Odran Bonnet, Pierre-Henri Bono, Guillaume Camille Chapelle, Étienne Wasmer, 30 June 2014
The impressive success of Thomas Piketty’s book (Piketty 2014) shows that inequality is a great concern in most countries. His claim that “capital is back”, because the ratio of capital over income is returning to the levels of the end of the 19th century, is probably one of the most striking conclusions of his 700 pages. Acknowledging the considerable interest of this book and the effort it represents, we nevertheless think this conclusion is wrong, due to the particular way capital is measured in national accounts.
The author’s claim is actually based on the rise of only one of the components of capital, namely housing capital. Removing housing capital, all other forms of capital exhibit no trend in the recent period. At the beginning of the 21st century, other forms of capital are, relative to income, at much lower levels than at the beginning of the previous century.
This leads to the following two questions:
The answer to the first question is that the trend is due to the rise in housing prices relative to income in most countries. The answer to the second question is yes, housing is not just wealth but also capital, and it contributes to wealth accumulation. However, to be in line with Piketty’s capital accumulation model, the measurement of housing capital must be based on actual returns to housing – that is, rent.
Why? Because rent, not housing prices, should matter for the dynamics of wealth inequality. Rent represents both the actual income of housing capital for landlords and the dwelling costs saved by ‘owner-occupiers’ (people living in their own houses).
To better see this point, let us ask a simple question. What inequality would there be if each household owned one painting and kept it throughout its lifetime? The wealthiest households might own a pricey Manet or Kandinsky. The poorest might own a painting by a local artist. Now, if the price of art increased uniformly, would this contribute to an explosion of inequality in the sense of a divergent and exponential accumulation of capital? The answer is clearly it would not. Even if the paintings could be rented and generate some income for the owners, this revenue would need to increase proportionally to the selling price and faster than labour earnings for capital to increase faster than total income.
This has not been the case for housing rent relative to income, despite the perception that rents are too high in large cities. The ‘Thénardier’ exploiting the ‘Miserables’ in Victor Hugo’s novel are not back – there has been a stable share of rents in national incomes in many countries. In fact, beyond prices, the most noticeable trend in the housing market in the post-war period was the accession to property of a large and growing middle class – which benefitted from price increases.
The recent divergence in the data between rent and prices therefore leads to the wrong conclusion. When we properly measure housing capital – using a methodology that corrects for the rent-to-price divergence, and in a way quite close to the answer to the famous controversy of the two Cambridges on capital measurement – we find that the capital-to-income ratio including housing is actually stable or only mildly higher in the countries analysed (see Bonnet et al. 2014). (Figure 1 shows France and the US, but the same is true for the UK and Canada – the exception being Germany, where the ratio rose.) These conclusions are exactly the opposite of those found by Thomas Piketty.
Figure 1. Measurement of capital over GDP ratios
Thinking a contrario, do we really believe that a general drop in the price of housing (as occurred in Spain and Ireland) would be excellent news, leading to a compression of wealth inequality? Again, the answer is clearly not. This shows the fragility of a line of reasoning exclusively based on a rise in the value of housing capital due to the rise in its purchase price – especially when this price diverges from the rental price, as was the case in France and other countries over the past 15 years.
This being said, it is clear that housing price inflation has complex effects. If a part of the middle class gained from it through accession to property, it also potentially hurts the younger generation, who will inherit more from their parents but will need to rent for a longer time. Perhaps this is for the best – we think that European policies aiming to promote property ownership are unwise, since they lead to lower geographic mobility and excessive risk-taking in wealth accumulation.
In conclusion, we do not believe that “capital is back” simply because housing price increases have artificially raised housing wealth relative to the true rental price. The logic of the argument requires a different measurement of capital, and the one we propose shows instead a relative stability of capital over income. We simply need more work and more thinking to understand the particular role of housing in inequality – something absent from the recent works on inequality.
Non è il ‘ritorno’ del capitale: un commento a “Il capitale nel Ventunesimo secolo”, di Thomas Piketty
di Odran Bonnet, Perre-Henri Bono, Guillaume Cammille Chapelle, Étienne Wasmer
L’impressionante successo del libro di Thomas Piketty (Piketty, 2014) dimostra che per la maggioranza dei paesi l’ineguaglianza è una grande preoccupazione. La sua tesi sul “ritorno del capitale” [1], giacché la percentuale del capitale sul reddito sta tornando ai livelli della fine del 19° Secolo, è probabilmente una delle conclusioni più impressionanti delle sue 700 pagine. Nel riconoscere il considerevole interesse di questo libro e lo sforzo che rappresenta, ciononostante pensiamo che questa conclusione sia sbagliata, in conseguenza del modo particolare nel quale il capitale è misurato nelle contabilità delle nazioni.
La tesi dell’autore è effettivamente basata sulla crescita soltanto di una delle componenti del capitale, precisamente il capitale immobiliare. Togliendo il capitale immobiliare nessuna delle altre forme del capitale mostra alcuna particolare tendenza nel periodo recente. Agli inizi del 21° Secolo, le altre forme del capitale sono, in relazione al reddito, a livelli molto più bassi che non agli inizi del secolo precedente.
Questo comporta le due seguenti domande:
La risposta alla prima domanda è che la tendenza è dovuta ad una crescita nei prezzi delle abitazioni rispetto al reddito, nella maggior parte dei paesi. La risposta alla seconda domanda è: sì, il patrimonio immobiliare non è solo ricchezza ma anche capitale, e contribuisce alla accumulazione della ricchezza. Tuttavia, per essere in linea con il modello di accumulazione del capitale di Piketty, la misurazione del capitale immobiliare dovrebbe essere basata sugli effettivi rendimenti del settore immobiliare – vale a dire, sulle rendite.
Perché? Perché la rendita, e non i prezzi delle abitazioni, dovrebbero contare per le dinamiche dell’ineguaglianza della ricchezza. La rendita rappresenta sia il reddito attuale del capitale immobiliare dal punto di vista dei proprietari che i costi della residenza risparmiati dai “proprietari occupanti” (dalle persone che vivono nelle loro abitazioni).
Per comprendere meglio questo punto, poniamoci una semplice domanda. Quale ineguaglianza ci sarebbe se ogni famiglia possedesse un dipinto e se lo tenesse durante la sua esistenza? Le famiglie più ricche potrebbero possedere un costoso Manet o Kandinski. Le famiglie più povere potrebbero possedere un dipinto di un artista locale. Ora, se il prezzo dell’arte crescesse uniformemente, questo darebbe un contributo ad una esplosione dell’ineguaglianza, nel senso di una divergente ed esponenziale accumulazione di capitale? La risposta è chiaramente negativa. Persino se i dipinti potessero essere affittati e generare un qualche reddito per i loro proprietari, questa entrata sarebbe necessaria per il capitale per aumentare più velocemente del reddito totale, ovvero per aumentare in proporzione ai prezzi di vendita e più velocemente dei redditi da lavoro [2].
Nonostante la percezione che le rendite immobiliari siano troppo elevate nelle grandi città, questo non è stato il caso delle rendite immobiliari in relazione al reddito. I “Thenardier” che sfruttano i “Miserabili” nel racconto di Victor Hugo non sono tornati – la quota delle rendite è rimasta stabile nei redditi nazionali di molti paesi. Di fatto, oltre i prezzi, la tendenza più rilevante nel mercato immobiliare nel periodo postbellico è stata l’accesso alla proprietà di una ampia e crescente classe media – che ha beneficiato degli aumenti dei prezzi.
La recente divergenza nelle statistiche tra rendita e prezzi porta di conseguenza ad una conclusione sbagliata. Quando misuriamo appropriatamente il capitale immobiliare – utilizzando una metodologia che corregge la divergenza della rendita sul prezzo, ed in un modo abbastanza vicino alla risposta alla famosa controversia tra le due Cambridge sulla misurazione del capitale – scopriamo che il rapporto tra capitale e reddito incluso il settore immobiliare è effettivamente stabile o soltanto leggermente più elevato, nei paesi analizzati (si veda Bonnet ed altri, 2014) (la Figura 1 mostra soltanto la Francia e gli Stati Uniti, ma la stessa cosa è vera per il Regno Unito e per il Canada – l’unica eccezione essendo la Germania, dove il rapporto è cresciuto). Queste conclusioni sono esattamente l’opposto di quanto è stato scoperto da Thomas Piketty.
Figura 1. Misurazione dei rapporti tra capitale e PIL
Ragionando a contrario, crediamo davvero che una caduta generale nel prezzo delle abitazioni (come è accaduta in Spagna e in Irlanda) sarebbe una notizia eccellente, comportando una compressione della ineguaglianza della ricchezza? Ancora, la risposta è chiaramente negativa. Questo mostra la fragilità di una linea di ragionamento basata esclusivamente sulla crescita del valore del capitale immobiliare in conseguenza della crescita nel suo prezzo di acquisto – specialmente quando questo prezzo diverge dal prezzo dell’affitto, come è stato il caso della Francia e di altri paesi negli ultimi 15 anni.
Una volta detto questo, è chiaro che l’inflazione dei prezzi delle abitazioni ha effetti complessi. Se una parte della classe media da questo ha tratto guadagno attraverso l’accesso alla proprietà, essa potenzialmente ha danneggiato le generazioni più giovani, che erediteranno di più dai loro genitori ma dovranno stare in affitto per un tempo più lungo. Forse è meglio così – noi pensiamo che le politiche europee che hanno l’obbiettivo di promuovere la proprietà non siano sagge, dal momento che comportano una minore mobilità geografica ed una eccessiva assunzione di rischi nella accumulazione della ricchezza.
In conclusione, non crediamo che “il capitale sia tornato” semplicemente perché gli incrementi dei prezzi immobiliari hanno artificialmente innalzato la ricchezza immobiliare in relazione al prezzo effettivo degli affitti. La logica dell’argomento richiede una differente misurazione del capitale, e quella che noi proponiamo mostra piuttosto una relativa stabilità del capitale sul reddito. Abbiamo semplicemente bisogno di lavorare e di riflettere maggiormente per comprendere il ruolo del settore immobiliare nell’ineguaglianza – una cosa che è assente nei recenti lavori su quel tema.
[1] Nel libro di Piketty, il “capitale” è sinonimo della “ricchezza” (“Per semplificare il testo, uso in modo intercambiabile le parole ‘capital’ e ‘wealth’, come se fossero perfetti sinonimi”, pag. 47). Ma il fatto che il capitale stia “tornando” – non essendo mai scomparso – significa che sta tornando quel genere di capitale-ricchezza caratterizzato da una crescente ineguale distribuzione, e dunque un tipo di capitale-ricchezza con forti caratteristiche ereditarie e socialmente dinastiche.
Come si vede nel prosieguo dell’articolo, gli autori in fondo mettono in discussione la relativa semplificazione che è contenuta nella identificazione come sinonimi di capitale e di ricchezza.
[2] Potrei non aver compreso e, in effetti, mi sono inventato una virgola ….
By mm
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