Apr 25, 8:20 am
Well, it’s Piketty day at the Times, with David Brooks and yours truly even having more or less matching headlines. And David’s take reminds me of something I’ve been meaning to do: explain one important point in Piketty that even economist readers have, it seems, tended to miss.
In his critique David says of Piketty,
He predicts that family fortunes will concentrate, though big ones in the past have tended to dissipate and families like the Gateses give a lot away.
So, two points. Piketty doesn’t just assert that fortunes will concentrate, he shows that they have in fact concentrated in the past. That’s the whole point of his extended analysis of Belle Epoque France, with its dominance by inherited wealth. And for every Bill Gates, there are many families that do all they can to perpetuate dynastic wealth. Remember, the 10 wealthiest Americans include 4 Waltons and two Kochs.
Second, Piketty predicts a high concentration of wealth, but not concentration without limit. He alludes to his modeling here rather than presenting it explicitly, but maybe he should have said more.
Here’s how I think of it. Imagine that once a family acquires a certain level of wealth, it tends to engage in dynastic accumulation, consuming only a fraction of its asset returns while saving the rest and passing it on. However, there is in each generation some probability that the family fortune will be squandered by a wastrel.
In this case there will be an equilibrium distribution of family fortunes, comprising families that have accumulated wealth for three generations, a smaller number who have accumulated for four generations (smaller because some fortunes get squandered), a still smaller number who have accumulated for five generations, and so on.
How much wealthier will five-generation dynasties be than four-generation? It depends on the rate of return r — and their share of wealth also depends on the growth rate g. Furthermore, six-generation dynasties will be to five-gens as five gens are to four, etc.. The distribution of wealth will follow a Pareto distribution (which is true of actual wealth distributions at the top), with the exponent depending on r minus g.
So no dynasty lasts forever; there will be a slow “circulation of elites.” But some dynasties will last a long time — and if the after-tax rate of return is high, those dynasties will control a large share of wealth.
And let me add something here: if you think you’ve found an obvious hole, empirical or logical, in Piketty, you’re very probably wrong. He’s done his homework!
Piketty e Pareto
Ebbene, è il giorno di Piketty al Times, con David Brooks ed il sottoscritto che più o meno hanno persino titoli simili [1].E la posizione di David mi ricorda qualcosa che intendevo fare: spiegare un punto importante in Piketty, che anche i lettori economisti, a quanto pare, tendono a non capire.
Nella sua critica, David dice di Picketty:
“Egli predice che le fortune familiari si concentreranno, sebbene nel passato i pezzi grossi abbiano teso alla dissipazione e famiglie come quella dei Gates diano molto in beneficienza.”
Dunque, due punti. Piketty non soltanto asserisce che le fortune si concentreranno, dimostra che di fatto si sono concentrate nel passato. E’ quello l’intero oggetto della sua ampia analisi della Belle Époque francese, con il suo dominio delle ricchezze ereditarie. Inoltre, per ogni Billy Gates, ci sono molte famiglie che fanno quello che possono per perpetuare la ricchezza dinastica. Si ricordi che tra i dieci americani più ricchi sono inclusi quattro Walton e due Koch.
In secondo luogo, Piketty prevede una elevata concentrazione della ricchezza, ma non una concentrazione illimitata. In questo caso egli allude al suo modello piuttosto che presentarlo esplicitamente, ma forse avrebbe dovuto parlarne di più.
Ecco cosa penso di questo punto. Si immagini che ad un certo momento una famiglia acquisisca un certo livello di ricchezza, essa tende ad effettuare una accumulazione di tipo dinastico, consumando solo una frazione dei rendimenti del suo patrimonio nel mentre risparmia il resto e lo inoltra (agli eredi). Tuttavia, in ogni generazione c’è qualche probabilità che le fortune familiari siano sprecate da un dissipatore.
In questo caso ci sarà una distribuzione in equilibrio delle fortune familiari, che includerà famiglie che hanno accumulato ricchezza per tre generazioni, un numero più piccolo che le hanno accumulate per quattro generazioni (più piccolo perché un parte delle fortune sono state dissipate), un numero ancora più piccolo che l’hanno accumulata per cinque generazioni, e così via.
Quanto saranno più ricche le famiglie di cinque generazioni rispetto a quelle di quattro generazioni? Ciò dipenderà dal tasso di rendimento “r” – e la loro quota di ricchezza dipenderà anche dal tasso di crescita “g”. Inoltre, dinastie di sei generazioni staranno alle quinte generazioni come le quinte generazioni staranno alle quattro, etc. La distribuzione della ricchezza seguirà uno schema di distribuzione di Pareto (il che è vero per le attuali distribuzioni della ricchezza ai vertici), con l’esponente dipendente da “r” meno “g”.
Dunque, nessun dinastia dura all’infinito; ci sarà una lenta “circolazione delle élites”. Ma alcune dinastie dureranno a lungo – e se il tasso di rendimento dopo le tasse è elevato, quelle famiglie controlleranno una ampia quota di ricchezza.
E lasciatemi aggiungere qualcosa a questo proposito: se pensate di aver trovato una chiara falla, empirica o logica, in Piketty, è probabile che abbiate torto. Lui i compiti a casa li ha fatti!
[1] L’articolo di Krugman sul New York Times del 25 aprile – tradotto in questo blog – aveva il titolo “The Piketty Panic”; quello di Brooks “The Piketty Phenomenon”. Si noti che il diciamo così “abbinamento” dei temi degli articoli di Brooks a quelli di Krugman non è un fenomeno raro per il giornale americano. Brooks esprime una linea moderatamente conservatrice, Krugman una linea apertamente progressista. Le differenze di cultura e di intelligenza politica sono rilevanti, ma questo è un parere personale. Il giornale, suppongo, abbinandoli punti a tenere insieme un mercato di lettori più vasto.
By mm
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Il libro di Piketty sembra aver fatto colpo. Ne parla piuttosto bene l’Economist, che oltre alla usuale recensione gli ha dedicato vari articoli online, e non male perfino il Financial Times