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Tagliare sul carbone, di Paul Krugman (New York Times 29 maggio 2014)

 

Cutting Back on Carbon

MAY 29, 2014 Paul Krugman

Next week the Environmental Protection Agency is expected to announce new rules designed to limit global warming. Although we don’t know the details yet, anti-environmental groups are already predicting vast costs and economic doom. Don’t believe them. Everything we know suggests that we can achieve large reductions in greenhouse gas emissions at little cost to the economy.

Just ask the United States Chamber of Commerce.

O.K., that’s not the message the Chamber of Commerce was trying to deliver in the report it put out Wednesday. It clearly meant to convey the impression that the E.P.A.’s new rules would wreak havoc. But if you focus on the report’s content rather than its rhetoric, you discover that despite the chamber’s best efforts to spin things — as I’ll explain later, the report almost surely overstates the real cost of climate protection — the numbers are remarkably small.

Specifically, the report considers a carbon-reduction program that’s probably considerably more ambitious than we’re actually going to see, and it concludes that between now and 2030 the program would cost $50.2 billion in constant dollars per year. That’s supposed to sound like a big deal. Instead, if you know anything about the U.S. economy, it sounds like Dr. Evil intoning “one million dollars.” These days, it’s just not a lot of money.

Remember, we have a $17 trillion economy right now, and it’s going to grow over time. So what the Chamber of Commerce is actually saying is that we can take dramatic steps on climate — steps that would transform international negotiations, setting the stage for global action — while reducing our incomes by only one-fifth of 1 percent. That’s cheap!

Alternatively, consider the chamber’s estimate of costs per household: $200 per year. Since the average American household has an income of more than $70,000 a year, and that’s going to rise over time, we’re again looking at costs that amount to no more than a small fraction of 1 percent.

One more useful comparison: The Pentagon has warned that global warming and its consequences pose a significant threat to national security. (Republicans in the House responded with a legislative amendment that would forbid the military from even thinking about the issue.) Currently, we’re spending $600 billion a year on defense. Is it really extravagant to spend another 8 percent of that budget to reduce a serious threat?

And all of this is based on anti-environmentalists’ own numbers. The real costs would almost surely be smaller, for three reasons.

First, the Chamber of Commerce study assumes that economic growth, and the associated growth in emissions, will be at its historic norm of 2.5 percent a year. But we should expect slower growth in the future as baby boomers retire, making emissions targets easier to hit.

Second, in the chamber’s analysis, the bulk of the reduction in emissions comes from replacing coal with natural gas. This neglects the dramatic technological progress taking place in renewables, especially solar power, which should make cutting back on carbon even easier.

Third, the U.S. economy is still depressed — and in a depressed economy many of the supposed costs of compliance with energy regulations aren’t costs at all. In particular, building new, low-emission power plants would employ both workers and capital that would otherwise be sitting idle, and would, if anything, give the U.S. economy a boost.

You might ask why the Chamber of Commerce is so fiercely opposed to action against global warming, if the cost of action is so small. The answer, of course, is that the chamber is serving special interests, notably the coal industry — what’s good for America isn’t good for the Koch brothers, and vice versa — and also catering to the ever more powerful anti-science sentiments of the Republican Party.

Finally, let me take on the anti-environmentalists’ last line of defense — the claim that whatever we do won’t matter, because other countries, China in particular, will just keep on burning ever more coal. This gets things exactly wrong. Yes, we need an international agreement to reduce emissions, including sanctions on countries that don’t sign on. But U.S. unwillingness to act has been the biggest obstacle to such an agreement. If we start taking serious steps against global warming, the stage will be set for Europe and Japan to follow suit, and for concerted pressure on the rest of the world as well.

Now, we haven’t yet seen the details of the new climate action proposal, and a full analysis — both economic and environmental — will have to wait. We can be reasonably sure, however, that the economic costs of the proposal will be small, because that’s what the research — even research paid for by anti-environmentalists, who clearly wanted to find the opposite — tells us. Saving the planet would be remarkably cheap.

 

Tagliare sul carbone, di Paul Krugman

New York Times 29 maggio 2014

 

Si attende che la Agenzia della Protezione Ambientale annunci, la prossima settimana, nuove regole rivolte a limitare il riscaldamento globale. Sebbene non si conoscano ancora i dettagli, i gruppi antiambientalisti stanno già prevedendo costi insopportabili e la rovina economica. Non dategli retta. Tutto quello che conosciamo indica che possiamo ottenere ampie riduzioni nelle emissioni del gas serra con un piccolo costo per l’economia.

Basta chiede alla Camera di Commercio degli Stati Uniti [1].

E’ vero, non era questo il messaggio che la Camera di Commercio stava cercando di comunicare col rapporto che ha messo in circolazione mercoledì. Chiaramente, essa intendeva trasmettere l’impressione che le nuove regole dell’EPA avrebbero provocato un gran scompiglio. Ma se vi concentrate sui contenuti del rapporto, anziché sulla sua retorica, scoprite che nonostante i massimi sforzi della Camera per manipolare le cose – come spiego più avanti, il rapporto quasi certamente esagera il reale costo della tutela del clima – le cifre sono considerevolmente piccole.

In particolare, il rapporto considera un programma di riduzione del carbone che è probabilmente assai più ambizioso di quello che ci sarà illustrato, e conclude che da oggi al 2030 il programma avrebbe un costo costante di 50,2 miliardi di dollari all’anno. Il che si suppone faccia l’effetto di una gran cosa. Invece, se si ha una qualche idea dell’economia statunitense, assomiglia un po’ a quando il Dottor Male declama “un milione di dollari”. Di questi tempi, non è proprio una grande quantità di soldi.

Si ricordi che in questo momento abbiamo una economia pari a 17 mila miliardi di dollari, ed è destinata a crescere nel tempo. Dunque, quello che la Camera di Commercio ci sta per la verità dicendo è che possiamo prendere decisioni sensazionali sul clima – decisioni che modificherebbero i negoziati internazionali, creando le premesse per una iniziativa globale – riducendo i nostri redditi soltanto di un quinto dell’1 per cento. Ma è conveniente!

Si consideri, altrimenti, la stima dei costi che la Camera fa per ogni famiglia: 200 dollari all’anno. Dal momento che una famiglia media americana ha un reddito di più di 70.000 dollari all’anno, e che è destinato a crescere nel tempo, siamo ancora dinanzi a costi che non corrispondono a più di una piccola frazione dell’1 per cento.

Un confronto più utile: il Pentagono ha messo in guardia che il riscaldamento globale e le sue conseguenze costituiscono una minaccia significativa alla sicurezza nazionale (i repubblicani alla Camera dei Rappresentanti hanno risposto con un emendamento legislativo che proibirebbe ai militari persino di pensare a tale tema). Attualmente spendiamo 600 miliardi di dollari all’anno sulla difesa. Sarebbe così stravagante spendere l’8 per cento in più di quel bilancio per ridurre una seria minaccia?

E tutto questo è basato sugli stessi dati degli antiambientalisti. Il costo reale sarebbe quasi sicuramente più piccolo, per tre ragioni.

La prima è che la Camera di Commercio considera che la crescita economica, e la connessa crescita delle emissioni, si collocherà al suo livello storico di un 2,5 per cento all’anno. Dovremmo invece aspettarci una crescita più lenta nel futuro, con le generazioni [2] del boom delle nascite che sono entrate nel periodo della pensione, il che rende gli obbiettivi sulle emissioni più facili da raggiungere.

In secondo luogo, nell’analisi della Camera di Commercio, gran parte della riduzione delle emissioni deriverebbe dalla sostituzione del carbone con gas naturale. Questo trascura lo spettacolare progresso tecnologico che sta avvenendo nel settore delle energie rinnovabili, in particolare dell’energia solare, che dovrebbe rendere la riduzione del carbone persino più facile.

In terzo luogo, l’economia statunitense è ancora depressa – e in una economia depressa molti dei costi supposti di adattamento ai regolamenti energetici non sono affatto costi. In particolare, costruire nuove centrali elettriche a basse emissioni impiegherebbe sia lavoratori che capitali che altrimenti restano inutilizzati, e semmai darebbe una spinta all’economia degli Stati Uniti.

Potreste chiedervi per quale motivo la Camera di Commercio sia così accanitamente all’opposizione di una iniziativa contro il riscaldamento globale, se il suo costo è talmente modesto. La risposta, naturalmente, è che la Camera è al servizio di interessi particolari, soprattutto dell’industria del carbone – quello che è buono per l’America non è buono per i fratelli Koch [3], e viceversa – ed inoltre soddisfa i bisogni degli anche più potenti sentimenti di ostilità alla scienza del Partito Repubblicano.

Fatemi infine considerare l’ultimo argomento difensivo degli antiambientalisti – la pretesa che qualsiasi cosa si faccia non avrà effetto, perché altri paesi, la Cina in particolare, continueranno a bruciare sempre più carbone. In questo modo le cose si intendono esattamente all’opposto. E’ vero, abbiamo bisogno di un regolamento internazionale, incluse sanzioni verso i paesi che non aderiscono. Ma la non disponibilità degli Stati Uniti ad agire è stata l’ostacolo più grande contro tale accordo. Se cominciamo a fare seri passi contro il riscaldamento globale, ci saranno le premesse perché l’Europa ed il Giappone facciano la stessa cosa, ed anche per una pressione concertata verso il resto del mondo.

No, noi non abbiamo ancora visto i dettagli della nuova proposta per una iniziativa sul clima, e per una analisi completa – sia economica che ambientale – dobbiamo attendere. Possiamo essere ragionevolmente certi, tuttavia, che i costi economici delle proposta saranno modesti, perché questo è quanto le ricerche ci dicono, comprese quelle finanziate dagli antiambientalisti, che ovviamente avrebbero voluto scoprire l’opposto. Salvare il pianeta sarebbe considerevolmente conveniente.

 

 

[1] La Camera di Commercio degli Stati Uniti viene di solito presentata – ad esempio su Wikipedia – come una organizzazione di “lobbyng”, ed in effetti spende in attività lobbystiche più di ogni altra organizzazione, elettoralmente di solito sostiene i repubblicani (anche se in varie occasioni sostenne, oltre a Reagan, anche Clinton), e non ha nessuna funzione pubblicistica che assomigli alla attività di una agenzia governativa. Fu fondata nel 1912, su iniziativa del Presidente Taft, allo scopo di bilanciare la forza del movimento dei lavoratori dell’epoca.

[2] Dopo la Seconda Guerra Mondiale gli Stati Uniti ebbero un sensibile incremento demografico, che durò sino al 1964. Lo si può constatare in questo grafico, nel quale il periodo dei “baby boomers” è indicato con la linea blu:

z 47

 

 

 

 

 

 

 

 

[3] Potenti industriali del settore, noti anche per la grande attività di sostegno economico della destra americana.

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