Jun 27 2:58 pm
There’s been a bit of back and forth over “reform conservatism” — which is, depending on your point of view, either an important new trend or an attempt by reasonably sane conservatives to pretend that they aren’t part of an essentially insane movement. And climate change, where the current GOP orthodoxy essentially revolves around a crazy conspiracy theory, is the flash point.
Ross Douthat attempts to justify the reform conservative backdown on climate policy; John Quiggin isn’t persuaded. But there’s one argument Quiggin, somewhat surprisingly, doesn’t make: Douthat has the economics all wrong.
Douthat’s essential point, as I understand it, is that economic troubles make this a bad time to take on the burden of climate adjustment, that they strengthen the case for waiting to see if we can get by doing less and using cheaper approaches.
But that’s exactly backwards. Yes, we’re having tough times — but the toughness stems from insufficient demand, which has led to an oversupply of both labor and capital. Here’s the real cost of government borrowing:
Climate action would mainly involve investment — especially investment in new or retrofitted power plants, replacing coal-fired plants with lower-emission sources. In good times such investment would mean diverting labor and capital from other useful activities. But in the post-2008 economy we’ve been awash in unemployed labor and capital with no place to go. This is an ideal time to be doing a lot about climate!
Now, you may believe that conservatives just don’t see it this way, that their shift on climate reflects an honest misunderstanding of the economics. If so, not only will I sell you a bridge, but I’ll throw in some free power plants on the side.
Economia della depressione e politica del clima.
C’è stato un po’ di tira e molla sul “conservatorismo riformatore” – che è, a seconda dei punti di vista, o una interessante nuova tendenza o un tentativo da parte di conservatori di discreto equilibrio mentale di fingere di non far parte di un movimento essenzialmente di squilibrati. E il cambiamento climatico, per il quale l’ortodossia del Partito Repubblicano in sostanza si impernia sulla pazzesca teoria di una cospirazione, è l’argomento culminante.
Ross Douthat tenta di giustificare il cedimento del conservatorismo riformatore sulla politica del clima; John Quiggin non è persuaso. Ma, in modo abbastanza sorprendente, c’è un argomento che Quiggin non avanza: l’economia di Douthat è tutta sbagliata.
Il punto essenziale di Douthat, per come lo comprendo, è che i guai economici rendono questo momento del tutto inadatto a prendersi carico del cambiamento climatico, che essi rafforzano l’ipotesi a favore di una pausa, per vedere se possiamo avere risultati facendo di meno ed utilizzando approcci più convenienti.
Sennonché è esattamente al contrario. E’ vero, abbiamo tempi difficili – ma la difficoltà deriva da un domanda insufficiente, che ha condotto ad una offerta eccedente sia di lavoro che di capitale. Ecco il costo reale dell’indebitamento da parte dello Stato:
L’iniziativa sul clima comporterebbe principalmente investimenti – specialmente investimenti in centrali elettriche nuove o ristrutturate, rimpiazzando impianti alimentati a carbone con fonti a minori emissioni. In tempi buoni tali investimenti dirotterebbero lavoro e capitale da altre attività utili. Ma nell’economia del dopo-2008 siamo inondati da lavoro disoccupato e da capitali che non sanno dove andare. E’ un momento ideale per fare molto sul cambiamento climatico!
Ora, si può ritenere che i conservatori semplicemente non la vedano in questo modo, che la loro deriva sul clima rifletta una onesta incomprensione dell’economia. Se è così, non solo vi farei accettare un ponte, ma in aggiunta ci metterei anche qualche centrale elettrica gratis [1].
[1] Forse il ponte di cui si parla è il tanto discusso tunnel ferroviario sul fiume Hudson, bloccato dal Governatore repubblicano del New Jersey?
By mm
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