April 9, 2014, 8:03 am
In 1938 Alvin Hansen, who did more than anyone else to bring Keynesian economics to America, gave a landmark speech to the American Economic Association. (The speech is behind a paywall, but Tim Taylor has a good summary here.) In it, he made the case for “secular stagnation” — a persistently depressed economy. His arguments were pretty good, too: slow population growth and slow technological progress, he argued meant low investment demand — and even very low interest rates wouldn’t be enough to make up for the shortfall.
Incidentally, for those who believe that the new interest in secular stagnation vindicates arguments like those of Greider, notice that technological progress in the secular stagnation story has the opposite sign; instead of worrying that rapid technological progress will destroy jobs, secstaggers (we are going to need a word!) worry that slow technological progress will mean not enough investment demand.
Of course, it didn’t happen at the time; but many people took the wrong conclusion from Hansen’s failed prediction. They took it to mean that secular stagnation could not happen in real life, that the magic of the marketplace would always find a way to restore full employment. But given what actually happened — a baby boom and a wave of productivity growth that Hansen failed to anticipate — his theory never got a real test.
Moreover, you could very much argue that Japan since the 1990s fits Hansen’s story quite well. Stagnating population? Check. Slowing technological progress? Well, not so clear cut, but certainly Japan didn’t progress after 1990 the way it did before. Persistently depressed economy? Oh yes.
And now we’re talking about the same thing for advanced western economies. And this time the theory is getting more explicit: Eggertsson and Mehrotra (pdf and very wonkish) have an excellent paper showing how this can happen.
There are two things I really like about the EM paper. First, it shows that I was wrong. Second, it shows that I was right.
On the wrongness side of the ledger: In my original Japan piece (pdf), I offered a little model of a liquidity trap in which, for simplicity, I assumed infinitely-lived agents. This was a gadget, not a fundamental assertion — that is, it was a way to push aside complexities I din’t think were central to the logic. The rest of the literature has followed the same path of least mathematical resistance.
As Eggertsson and Mehrotra point out, however, this approach effectively rules out anything like secular stagnation: the real interest rate eventually must equal the discount rate of whichever players matter on the margin. So a liquidity trap has to be a temporary phenomenon driven by a temporary shock. Since this fitted in with what policymakers wanted to hear, and with the general presumption that Hansen-type stories can’t be right, it went largely unquestioned.
But EM show that once you have overlapping generations, you can indeed have secular stagnation. So this is kind of an object lesson in how strategic simplifications in modeling — which are necessary! — can lead you to overlook important possibilities.
On the other hand, EM confirm my hypothesis of a timidity trap: while an inflation target, if believed, can bootstrap you out of secular stagnation, it has to be a sufficiently bold target. Announce your commitment to 2 percent inflation when the economy needs 4, and nothing happens.
I need to work a lot more on the mechanics of this paper; I’m wondering in particular whether there is a possibility of sustaining the economy with permanent fiscal expansion.
But important stuff.
Stagnazione senza fine, e così sia (per esperti)
Nel 1938 Alvin Hansen, che fece più di chiunque altro per portare il pensiero economico keynesiano in America, tenne un discorso epocale alla American Economic Association (il testo si può aprire a pagamento, ma Tim Taylor ha in questa connessione un buon sommario). In esso avanzò la tesi della “stagnazione secolare” – una economia persistentemente depressa. Anche i suoi argomenti erano abbastanza giusti: una lenta crescita della popolazione ed un lento progresso tecnologico, egli sostenne, comportavano una bassa domanda di investimenti – e persino bassi tassi di interesse non sarebbero stati sufficienti a compensare il declino.
Tra parentesi, per coloro che credono che il nuovo interesse per la stagnazione secolare faccia giustizia di argomenti come quelli di Greider [1] , si noti che il progresso tecnologico ha un segno opposto nella spiegazione della stagnazione secolare; piuttosto di preoccuparsi che il rapido progresso tecnologico distrugga posti di lavoro, gli “stagnazionisti secolari” [2] (avremo bisogno di inventare un nome!) si preoccupano che il lento progresso tecnico comporti una domanda di investimenti non sufficiente.
Naturalmente, in quell’epoca non accadde; ma molte persone trassero la conclusione sbagliata dal mancato avverarsi delle previsioni di Hansen. Essi ne dedussero che la stagnazione secolare non poteva avvenire nel mondo reale, che la magia del mercato avrebbe sempre trovato un modo per ripristinare la piena occupazione.
Ma, dato quello che realmente avvenne – una esplosione delle nascite ed un’ondata di crescita della produttività che Hansen non aveva previsto – la sua teoria non superò mai la prova dei fatti.
Inoltre, si potrebbe ampiamente sostenere che l’esperienza del Giappone dagli anni ’90 si adatti molto bene al racconto di Hansen. Stagnazione della popolazione? Si è verificata. Rallentamento del progresso tecnologico? Ebbene, non una interruzione così chiara, ma certamente il Giappone non ha fatto progressi dopo il 1990 come ne aveva fatti in precedenza. Economia persistentemente depressa? Certamente.
Ed oggi stiamo parlando della stessa cosa per le economie avanzate dell’Occidente. E questa volta la teoria sta diventando più esplicita: Eggertsson e Mehrotra (disponibile in pdf, proprio per esperti) presentano uno studio eccellente su come questo possa avvenire.
Ci sono due cose che davvero mi piacciono del saggio di Eggertsson e Mehrotra. La prima, che dimostra che sbagliavo. La seconda, che dimostra che avevo ragione.
Sulla parte sbagliata del registro: nel mio lavoro originario sul Giappone (disponibile in pdf) offrivo un piccolo modello di una trappola di liquidità nel quale, per semplicità, presupponevo attori di infinita esperienza. Non era un asserzione fondamentale, era uno strumento – vale a dire, era un modo per metter da parte le complessità che non pensavo fossero centrali per la logica. La restante letteratura sull’argomento ha seguito la stessa via matematicamente più facile.
Tuttavia, come Eggertsson e Mehrotra mettono in evidenza, un approccio del genere di fatto esclude cose come la stagnazione secolare: il tasso di interesse reale alla fine deve eguagliare il tasso di sconto [3] al quale qualsiasi attore opera al margine. Dunque, una trappola di liquidità deve essere un fenomeno temporaneamente guidato da uno shock provvisorio. Dal momento che questo si adattava con ciò che gli operatori politici volevano sentir dire, e con la supposizione diffusa che racconti come quello di Hansen non potevano essere giusti, esso è stato largamente incontrastato.
Ma Eggertsson e Mehrotra mostrano che una volta che si hanno generazioni che si sovrappongono, in effetti si può avere la stagnazione secolare. Dunque, questa è una sorta di dimostrazione pratica di come le semplificazioni strategiche nei modelli – che sono necessarie! – vi possono condurre a trascurare importanti possibilità.
D’altra parte, Eggertsson e Mehrotra confermano la mia ipotesi di una ‘trappola della timidezza’: mentre un obbiettivo di inflazione, se viene creduto, può strapparvi dalla stagnazione secolare, esso deve essere sufficientemente coraggioso. Se si annuncia un impegno all’inflazione del 2 per cento mentre l’economia ha bisogno del 4, non succede niente.
Ho bisogno di lavorare un po’ di più sulla meccanica di questo studio; mi sto chiedendo in particolare se c’è una possibilità di sostenere l’economia con una permanente espansione della finanza pubblica.
Ma sono cose importanti.
[1] William Greider ha scritto un bestseller dal titolo “Un mondo unico, lo si voglia o no. La logica frenetica del capitalismo globale”.
[2] In realtà, “stagger” è colui che barcolla, che vacilla; non ‘colui che è stagnante’. Diciamo che “secstaggers” sta per coloro che ritengono che una volta, o più volte, nel corso di un secolo, si barcolli per la stagnazione.
[3] Ovvero, il tasso caricato sui prestiti che le banche commerciali ed altri istituti di deposito ricevono dalla Federal Reserve. Viene anche chiamato ‘tasso di riferimento’.
By mm
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