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I ciarlatani, gli stravaganti ed il Kansas, di Paul Krugman (New York Times 29 giugno 2014)

 

Charlatans, Cranks and Kansas

JUNE 29, 2014 Paul Krugman

Two years ago Kansas embarked on a remarkable fiscal experiment: It sharply slashed income taxes without any clear idea of what would replace the lost revenue. Sam Brownback, the governor, proposed the legislation — in percentage terms, the largest tax cut in one year any state has ever enacted — in close consultation with the economist Arthur Laffer. And Mr. Brownback predicted that the cuts would jump-start an economic boom — “Look out, Texas,” he proclaimed.

But Kansas isn’t booming — in fact, its economy is lagging both neighboring states and America as a whole. Meanwhile, the state’s budget has plunged deep into deficit, provoking a Moody’s downgrade of its debt.

There’s an important lesson here — but it’s not what you think. Yes, the Kansas debacle shows that tax cuts don’t have magical powers, but we already knew that. The real lesson from Kansas is the enduring power of bad ideas, as long as those ideas serve the interests of the right people.

Why, after all, should anyone believe at this late date in supply-side economics, which claims that tax cuts boost the economy so much that they largely if not entirely pay for themselves? The doctrine crashed and burned two decades ago, when just about everyone on the right — after claiming, speciously, that the economy’s performance under Ronald Reagan validated their doctrine — went on to predict that Bill Clinton’s tax hike on the wealthy would cause a recession if not an outright depression. What actually happened was a spectacular economic expansion.

Nor is it just liberals who have long considered supply-side economics and those promoting it to have been discredited by experience. In 1998, in the first edition of his best-selling economics textbook, Harvard’s N. Gregory Mankiw — very much a Republican, and later chairman of George W. Bush’s Council of Economic Advisers — famously wrote about the damage done by “charlatans and cranks.” In particular, he highlighted the role of “a small group of economists” who “advised presidential candidate Ronald Reagan that an across-the-board cut in income tax rates would raise tax revenue.” Chief among that “small group” was none other than Art Laffer.

And it’s not as if supply-siders later redeemed themselves. On the contrary, they’ve been as ludicrously wrong in recent years as they were in the 1990s. For example, five years have passed since Mr. Laffer warned Americans that “we can expect rapidly rising prices and much, much higher interest rates over the next four or five years.” Just about everyone in his camp agreed. But what we got instead was low inflation and record-low interest rates.

So how did the charlatans and cranks end up dictating policy in Kansas, and to a more limited extent in other states? Follow the money.

For the Brownback tax cuts didn’t emerge out of thin air. They closely followed a blueprint laid out by the American Legislative Exchange Council, or ALEC, which has also supported a series of economic studies purporting to show that tax cuts for corporations and the wealthy will promote rapid economic growth. The studies are embarrassingly bad, and the council’s Board of Scholars — which includes both Mr. Laffer and Stephen Moore of the Heritage Foundation — doesn’t exactly shout credibility. But it’s good enough for antigovernment work.

And what is ALEC? It’s a secretive group, financed by major corporations, that drafts model legislation for conservative state-level politicians. Ed Pilkington of The Guardian, who acquired a number of leaked ALEC documents, describes it as “almost a dating service between politicians at the state level, local elected politicians, and many of America’s biggest companies.” And most of ALEC’s efforts are directed, not surprisingly, at privatization, deregulation, and tax cuts for corporations and the wealthy.

And I do mean for the wealthy. While ALEC supports big income-tax cuts, it calls for increases in the sales tax — which fall most heavily on lower-income households — and reductions in tax-based support for working households. So its agenda involves cutting taxes at the top while actually increasing taxes at the bottom, as well as cutting social services.

But how can you justify enriching the already wealthy while making life harder for those struggling to get by? The answer is, you need an economic theory claiming that such a policy is the key to prosperity for all. So supply-side economics fills a need backed by lots of money, and the fact that it keeps failing doesn’t matter.

And the Kansas debacle won’t matter either. Oh, it will briefly give states considering similar policies pause. But the effect won’t last long, because faith in tax-cut magic isn’t about evidence; it’s about finding reasons to give powerful interests what they want.

 

 

I ciarlatani, gli stravaganti ed il Kansas, di Paul Krugman

New York Times 29 giugno 2014

 

Due anni orsono il Kansas si imbarcò in un rilevante esperimento fiscale: abbassò bruscamente le tasse sul reddito senza alcuna chiara idea su come rimpiazzare le entrate perdute. Sam Brownback, il Governatore, propose la legge – in termini percentuali, il più ampio sgravio fiscale mai deliberato da qualsiasi Stato – in stretta consultazione con l’economista Arthur Laffer. E il signor Brownback pronosticò che i tagli avrebbero dato la spinta di avvio ad una forte espansione economica – “Stai attento, Texas” dichiarò.

Ma il Kansas non è esploso – di fatto, la sua economia non tiene il passo con gli Stati vicini e con l’America nel suo complesso. Nel frattempo, il bilancio dello Stato è precipitato in un profondo deficit, provocando un declassamento del suo debito da parte di Moody.

C’è in questo una importante lezione – ma non è quella che si pensa. Sì, la debacle del Kansas mostra che gli sgravi fiscali non hanno poteri magici, ma questo lo sapevamo già. La vera lezione del Kansas è il potere persistente delle cattive idee, allorché quelle idee sono al servizio delle persone della destra.

Perché, in fin dei conti ed a questo punto, qualcuno dovrebbe credere nella tesi che gli sgravi fiscali aiutino l’economia a tal punto da ripagarsi ampiamente, se non completamente, da soli? Quella teoria crollò e finì in cenere due decenni fa, quando per l’appunto quasi tutti a destra – dopo aver pretestuosamente sostenuto che le prestazioni dell’economia sotto Ronald Reagan avevano convalidato quella dottrina – andavano avanti con la previsione che l’innalzamento delle tasse sui ricchi di Bill Clinton avrebbe provocato una recessione se non una aperta depressione. Quello che per la verità accadde fu una spettacolare espansione economica.

Né sono soltanto i progressisti che da tempo considerano che l’economia dal lato dell’offerta e coloro che la promuovono siano stati screditati dall’esperienza. Nel 1998, alla prima edizione del suo libro di testo di grande successo, N. Greg Mankiw di Harvard – un repubblicano autentico e passato presidente del Comitato dei Consulenti Economici di George W. Bush – scrisse parole famose sul danno fatto dai “ciarlatani e dagli stravaganti”. In particolare, egli mise l’accento sul ruolo di “un piccolo gruppo di economisti” che “avevano consigliato il candidato presidenziale Ronald Reagan che un taglio oltre i limiti delle aliquote fiscali sul reddito avrebbe accresciuto le entrate”. Alla testa di quel “piccolo gruppo” c’era niente di meno che Art Laffer.

E non è che in seguito i sostenitori dell’economia dal lato dell’offerta si siano riscattati. Al contrario, hanno avuto ridicolmente torto negli anni recenti, quasi si fosse negli anni ’90. Ad esempio, sono passati cinque anni dal momento in cui il signor Laffer metteva in guardia gli americani affermando che “possiamo aspettarci prezzi in rapida ascesa e tassi di interesse molto, molto più alti nei corso dei prossimi quattro o cinque anni”. Quasi tutti nel suo schieramento furono d’accordo. Sennonché quello che abbiamo invece avuto è stata una bassa inflazione e tassi di interesse ai minimi storici.

Come è possibile dunque che ‘i ciarlatani e gli stravaganti’ finiscano col dettare la politica in Kansas e, in misura più limitata, in altri Stati? Tenete d’occhio il movimento dei soldi.

Perché gli sgravi fiscali di Brownback non vengono fuori dal nulla. Essi hanno seguito da vicino un progetto steso dall’American Legislative Exchange Council, o ALEC, che ha anche sostenuto una serie di studi economici che pretendono di dimostrare che gli sgravi alle imprese ed ai ricchi promuoveranno una rapida crescita economica. Quegli studi sono talmente brutti da creare imbarazzo, e la commissione di studiosi del Consiglio – che include sia il signor Laffer che Stephen Moore, della Heritage Foundation – non brilla esattamente per credibilità. Ma va bene abbastanza per un lavoro ostile alle funzioni pubbliche.

E cosa è l’ALEC? Si tratta di un gruppo riservato, finanziato da importanti imprese, che stende modelli di legislazione per gli uomini politici conservatori al livello degli Stati. Ed Pilkington di The Guardian, che ha acquisito un certo numero di documenti trapelati dalla ALEC, la descrive come “quasi un servizio per appuntamenti tra uomini politici ai livelli degli Stati e delle comunità locali, e molte delle più grandi imprese americane”. E molti degli sforzi della ALEC sono diretti, non sorprendentemente, alla privatizzazione, alla deregolamentazione ed agli sgravi fiscali per le imprese ed i ricchi.

E intendo per davvero per i ricchi. Mentre ALEC sostiene tagli delle tasse sui grandi redditi, è a favore di aumenti delle tasse sulle vendite [1] – che ricadono pesantemente sulle famiglie a più basso reddito – e di riduzioni dei sostegni basati sul sistema fiscale per le famiglie dei lavoratori. Dunque, il suo programma riguarda in effetti tagli fiscali ai redditi più alti e aumenti sui redditi più bassi, assieme a tagli sui servizi sociali.

Ma come si può giustificare di arricchire quelli che sono già ricchi, nel mentre si rende la vita più dura per coloro che si affannano per tirare avanti? La risposta è: c’è bisogno di una teoria economica che sostenga che una tale politica è la chiave delle prosperità di tutti. Dunque, l’economia dal lato dell’offerta soddisfa un bisogno sostenuto da grandi quantità di soldi, ed il fatto che essa collezioni fallimenti non ha importanza.

E neanche la debacle del Kansas ha importanza. Diciamo che essa provocherà una qualche pausa di riflessione negli Stati sulle politiche di quel genere. Ma l’effetto non durerà a lungo, perché la fede sulla magia degli sgravi fiscali non a che fare con i fatti; riguarda il trovare ragioni per consegnare a potenti interessi quello che cercano.

 

 

[1] Ovvero, l’IVA.

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