JULY 6, 2014 Paul Krugman
On Sunday The Times published an article by the political scientist Brendan Nyhan about a troubling aspect of the current American scene — the stark partisan divide over issues that should be simply factual, like whether the planet is warming or evolution happened. It’s common to attribute such divisions to ignorance, but as Mr. Nyhan points out, the divide is actually worse among those who are seemingly better informed about the issues.
The problem, in other words, isn’t ignorance; it’s wishful thinking. Confronted with a conflict between evidence and what they want to believe for political and/or religious reasons, many people reject the evidence. And knowing more about the issues widens the divide, because the well informed have a clearer view of which evidence they need to reject to sustain their belief system.
As you might guess, after reading Mr. Nyhan I found myself thinking about the similar state of affairs when it comes to economics, monetary economics in particular.
Some background: On the eve of the Great Recession, many conservative pundits and commentators — and quite a few economists — had a worldview that combined faith in free markets with disdain for government. Such people were briefly rocked back on their heels by the revelation that the “bubbleheads” who warned about housing were right, and the further revelation that unregulated financial markets are dangerously unstable. But they quickly rallied, declaring that the financial crisis was somehow the fault of liberals — and that the great danger now facing the economy came not from the crisis but from the efforts of policy makers to limit the damage.
Above all, there were many dire warnings about the evils of “printing money.” For example, in May 2009 an editorial in The Wall Street Journal warned that both interest rates and inflation were set to surge “now that Congress and the Federal Reserve have flooded the world with dollars.” In 2010 a virtual Who’s Who of conservative economists and pundits sent an open letter to Ben Bernanke warning that his policies risked “currency debasement and inflation.” Prominent politicians like Representative Paul Ryan joined the chorus.
Reality, however, declined to cooperate. Although the Fed continued on its expansionary course — its balance sheet has grown to more than $4 trillion, up fivefold since the start of the crisis — inflation stayed low. For the most part, the funds the Fed injected into the economy simply piled up either in bank reserves or in cash holdings by individuals — which was exactly what economists on the other side of the divide had predicted would happen.
Needless to say, it’s not the first time a politically appealing economic doctrine has been proved wrong by events. So those who got it wrong went back to the drawing board, right? Hahahahaha.
In fact, hardly any of the people who predicted runaway inflation have acknowledged that they were wrong, and that the error suggests something amiss with their approach. Some have offered lame excuses; some, following in the footsteps of climate-change deniers, have gone down the conspiracy-theory rabbit hole, claiming that we really do have soaring inflation, but the government is lying about the numbers (and by the way, we’re not talking about random bloggers or something; we’re talking about famous Harvard professors). Mainly, though, the currency-debasement crowd just keeps repeating the same lines, ignoring its utter failure in prognostication.
You might wonder why monetary theory gets treated like evolution or climate change. Isn’t the question of how to manage the money supply a technical issue, not a matter of theological doctrine?
Well, it turns out that money is indeed a kind of theological issue. Many on the right are hostile to any kind of government activism, seeing it as the thin edge of the wedge — if you concede that the Fed can sometimes help the economy by creating “fiat money,” the next thing you know liberals will confiscate your wealth and give it to the 47 percent. Also, let’s not forget that quite a few influential conservatives, including Mr. Ryan, draw their inspiration from Ayn Rand novels in which the gold standard takes on essentially sacred status.
And if you look at the internal dynamics of the Republican Party, it’s obvious that the currency-debasement, return-to-gold faction has been gaining strength even as its predictions keep failing.
Can anything reverse this descent into dogma? A few conservative intellectuals have been trying to persuade their movement to embrace monetary activism, but they’re ever more marginalized. And that’s just what Mr. Nyhan’s article would lead us to expect. When faith — including faith-based economics — meets evidence, evidence doesn’t stand a chance.
Convinzioni, fatti e denaro.
Le illusioni dei conservatori sull’inflazione
New York Times 6 luglio 2014
The Times di domenica ha pubblicato un articolo del politologo Brendan Nyhan su un aspetto preoccupante dell’attuale scenario americano – l’estrema contrapposizione faziosa su temi che dovrebbero semplicemente essere dati di fatto, come quello se il pianeta si stia riscaldando o se ci sia stata l’evoluzione. Frequentemente si attribuiscono tali divisioni all’ignoranza, ma come mette in evidenza Nyhan, la contrapposizione è in effetti maggiore tra coloro che dovrebbero essere informati su tali tematiche.
Il problema, in altre parole, non è l’ignoranza; piuttosto ha a che fare con l’abitudine a confondere i pensieri con le illusioni. A fronte di un conflitto tra i fatti e quello che si vuol credere, per ragioni politiche o religiose, molte persone respingono l’evidenza. E più che conoscono i problemi, più le divisioni si allargano, giacché le persone bene informate hanno un punto di vista più chiaro sulle prove che hanno bisogno di respingere per sorreggere il loro sistema di convinzioni.
Come vi potete immaginare, dopo aver letto Nyhan, mi sono ritrovato a pensare all’analogo stato dell’arte, una volta che si passa all’economia, ed all’economia monetaria in particolare.
Un passo indietro: nell’epoca della Grande Recessione, molti esperti e commentatori conservatori – e un certo numero di economisti – avevano una visione del mondo che combinava la fede nei liberi mercati con il disprezzo per il ruolo dei governi. Tali individui per un attimo sono rimasti stupefatti dalla rivelazione che i “fessacchiotti” che mettevano in guardia sul settore immobiliare avevano ragione, e dalla ulteriore rivelazione che mercati finanziari senza regole sono pericolosamente instabili. Ma si sono ripresi rapidamente, dichiarando che la crisi finanziaria era in qualche modo responsabilità dei progressisti – e che il grande pericolo dinanzi al quale si trova oggi l’economia non viene dalla crisi, ma dagli sforzi degli operatori politici per limitare il danno.
In particolare, ci furono ammonimenti terribili sulla disgrazia dello “stampare moneta”. Ad esempio, nel maggio del 2009 un editoriale di The Wall Street Journal ammonì che i tassi di interesse e l’inflazione erano pronti a risalire, “ora che il Congresso e la Federal Reserve avevano inondato il mondo di dollari”. Nel 2010 un Gotha virtuale di economisti e di commentatori spedì una lettera aperta a Ben Bernanke mettendo in guardia che le sue politiche rischiavano di “svalutare la moneta e provocare l’inflazione”. Eminenti uomini politici come il congressista Paul Ryan si unirono al coro.
I fatti, tuttavia, si rifiutarono di collaborare. Sebbene la Fed proseguisse nel suo indirizzo espansivo – il suo equilibrio patrimoniale è cresciuto sino a 4 mila miliardi di dollari, cinque volte superiore dell’inizio della crisi – l’inflazione rimase bassa. Per la massima parte, i fondi che la Fed iniettò nell’economia semplicemente si accumularono o nelle riserve bancarie o nei possessi di contante dei singoli – che era esattamente quello che gli economisti dello schieramento opposto avevano previsto sarebbe successo.
Non è il caso di dire che non è la prima volta che una accattivante dottrina economica è stata smentita dagli eventi. Dunque, coloro che avevano sbagliato ricominciarono tutto da capo? Risata fragorosa!
Chi aveva previsto una inflazione galoppante raramente riconobbe di aver avuto torto, e che l’errore indicasse qualcosa di scorretto nel proprio approccio. Alcuni offrirono scuse patetiche; altri, seguendo le orme dei negazionisti del cambiamento climatico, inseguirono i fantasmi [1] della teoria della cospirazione, pretendendo che realmente avessimo una inflazione alle stelle, ma che il governo stava mentendo sui dati (e, per inciso, non stiamo parlando di bloggers casuali o di persone del genere; stiamo parlando di famosi professori di Harvard). Principalmente, ciononostante, la folla della pretesa svalutazione della moneta continua semplicemente a ripetere gli stessi indirizzi, ignorando il suo completo fallimento nei pronostici.
Vi potreste chiede per quale motivo la teoria monetaria venga trattata alla stessa stregua della teoria dell’evoluzione o del cambiamento climatico. La domanda su come gestire l’offerta di moneta non è una questione tecnica, piuttosto che materia della dottrina teologica?
Ebbene, si scopre che in effetti la moneta è una specie di tematica teologica. Sulla destra, molti sono ostili ad ogni genere di attivismo delle istituzioni pubbliche – se si ammette che la Fed possa qualche volta dare un aiuto all’economia creando ‘valuta legale’, si sa che la volta dopo i progressisti vi confischeranno la ricchezza per trasferirla al 47 per cento dei nullafacenti [2]. Inoltre, non dimenticate che un buon numero di conservatori influenti, compreso il signor Ryan, traggono la loro ispirazione dai racconti di Ayn Rand [3], nei quali il gold standard ha un ruolo sostanzialmente sacro.
E se si guarda alle dinamiche interne del Partito Repubblicano, è evidente che la fazione della presunta svalutazione e del ritorno all’oro sta guadagnando forza, anche se le sue previsioni continuano a non avverarsi.
C’è qualcosa che può rovesciare questa deriva verso il dogma? Pochi intellettuali conservatori stanno cercando di persuadere il loro movimento ad abbracciare un attivismo monetario, ma sono sempre più marginalizzati. Ed è proprio quello che l’articolo di Nyhan ci suggerisce. Quando la fede – inclusa l’economia basata sulla fede – si scontra con i fatti, sono i fatti a non avere speranza.
[1] Nei forum di WordReference.com ci sono decine di suggerimenti per l’espressione idiomatica “scendere nella buca del coniglio” o “cacciare nella buca del coniglio”, ma il senso dovrebbe essere quello di inventarsi, appunto, una ‘caccia’ immaginaria, dato che è verosimile che il coniglio non ci sia.
[2] La percentuale del 47 per cento degli ‘assistiti’ deriva da un famosa ‘gaffe’ di Mitt Romney nel corso dell’ultima campagna elettorale presidenziale, quando sostenne conversando che era tale la percentuale del popolo americano che non meritava niente.
[3] Per la scrittrice russo-americana Ayn Rand vedi le note sulla traduzione.
By mm
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