May 16, 11:46 am
Noah Smith isn’t very happy with Steve Levitt, who thinks he was being smart by telling David Cameron that he should scrap the NHS and let the magic of the marketplace deal with health care. Strangely, Cameron wasn’t impressed.
I think there are actually several things going on here. One is a Levitt-specific, or maybe Freakonomics-specific, effect: the belief that a smart guy can waltz into any subject and that his shoot-from-the-hip assertions are as good as the experts’. Remember, Levitt did this on climate in his last book, delivering such brilliant judgements as the assertion that because solar panels are black (which they actually aren’t), they’ll absorb heat and make global warming worse. So it’s true to form that he would consider it unnecessary to pay attention to the work of lots of health economists, or for that matter the insights of Ken Arrow, and assert that hey, I don’t see any reason not to trust markets here.
There’s also the resurgence of faith-based free-market fundamentalism. I’ll write more on this soon, but I’m seeing on multiple fronts signs of an attempt to wave away everything that happened to the world these past seven years and go back to the notion that the market always knows best. Hey, it’s always about allocating scarce resources (never mind all those unemployed workers and zero interest rates), and why would you ever imagine that market prices are wrong (don’t mention the bubble).
And underlying all of this is a problem of methodology.
How should you use the perfectly competitive model, so beloved of economists? It is, of course, only a model, and we know that its underlying assumptions are untrue. There’s the Friedman dictum that this doesn’t matter as long as the model makes good predictions; that’s actually quite problematic, and there are good reasons to argue that the realism of the assumptions matters too.
But one thing you surely shouldn’t do — one thing that even Friedman would or at least should have said you shouldn’t do — is cling to the idealized free-market model when it makes lousy predictions.
In the case of health care, we know that all the assumptions behind free market optimality are grossly violated. Maybe, maybe, you could still justify treating health as a normal market if free markets in health care seemed, in practice, to work well. But they don’t! Even at the rawest level, health costs in advanced countries look like this, with health spending as a percentage of GDP on the vertical axis:
That’s us in the upper right-hand corner: our uniquely privatized system is uniquely expensive, while overall indicators of the quality of care don’t point to any US superiority. So on the face of it, the evidence strongly suggests that the proposition that health is an area where private markets work badly is borne out by experience.
If you choose to reject that evidence, if you insist that markets must work just as well for surgery as for shoes, one has to ask, is there anything at all that would make you question free-market fundamentalism? If not, then you’re just selling pure faith.
Stravaganze basate sulla fede
Noah Smith è tutt’altro che contento di Steve Levitt, che pensa di essere stato furbo dicendo a David Cameron che dovrebbe smantellare il Sistema Nazionale Sanitario e lasciare che la magia del mercato si occupi della assistenza sanitaria. Strano a dirsi, Cameron non è rimasto impressionato.
Penso che in effetti vengano al pettine alcune cose a questo proposito. Una è il particolare effetto di Levitt, o forse della Freakonomics [1] : la convinzione che un tipo sveglio possa saltellare su ogni tema e che i suoi giudizi improvvisati siano affidabili come quelli degli esperti. Si ricordi, Levitt ha dedicato il suo ultimo libro al clima, esprimendo giudizi particolarmente brillanti come quello secondo il quale, poiché i pannelli solari sono neri (in effetti, non lo sono), essi assorbiranno il calore e renderanno il riscaldamento globale anche peggiore. Dunque, c’era da aspettarsi che egli avrebbe considerato superfluo prestare attenzione ai lavori di una quantità di economisti sanitari, o nello stesso modo alle intuizioni di Ken Arrow, e sostenesse che, signori cari, non c’è alcuna ragione per non dare fiducia ai mercati, in questa materia.
C’è anche il raffacciarsi di un fondamentalismo fideistico del libero mercato. Scriverò più a fondo prossimamente su questo tema, ma sto osservando in una molteplicità di fronti i segnali di un tentativo di liquidare tutto quello che è successo nel mondo nei sette anni passati e tornare all’idea che il mercato valuta le cose sempre nel migliore dei modi. Il suo ruolo è sempre quello di allocare risorse scarse (tutti quei lavoratori disoccupati ed i tassi di interesse allo zero non contano), e non si vede perché i prezzi di mercato dovrebbero essere sbagliati (a parte le bolle).
E, sullo fondo di tutto questo, c’è un problema di metodologia.
Come si dovrebbe adoperare il modello della competizione perfetta, così amato dagli economisti? Esso è, ovviamente, solo un modello, e sappiamo che i suoi impliciti assunti non sono veri. C’è il detto di Friedman secondo il quale questo non conta, finché un modello produce buone previsioni; che per la verità è abbastanza problematico, essendoci buone ragioni per sostenere che anche il realismo delle premesse è importante.
Ma sicuramente una cosa che non si dovrebbe fare – una cosa che persino Friedman avrebbe detto o avrebbe dovuto dire che non si deve fare – è aggrapparsi al modello idealizzato del libero mercato quand’esso produce previsioni scadenti.
Nel caso della assistenza sanitaria, sappiamo che tutti gli assunti che stanno dietro l’ottimalità del libero mercato sono grossolanamente violati. Forse, dico forse, si potrebbe ancora giustificare il trattare la salute come un normale mercato se i liberi mercati, nel caso della assistenza sanitaria, fossero risultati ben funzionanti. Ma non è così! Anche al livello più elementare, i costi sanitari nei paesi avanzati appaiono come nel diagramma seguente, con la spesa sanitaria come percentuale del PIL sull’asse verticale:
Si consideri che noi ci collochiamo nell’angolo in alto a destra: il nostro sistema, privatizzato come nessun altro, è come nessun altro dispendioso, mentre gli indicatori generali di qualità della assistenza non indicano alcuna superiorità negli Stati Uniti. Dunque, a giudicare dalla apparenze, le prove indicano con forza che l’idea secondo la quale la sanità è un’area nelle quale i mercati privati funzionano malamente è suffragata dall’esperienza.
Se scegliete di respingere quella evidenza, se insistete che i mercati debbano funzionare egualmente bene con la chirurgia come con le scarpe, è il caso di chiedere se ci sarebbe mai qualcosa che potrebbe provocarvi un dubbio sul fondamentalismo del libero mercato. Se così non è, allora state mettendo in circolazione fideismo assoluto.
[1] Steven David “Steve” Levitt è un economista americano che insegna all’Università di Chicago, che si è occupato di fenomeni criminali, in generale segnalandosi per un passione per la applicazione di tecniche analitiche di derivazione economica agli oggetti più diversi (e, rispetto all’economia, talora anche un po’ stravaganti). E’ famoso per due bestseller, di cui è stato coautore col giornalista del New York Times Stephen J. Durben: Freakonomics (2005) e Superfreakonomics (2009). Per farsi un’idea, tra gli argomenti del libro: la tendenza all’imbroglio in categorie come gli insegnanti, i praticanti del sumo o i venditori di ciambelle nell’area di Washington; l’economia dello spaccio di droghe; il ruolo della legalizzazione dell’aborto nella riduzione del crimine.
By mm
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