi normali. Quello che fa impressione nei punti di Sargent è che è difficile pensare ad un momento peggiore per citarli. E le persone che citano quel vecchio discorso chiaramente devono avere altri motivi.

Dunque, a proposito di quei punti non così in sintonia con i tempi: Sargent ha dichiarato come un principio “Ci sono compromessi tra eguaglianza ed efficienza”. Ebbene, ogni economista converrebbe che una eguaglianza di tipo cubano è negativa per l’efficienza. Ma ridurre il nostro attuale livello di ineguaglianza ridurrebbe l’efficienza? Questo è tutt’altro che chiaro: ci sono varie ragioni per credere che alti livelli di ineguaglianza abbiano effetti negativi sulla crescita economica – e le prove di tali effetti non provengono da frange della sinistra, ma da luoghi come il Fondo Monetario Internazionale.

Il punto principale, tuttavia, è che i principi di Sargent in effetti non sono verità immutabili; essi sono affermazioni relative ad una economia di mercato discretamente efficiente e non troppo lontana dalla piena occupazione. Persino lasciando da parte i temi  generali delle carenze del mercato, essi sembrano considerevolmente fuori luogo in un’economia che ancora soffre di elevata disoccupazione e di un eccesso di risparmi attesi (come evidenziato dal fatto che i tassi di interesse sono al limite inferiore dello zero).

Dunque, quando Sargent ci ricorda che le comunità si trovano dinanzi a compromessi, questo è molto meno chiaro in un’epoca nella quale la comunità non è affatto simile ad un individuo – nella quale ci sono quantità importanti di risorse non occupate, e mettere in funzione tali risorse sarebbe solo un vantaggio, non un compromesso. Egli, inoltre, ci ricorda questo:

“Quando un Governo spende, i suoi cittadini alla fine pagano, oggi o domani, sia attraverso tasse vere e proprie che attraverso tasse implicite come l’inflazione.”

Nella attuali condizioni, ci sono buone ragioni per ritenere che questo sia proprio sbagliato. Ci sono prove schiaccianti che in un’economia costretta al limite inferiore dello zero [2] la spesa pubblica abbia un ampio moltiplicatore [3] positivo, cosicché i beni che il governo acquista non vanno a svantaggio di altri consumi o investimenti; e c’è un argomento ragionevole per il quale il risultato, persino nei termini della pura finanza pubblica, sia che una spesa maggiore si ripaghi da sola.

Ora, quando Sargent pronunciò quel discorso – prima della crisi finanziaria – egli poteva ragionevolmente immaginare che condizioni per le quali le sue verità eterne non fossero più vere, sarebbero state rare. Ma a questo punto sono più di cinque anni che siamo di fronte al limite inferiore dello zero, e stiamo seriamente riflettendo sulla possibilità che quelle condizioni di quasi depressione siano la nuova normalità.

Perché, dunque, questa improvvisa attenzione al discorso di Sargent del 2007? Penso sia abbastanza evidente: si tratta sostanzialmente di mascherata propaganda antikeynesiana, nascosta nella forma di un economista generalmente rispettato ed ammirato, che afferma quelle che appaiono come verità eterne. Ma non lo sono, ed il vero obbiettivo in questo caso è quello di mettere in crisi la tesi del combattere la disoccupazione, qua e subito. In quel discorso del 2007 ci sono verità, ma questi non sono tempi per il Sargent del 2007.  



[1] Thomas John Sargent (Pasadena (California), 19 luglio 1943) è un economista statunitense, insignito del Premio Nobel per l’economia nel 2011 assieme a Christopher A. Sims, “per le loro ricerche empiriche su cause ed effetti in macroeconomia” (Wikipedia).

I 12 principi di cui si parla sono di recente stati ricordati da Mark J. Perry sul blog dell’ American Enterprise Institute.

z 37

 

 

 

 

 

 

 

 

 

[2] Nei tassi di interesse.

[3] Per il concetto di “multiplier” vedi le note sulla traduzione.

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